Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Decisioni in contrasto (di Giada Bocellari)


L’ART. 131-BIS C.P. NON È INVOCABILE DAVANTI AL GIUDICE DI PACE: LA SUPREMA CORTE TORNA SUL PRINCIPIO DI SPECIALITÀ PER COLMARE LE DIFFICOLTÀ DI COORDINAMENTO IN TEMA DI TENUITÀ DEL FATTO (Cass., sez. V, 2 novembre 2016, n. 45996) Con la pronuncia in commento, la Suprema corte si inserisce nell’ormai prevalente orientamento giurisprudenziale che nega l’applicabilità dell’art. 131-bis c.p. al procedimento davanti al giudice di pace. La particolare tenuità del fatto, introdotta nel codice penale con il d.lgs. n. 28 del 2015, non aveva, invero, mancato di suscitare perplessità in ordine alle potenziali interferenze con l’art. 34 del d.lgs. n. 274 del 2000, già nella fase preparatoria, quando la Commissione Giustizia aveva invitato il Governo a valutare l’opportunità di coordinare le discipline: sollecitazione, a suo tempo, respinta, ma solo perché ritenuta estranea alle indicazioni della legge delega. Era chiaro, dunque, che il problema avrebbe interessato l’interprete e gli orientamenti giurisprudenziali rintracciabili, oltre che le argomentazioni ad essi sottese, non fanno altro che dimostrare l’esistenza di una reale lacuna legislativa, ma soprattutto di una concreta difficoltà di coordinamento. Secondo la pronuncia in esame, che rispecchia l’orientamento prevalente (Cass., sez. I, 14 luglio 2016, n. 37551; Cass., sez. V, 27 maggio 2016, n. 44632; Cass., sez. V, 2 febbraio 2016, n. 13093; Cass., sez. VII, 4 dicembre 2015, n. 1510; Cass., sez. fer., 20 agosto 2015, n. 38876; Cass., sez. IV, 14 luglio 2015, n. 31920), l’inapplicabilità dell’art. 131-bis c.p. si desume dai profili di specialità – su tutti, il ruolo della persona offesa – che connotano l’art. 34 d.lgs. n. 274 del 2000, la quale norma, anche in virtù dell’art. 16 c.p., non può ritenersi tacitamente abrogata dalla novella del 2015, non sussistendo, peraltro, alcun presupposto per ritenerla incompatibile con quella di nuova introduzione. Se, dunque, già l’art. 16 c.p. esclude, sul terreno sostanziale, l’applicabilità della norma codicistica ai reati di competenza del giudice di pace, la conclusione, secondo la Suprema corte, risulta, comunque, coerente con l’interpretazione sistematica orientata a valorizzare il favor per la conciliazione tra le parti che ispira la giurisdizione penale del giudice di pace: è proprio la facoltà “inibitoria” attribuita dall’art. 34 alla persona offesa – facoltà che non si rinviene, invece, nell’art. 131-bisc.p. –, a giustificare e fondare l’inapplicabilità dell’istituto codicistico davanti al giudice di pace. Di diverso avviso l’orientamento minoritario (Cass., sez. IV, 29 settembre 2016, n. 40699), che, traendo [continua..]

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Fascicolo 1 - 2017