Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Decisioni in contrasto (di Paola Corvi)


L’IMPUGNABILITÀ DELL’ORDINANZA DI RIGETTO DELLA ISTANZA DI SOSPENSIONE CON MESSA ALLA PROVA (Cass., sez. II, 13 novembre 2015, n. 45338) La sentenza in esame chiarisce quali siano le soluzioni previste a favore dell’imputato nel caso in cui il giudice abbia rigettato l’istanza di messa alla prova formulata nel corso dell’udienza preliminare, stabilendo che l’imputato può impugnare immediatamente la decisione con ricorso per cassazione ovvero può riproporre la richiesta nel giudizio, prima dell’apertura del dibattimento. Si esclude viceversa che l’imputato abbia la facoltà di reiterare la richiesta prima della conclusione dell’udienza preliminare, poiché l’istanza di sospensione con messa alla prova può essere proposta una sola volta nell’ampio termine di cui all’art. 464-bis, comma 2 c.p.p. e riproposta, una volta che il giudice abbia deciso negativamente, solo nel successivo giudizio. In tale provvedimento la Corte di Cassazione segue l’orientamento secondo il quale l’ordinanza di rigetto dell’istanza di sospensione con messa alla prova è autonomamente impugnabile dall’imputato con ricorso per cassazione: depone in tal senso il tenore letterale dell’art. 464-quater, comma 7, c.p.p., che include nella disciplina dell’autonoma ricorribilità qualsiasi provvedimento decisorio, senza distinguere tra ordinanze di sospensione del procedimento e ordinanze di rigetto, (Cass., sez. VI, 10 settembre 2015, n. 36687; Cass., sez. II, 19 maggio 2015, n. 20602; Cass., sez. V, 4 giugno 2015, n. 24011). Il dato testuale sottrae dunque il provvedimento, con cui il giudice decide sull’istanza di messa alla prova, alla previsione generale di cui all’art. 586 c.p.p., con la conseguenza che la reiterazione dell’istanza dà luogo alla possibile riproposizione dell’impugnazione dell’ordinanza di rigetto: in questa prospettiva, escludere la reiterazione dell’istanza di messa alla prova prima della conclusione dell’udienza preliminare non solo è conforme al dato normativo, ma consente di evitare plurime reiterazioni di istanze con correlative impugnazioni delle eventuali ordinanze di rigetto, che non farebbero altro che paralizzare il processo con il rischio di creare inestricabili problemi processuali (Cass., sez. II, 13 novembre 2015, n. 45338). Tale interpretazione dell’art. 464-quater, comma 7, c.p.p., seppure ritenuta tendenzialmente maggioritaria (Cass., sez. VI, 10 settembre 2015, n.36687), non è tuttavia unanimemente condivisa nella giurisprudenza di legittimità. In altre recenti decisioni della Corte di Cassazione si afferma, nel caso di specie, l’applicabilità del­l’art. 586 c.p.p., secondo cui, quando non è diversamente stabilito, le ordinanze emesse nel corso del dibattimento o degli atti [continua..]

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Fascicolo 2 - 2016