Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Decisioni in contrasto (di Paola Corvi)


L’INOSSERVANZA DELLE DISPOSIZIONI RELATIVE ALL’ASSUNZIONE IN SEDE DIBATTIMENTALE DELLE DICHIARAZIONI DELL’IMPUTATO DI REATO CONNESSO O COLLEGATO A QUELLO PER CUI SI PROCEDE: INUTILIZZABILITÀ, NULLITÀ O IRREGOLARITÀ? (Cass., sez. II, 2 dicembre 2014, n. 52023) Il tema della valutazione e dell’utilizzo delle dichiarazioni rese nel corso del dibattimento in modo irregolare da chi riveste la qualifica di imputato di reato connesso o collegato è stato frequentemente affrontato dalla giurisprudenza con esiti discordanti. Il contrasto interpretativo ha indotto la Seconda sezione della Corte di cassazione a rimettere la questione alle Sezioni Unite in questi termini: “se la mancata applicazione – in sede di esame dibattimentale di un imputato di reato connesso o collegato a quello per cui si procede – delle disposizioni di cui all’art. 210 c.p.p., relativamente alle dichiarazioni testimoniali rese da chi avrebbe dovuto essere sentito come teste assistito, perché imputato in procedimento connesso o di un reato collegato, determina inutilizzabilità, nullità a regime intermedio o altra patologia della deposizione testimoniale”. Nell’ordinanza i giudici, chiamati a decidere dell’utilizzabilità delle dichiarazioni di un imputato di reato collegato rese in assenza di difensore e previo avvertimento della possibilità di avvalersi del diritto al silenzio, delineano in via preliminare il quadro normativo di riferimento, dopo aver precisato che la qualità di testimone assistito non dipende dalla iscrizione del dichiarante nel registro delle notizie di reato, ma dalla sua condizione sostanziale di persona indiziata per un reato connesso o collegato a quello per cui si procede. Il regime giuridico delle dichiarazioni del soggetto “coinvolto nel fatto” si articola diversamente in ragione del tipo di connessione che intercorre tra i procedimenti: in caso di connessione forte – quando il vincolo tra il fatto imputato al dichiarante e il fatto per cui si procede è inquadrabile tra quelli indicati nell’art. 12, comma 1, lett. a) c.p.p. – al dichiarante è riconosciuto il diritto al silenzio fino al passaggio in giudicato della sentenza emessa nei suoi confronti, oltre al diritto di essere assistito da difensore, e le sue dichiarazioni sono valutate unitamente agli altri elementi di prova che ne confermano l’attendibili­tà; in caso di connessione debole – quando il vincolo tra il fatto di cui il dichiarante è accusato e il fatto da giudicare è inquadrabile tra quelli indicati nell’art. 12, comma 1, lett. c) c.p.p. o nell’art. 371, comma 2, lett. b) c.p.p. – il dichiarante perde il diritto al silenzio non solo al passaggio in giudicato della sentenza emessa nei suoi confronti, ma anche qualora abbia [continua..]

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