Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Le dichiarazioni delle vittime vulnerabili nei procedimenti penali (di Maria Monteleone Vera Cuzzocrea)


L’assunzione delle dichiarazioni delle c.d. vittime vulnerabili nell’ambito dei procedimenti penali, soprattutto in riferimento ad alcune tipologie di reato (e di vittime), è stata caratterizzata negli ultimi vent’anni da un complessivo miglioramento del sistema di protezione dei soggetti interessati, anche per effetto delle sollecitazioni sovranazionali e del conseguente mutamento del quadro normativo nazionale. Tali evoluzioni hanno non solo prodotto un rafforzamento delle misure di tutela dei diritti delle vittime attraverso l’incontro tra diversi saperi (giuridico, investigativo e psicologico), funzioni e competenze professionali, ma stanno anche modificando gli scenari operativi (ambiti e procedure di intervento) sin dalla acquisizione della notizia di reato.

The collection of statements of vulnerable victims in criminal proceedings

The taking of statements from c.d. ’vulnerable victims’ in criminal cases, particularly in relation to certain types of offenses (and victims), has been characterized in recent decades by an overall improvement of the protection system, also due to the stress and supranational shifts in the national legal. These developments not only produced a strengthening of measures to protect the rights of the victims, but are also changing, through the meeting of different knowledge (legal, investigative and psychological).

LA VITTIMA NELL’IMPATTO CON IL SISTEMA GIUDIZIARIO: VULNERABILITÀ E RISCHI DI VITTIMIZZAZIONE SECONDARIA Si potrebbe analizzare la nozione di “vittima” attraverso differenti prospettive di osservazione (storica, sociologica, giuridica, psicologica, etc.) e in considerazione di diversi ambiti di intervento (sociale, scolastico, giudiziario) che implicano o meno un’azione penale in risposta al danno (relazionale, emotivo, economico, fisico e/o sessuale) subìto. In questa sede, l’interesse è circoscritto ad alcune riflessioni sulla posizione che la vittima può rivestire nell’ambito di un procedimento penale in qualità di persona offesa, e alla analisi delle procedure che devono essere osservate per la raccolta delle sue dichiarazioni, in ragione delle condizioni di particolare vulnerabilità che possono caratterizzare tale soggetto. Negli ultimi anni si è assistito, a livello internazionale, ad un impegno normativo, istituzionale e operativo orientato ad «una crescente e sempre più specifica attenzione alle vittime dei reati, alla necessità di definirne le caratteristiche e i diritti, sia per promuovere attività e politiche di prevenzione dei rischi di vittimizzazione, sia, ed in particolare, per individuare e diffondere regole minime e prassi operative per la protezione e l’assistenza […] anche in rapporto alle funzioni e alle procedure della giustizia penale» [1]. Da una parte, il sapere psicologico ha approfondito le conoscenze sulle conseguenze (psicologiche, economiche e sociali) prodotte da quanto vissuto; dall’altra, il legislatore ha rafforzato il sistema degli strumenti di protezione proprio in considerazione del danno prodotto dal reato in termini di violazione dei diritti individuali [2]. Alcuni studi criminologici hanno peraltro consentito di evidenziare le differenze tra i danni causati dall’offesa subita e quelli derivanti invece dalla risposta ricevuta dalle istituzioni [3]. Questi ultimi – correlati all’impatto «con le regole e la modalità di funzionamento tipiche della giustizia penale, (rendono) possibile l’emergere di nuovi rischi di amplificazione e nuclearizzazione della vulnerabilità della vittima» [4]. Le ricerche che si sono concentrate su questo “terzo livello di vulnerabilità” [5] sono state particolarmente utili per guidare gli interventi da intraprendere orientando le procedure necessarie al fine di migliorare il sistema di risposte fornite alla vittima una volta “entrata” nel sistema giustizia, alleviandone i disagi e migliorando, al contempo, l’efficacia (in termini di attendibilità) del suo contributo conoscitivo. In un noto studio degli anni settanta sulla “vittimizzazione secondaria” [6] conseguente [continua..]

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Fascicolo 1 - 2016