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Ripensamenti in tema di rinvio dell'esecuzione della pena e divieto di ingresso della prole in carcere - Torna la proposta di abbassare la soglia dell'imputabilità - Nuovi limiti oggettivi all'applicazione della pena su richiesta delle parti
Il tema della maternità in carcere torna in agenda all’indomani della riforma dell’ordinamento penitenziario; è inaccettabile che i bambini fino a tre anni di età vivano con le mamme detenute all’interno delle strutture penitenziarie. Il legislatore si fa carico di questa situazione in nome della salvaguardia del minorenne attraverso la proposta di legge C. 1780, recentemente assegnata (17 settembre 2019) alla Commissione Giustizia della Camera dei Deputati. Su iniziativa degli on. Cirielli e Ciamburro, si è avviato l’iter di un intervento normativo recante “Modifiche al codice penale e altre disposizioni in materia di rinvio dell’esecuzione della pena nei confronti di donne incinte o madri di prole di età inferiore a tre anni, di sospensione dall’esercizio della responsabilità genitoriale a seguito di ordine di esecuzione della pena detentiva nonché di divieto di ingresso della prole negli istituti penitenziari”. Il disegno di legge è articolato in tre direzioni, diverse ma accomunate dal preciso intento di proibire definitivamente l’ingresso dei bambini in carcere. In questa prospettiva si propone di: correggere la disciplina del rinvio obbligatorio e facoltativo dell’esecuzione della pena (artt. 146 e 147 c.p.); introdurre la sospensione automatica dell’esercizio della responsabilità genitoriale congiuntamente con l’ordine di esecuzione (art. 656 c.p.p.); proclamare il divieto assoluto di convivenza della prole con le detenute madri. Quanto al tema del “rinvio” dell’esecuzione della pena, attualmente la disciplina prevede, ai sensi dell’art. 146, comma 1, c.p., l’istituto del rinvio “obbligatorio”, per la donna incinta e per la madre di infante di età inferiore ad un anno, mentre l’art. 147, comma 1, n. 3, c.p. contempla l’ipotesi del rinvio “facoltativo”, per la madre di prole di età inferiore a tre anni. L’interruzione della gravidanza, nel primo caso, comporta la revoca del differimento, che, invece, opera in entrambi i casi qualora la madre sia dichiarata decaduta dalla responsabilità genitoriale (ex art. 330 c.c.), ovvero quando il figlio muoia, o venga abbandonato, oppure affidato ad altri. Parimenti, il differimento facoltativo dell’esecuzione della pena detentiva è escluso, o se [continua ..]
Il legislatore intende farsi carico dell’ingravescente fenomeno della criminalità minorile. L’obiettivo dovrebbe essere la tutela dei bambini dal carcere, piuttosto che nel carcere. La strada eletta, infatti, prevede più giustizia penale e, in concreto, un cedimento del margine di imputabilità storicamente costruito sui quattordici anni. Questo tradimento a princìpi si traduce in: «abbassiamo l’età in cui un bambino diventa penalmente perseguibile». La titolazione della proposta di legge C. 1580 è “Modifiche al codice penale e alle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448, in materia di imputabilità dei minori e di pene applicabili a essi nel caso di partecipazione ad associazione mafiosa”. Quanto al primo tema, l’imputabilità, la riforma prevede un nuovo limite della presunzione assoluta di non imputabilità. La nuova soglia di rilevanza penale dei fatti commessi da un minorenne, ratione aetatis, è quella dei dodici anni. La riforma impatta sull’art. 97 c.p. lasciando intatto il meccanismo di passaggio dalla non imputabilità assoluta alla valutazione della capacità di intendere e di volere. Se ne occupa l’art. 1 del progetto di legge. Il vaglio del magistrato è previsto per gli infradiciottenni che abbiano compito i dodici anni, secondo un meccanismo di presunzione semplice di imputabilità rispetto alla quale si dà spazio a valutazioni di segno contrario. La capacità di autodeterminarsi alla commissione di un reato diventa così più “inclusiva”; il magistrato assume un ruolo più incisivo. In realtà, l’attenzione al fattore imputabilità si accompagna ad un’altra riforma sistemica: il riferimento ai quattordici anni va sostituito in modo automatico con il nuovo parametro dei dodici anni. Entrambi i cambiamenti sono dettati con l’art. 1 del progetto di legge; entrambi incidono sull’art. 97 c.p. Il secondo oggetto della riforma è indicato nella problematica dell’inserimento sempre più frequente in dinamiche di criminalità organizzata degli adolescenti. La logica dell’intervento è una maggiore responsabilizzazione del minorenne, che in questa materia non beneficia [continua ..]