Lo scritto propone una riflessione “a caldo” sui principali punti salienti della riforma entrata in vigore il 2 aprile 2015. Partendo da alcuni brevi cenni alla legge di delegazione, l’esame del testo si concentra, in prima battuta, sui parametri prescelti dal legislatore delegato per dare sostanza alle indicazioni ricevute dal Parlamento. Successivamente, l’attenzione si sposta sulle soluzioni processuali attraverso le quali la nuova causa di non punibilità trova applicazione – anche in via transitoria – nel procedimento.
Judicial deflation and rationalization of the criminal system: the recipe of the new reform on diversion for minor offences The paper aims to give a first glance on the main issues of the new statutory reform, entered into force on April 2nd 2015. Firstly, the attention is drawn to the content of the delegation given by the Parliament to the Government. Secondly, the analysis focuses on the criteria applied by the Government to determine which offences can be considered ‘minor’ and when the proceeding can be dismissed. Then, the following paragraphs deal with the procedural devices set forth for the application of the new tool, even in pending proceedings and trials.
Da alcune settimane è entrata in vigore la novella introdotta dal d.lgs 16 marzo 2015, n. 28, recante significative modifiche al codice penale, a quello processuale penale, nonché al testo unico in materia di casellario giudiziale. Il provvedimento è stato emanato nell’esercizio del potere di delegazione, ricevuto dal Governo attraverso l’art. 1, lett. m), l. 28 aprile 2014, n. 67 [1]. In quella sede, il Parlamento aveva espresso un’indicazione piuttosto ampia, che puntava all’esclusione della punibilità per fattispecie di gravità edittale non particolarmente elevata, senza tuttavia vincolare il Governo a specifiche soluzioni normative. Per destreggiarsi tra le futuribili opzioni, era stata costituita una Commissione di studio ministeriale, il cui lavoro – non sempre ascoltato – ha cercato di indirizzare le scelte governative nella stesura dello schema dal quale il procedimento di trasposizione ha preso inizio.
Senza indugiare sul testo della delega ormai esercitata, si possono preliminarmente segnalare i principali nodi che si sono presentati al Governo nell’esercizio del potere stabilito dall’art. 76 Cost. Successivamente saranno analizzate le soluzioni pratiche considerate nell’iter di approvazione e poi definitivamente adottate nel decreto delegato. Non pare necessario, invece, soffermarsi sul catologo delle iniziative normative, de iure condito e, soprattutto, de iure condendo, che negli ultimi decenni hanno progressivamente reso familiare agli operatori della giustizia il concetto di tenuità del fatto. L’istituto “è noto” [2] e non richiede presentazioni: «la linea ispiratrice è quella del diritto penale come extrema ratio [...] e il filo conduttore è naturalmente quello del principio di offensività» [3].
All’interno di questa cornice, i punti fissi stabiliti dal legislatore delegante con maggior fermezza erano principalmente tre. Dato il generale obiettivo di mandare esenti da sanzione i comportamenti individuabili attraverso il test di tenuità, i capisaldi dell’azione normativa erano fissati: a) nei parametri di particolare tenuità dell’offesa e di non abitualità del comportamento; b) nell’individuazione di un ambito di fatti puniti con pena pecuniaria o con pena detentiva non superiore a cinque anni; c) nella salvaguardia degli interessi risarcitori.
Quanto alla cornice stessa, essa risponde pienamente all’idea – inesorabilmente fattasi strada in un contesto di tendenziale ineffettività di qualsiasi riforma volta al significativo alleggerimento del carico penale – di “impedire che l’energia del diritto e del processo penale si sprigioni laddove non ce ne sia bisogno” [4]: l’obiettivo [continua..]