L’assenza di regole chiare circa l’individuazione del dies a quo per la costituzione di parte civile nel processo penale, genera orientamenti contrastanti; solo una interpretazione sistematica della norma consente di poter dirimere la questione e di censurare prassi applicative che, in modo ingiustificato, ostacolano la costituzione della parte civile.
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The starting point for the establishment of civil party: critical issues and deviant practices The absence of clear rules about the starting point for the establishment of civil party in criminal trial, produces conflicting interpretative guidelines; only a systematic interpretation allows to settle the question and denounce application practices that hamper the establishment of civil party.
PREMESSA
L’individuazione del termine iniziale della costituzione della parte civile nel processo penale ha prodotto un ampio dibattito.
Le incertezze sono generate dal dato normativo il quale nel prevedere che la costituzione di parte civile «può avvenire per l’udienza preliminare» (art. 79 c.p.p.) non fornisce chiare coordinate entro cui muoversi.
Si tratta di un dibattito che, lungi dall’essere sopito, coinvolge non solo aspetti teorici ma anche (e soprattutto) di carattere pratico; invero l’esatta individuazione del dies a quo per l’ingresso processuale del danneggiato da reato, consente di individuare il momento in cui tale soggetto acquista la veste di parte civile. La risoluzione del problema è rilevante, per determinare il momento a partire dal quale, il danneggiato da reato può azionare le proprie pretese esercitando i diritti e le facoltà previsti dal codice.
Il dibattito si affianca al più ampio scenario relativo alla distinzione tra il «titolare del bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice» (persona offesa) e il soggetto che ha subito un danno derivante dal reato (unico legittimato a costituirsi parte civile) [1].
Le figure di persona offesa e di danneggiato sono, infatti, concettualmente diverse e non sempre coincidono [2].
Se da un punto di vista teorico il distinguo tra i ruoli sembra aver raggiunto un sufficiente grado di nitidezza, nella prassi si verificano sempre più spesso fenomeni di sovrapposizione delle due figure; non è raro, peraltro, nei provvedimenti di matrice pretoria, l’utilizzo di una locuzione ambigua quale «parte lesa» [3], che genera disorientamenti tra le figure dell’offeso e del danneggiato [4]. A ciò si aggiunga che spesso si tende a riconoscere la legittimazione a costituirsi parte civile anche in capo a soggetti che rivestono esclusivamente la veste di offeso dal reato e non anche quella di danneggiato, omettendo così la doverosa verifica sull’effettivo diritto all’esercizio dell’azione civile nel processo penale [5].
Le incertezze nella prassi circa la distinzione dei ruoli non sono risolte dagli interventi normativi sovranazionali che si sono succeduti dall’inizio del nuovo millennio [6]. L’elaborazione di matrice europea rivolge la propria attenzione alla «vittima del reato» e non vi è traccia della distinzione, sviluppatasi nell’ordinamento italiano, tra la persona offesa ed il danneggiato dal reato [7].
Nell’ottica (pragmatica) del diritto dell’Unione Europea, sembra acquisire maggior peso la tutela di chi ha subito un danno causato direttamente dal reato, in luogo della protezione del titolare del bene protetto (peraltro non sempre agevolmente individuabile) dalla norma incriminatrice; si assiste ad un mutamento di prospettiva [continua..]