Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Le dichiarazioni del testimone irreperibile: l'eterno ritorno dei riscontri tra Roma e Strasburgo (di Carlotta Conti)


Le dichiarazioni del testimone irreperibile sono state oggetto di un mutamento giurisprudenziale sia all’interno del nostro ordinamento, sull’onda del necessario adeguamento ai dettami di Strasburgo, sia nel sistema convenzionale, in ragione di un profondo ripensamento dell’esegesi ormai classica. Alla luce di tale evoluzione, i relata unilaterali risultano utilizzabili in presenza di riscontri. Si tratta di una regola che oggi colloca su di un terreno comune Cassazione e Corte europea e che richiede un apprezzamento in concreto del sindacato condotto dal giudice nella valutazione delle prove.

Absent witness' statements: european and italian principles about corroborative evidence

Nowadays the case law about the statemens of absent witness is changing according to the principles established by the Court of Strasbourg. The European Court of Human Rights too is innovating the traditional interpretation. Due to this evolution these statements are now usable when there is corroborating evidence. The Supreme Court and European Court are agree on this rules that claims an effective check on the evaluation of the evidences by the Judge.

L’ORIGINARIO CONTRASTO CON LA CONVENZIONE EUROPEA La questione dell’utilizzabilità dibattimentale delle dichiarazioni rese da persone irreperibili, oggetto di acceso dibattito sin dalla revisione dell’art. 111 Cost., ha trovato rinnovata centralità negli ultimi anni in ragione di una rilevante divaricazione tra la disciplina costituzionale – così come attuata nel sistema codicistico – e l’assetto delineato dalla Convenzione europea, nell’interpretazione prospettata dalla Corte di Strasburgo. La necessità di comporre un tale contrasto si è resa sempre più stringente in ragione di due movimenti diversi e convergenti. Da un lato, continuava a profilarsi il rischio concreto di reiterate condanne europee a carico del nostro Paese, come era accaduto, da ultimo, nel caso Ogaristi c. Italia del 2010 [1]. Da un altro lato, alla stregua di quanto è avvenuto anche con riferimento ad altre materie, le pronunce con le quali la Consulta, a partire dalle sentenze “gemelle” del 2007, ha affermato il peculiare rango sub-costituzionale delle norme convenzionali – colte nell’esegesi della relativa Corte – hanno imposto di valutare fattivamente la percorribilità della strada costituita dall’interpretazione conforme alle predette fonti. Sulla complessa problematica si sono espresse nel luglio 2011 le Sezioni unite della Cassazione con un’ampia ed articolata pronuncia che ha ricostruito funditus la materia in esame [2]. Merita precisare sin d’ora, peraltro, che la sentenza De Francesco non ha costituito l’epilogo della vicenda. Difatti, non molto tempo dopo, è intervenuta una decisione della Grande Camera della Corte europea (Al-Khawaja e Tahery c. Regno Unito del 15 dicembre 2011) che ha in parte rivisitato l’interpretazione sino ad allora accolta a Strasburgo. LA DISCIPLINA CONVENZIONALE ANTERIORE ALLA SENTENZA AL-KHAWAJA E TAHERY C. REGNO UNITO: LA SOLE OR DECISIVE RULE Come si è accennato, nel momento in cui sono intervenute le Sezioni unite, la disciplina tracciata dal sistema probatorio doveva essere posta a confronto con le direttrici ricavabili dalla Convenzione europea. All’epoca della sentenza De Francesco, il sistema convenzionale poteva essere ricostruito come segue. L’art. 6, par. 3 lett. d), della Convenzione riconosce ad ogni accusato il diritto di interrogare (o far interrogare) i testimoni a carico. Da tale statuizione di principio – considerata un aspetto del canone del giusto processo sancito dall’art. 6, par. 1 – i Giudici di Strasburgo avevano desunto in via interpretativa due regole relative alle dichiarazioni rese fuori dal contraddittorio [3]. Anzitutto, le deposizioni raccolte unilateralmente potevano essere utilizzate soltanto se all’imputato [continua..]

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