Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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La sentenza della Corte di giustizia dell'Unione Europea in tema di disapplicazione dei termini di prescrizione: medioevo prossimo venturo? (di Enrico Mario Ambrosetti)


La decisione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea impone al giudice nazionale di disapplicare le norme che impediscono allo Stato interessato di rispettare gli obblighi imposti dall’art. 325, § 1 e 2, TFUE nella causa C– 105/14 (Taricco) ed in specie la normativa italiana in tema di prescrizione del reato prevista all’art. 160, ultimo comma, c.p., che prevede, in presenza di un atto interruttivo, un prolungamento di solo un quarto del periodo, nel caso in cui tali norme impediscano di infliggere sanzioni effettive e dissuasive in un numero considerevole di casi di frode grave che ledono gli interessi finanziari della Unione. Tale decisione – così come è stato riconosciuto dalla Corte d’Appello di Milano – si pone in palese contrasto con il principio di legalità, legittimando la Corte costituzionale ad attivare quei “controlimiti” rappresentati dai principi fondamentali dell’ordinamento italiano.

The judgment of the Court of Justice of the European Union (CJEU) concerning the disapplication of rules limiting the interruption of the prescription periods: in the years to come Middle Ages is to be expected?

The decision of the Court of Justice of the European Union (CJEU) oblige the national judge to disapply the rules and regulations which prevent the concerned State from respecting the obligations imposed by Art. 325 § 1, 2 TFUE (Taricco) judgment and specifically the Italian regulations concerning the requirement crime provided for by Art 160, last paragraph, Criminal Code, which provides, in case of interruption, for a period to be extended by only a quarter following interruption, in case the above mentioned rules bar to administer effective and dissuasive penalties in a significant number of serious fraud cases which prejudice the financial interests of the Union. Such decision – as it has been recognized by the Milan Court of Appeal – clearly conflicts with the principle of legality, and thus legitimating the Constitutional Court to activate those counter-limits” which are represented by the fundamental principles of the Italian legal system.

LA SENTENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELL’UNIONE EUROPEA: I PRIMI EFFETTI NELLA GIURISPRUDENZA DI MERITO E DI LEGITTIMITA’ Nell’ambito dell’ormai ricorrente dibattito in tema di prescrizione del reato si apre un nuovo scenario. L’8 settembre è stata pubblicata la decisione della Corte di Giustizia UE nella causa C– 105/14 (Taricco) con la quale la Grande Sezione ha dichiarato che la normativa italiana in tema di prescrizione del reato prevista all’art. 160, ultimo comma, c.p., che stabilisce, in presenza di un atto interruttivo, un prolungamento di solo un quarto del periodo previsto dall’art. 157 c.p., è idonea a pregiudicare gli obblighi imposti agli Stati membri UE dall’art. 325, § 1 e 2, TFUE, nel caso in cui tali norme impediscano di infliggere sanzioni effettive e dissuasive in un numero considerevole di casi di frode grave che ledono gli interessi finanziari della Unione. Conseguentemente, il giudice nazionale in tali casi è tenuto a disapplicare le norme che impediscono allo Stato interessato di rispettare gli obblighi imposti dall’art. 325, § 1 e 2, TFUE [1]. A fronte di questa pronuncia la giurisprudenza italiana si è schierata su fronti opposti. La terza Sezione della Corte di Cassazione, all’udienza del 17 settembre 2015, ha dato per la prima volta applicazione alla sentenza Taricco, affermando che in un procedimento penale riguardante il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti al fine di evadere l’imposta sul valore aggiunto (IVA), il combinato disposto dell’art. 160, ultimo comma, c.p. e dell’art. 161 di tale codice – come modificati dalla legge 5 dicembre 2005, n. 251 –, il quale prevede che l’atto interruttivo verificatosi comporta il prolungamento del termine di prescrizione di solo un quarto della sua durata iniziale, è idoneo a pregiudicare gli obblighi imposti agli Stati membri dall’art. 325, § 1 e 2, TFUE, prevedendo termini assoluti di prescrizione che possono determinare l’impunità del reato, con conseguente potenziale lesione degli interessi finanziari dell’Unione europea. Pertanto, tale pregiudizio comporta l’obbligo per il giudice italiano di disapplicare le predette disposizioni di diritto interno, in quanto queste possono pregiudicare gli obblighi imposti agli Stati membri dal diritto dell’U­nione. Non essendo ancora stata depositata la motivazione – va subito detto – non è chiaro quali siano le conseguenze “pratiche” derivanti da tale disapplicazione. In altri termini, non è chiaro quale sia il concreto regime prescrizionale applicabile ad un’ipotesi di frode grave in materia IVA punita ai sensi del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74. In via di mera ipotesi, si può affermare che a seguito della disapplicazione [continua..]

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Fascicolo 1 - 2016