Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Corti europee (di Andrea Sivier)


RINNOVAZIONE DELL’ISTRUTTORIA DIBATTIMENTALE IN APPELLO   (Corte e.d.u., 29 giugno 2017, Lorefice c. Italia)   Si segnala un’importante decisione sul diritto all’equo processo sancito dall’articolo 6 Cedu. In particolare, la Corte ha ritenuto vulnerato il principio testé citato laddove i giudici di appello, in riforma della sentenza di assoluzione emessa in primo grado, affermino la responsabilità penale dell’imputato senza aver proceduto all’audizione personale dei testimoni le cui dichiarazioni accusatorie siano state poste a fondamento della nuova decisione di condanna. Preliminarmente, si esaminino i punti salienti del caso sottoposto alla Corte. La causa trova origine dal ricorso presentato da un cittadino italiano, già accusato dalle autorità interne di estorsione, possesso di esplosivi, danneggiamento della proprietà altrui, favoreggiamento personale e furto tentato. Secondo le testimonianze d’accusa, il ricorrente, a seguito di un’esplosione cagionante danni ad un immobile di proprietà di un conoscente, aveva riferito alla vittima che a causarla era stata una banda di mafiosi la quale, peraltro, al fine di soddisfare le proprie pretese aveva chiesto al proprietario dell’immobile la dazione di una somma di denaro pari a duecento milioni di lire. Sempre secondo i testimoni d’accusa, in realtà, a cagionare l’esplosione in parola era stato il ricorrente stesso il quale, inoltre, propostosi quale intermediario tra la banda di malavitosi e la vittima, aveva intascato l’intera somma versata da quest’ultima. Nel gennaio del 2009 il Tribunale di Sciacca, ritenendo non attendibili le dichiarazioni rese dai testimoni a carico dell’imputato – tra i quali la stessa persona offesa dal reato – assolveva il ricorrente da ogni accusa, trasmettendo il fascicolo alla Procura della Repubblica affinché procedesse ad indagare i predetti testimoni per il reato di falsa testimonianza. A seguito dell’impugnazione effettuata dal Pubblico Ministero e dalla parte civile, nel febbraio 2012 la Corte d’appello di Palermo riformava l’anzidetta sentenza di assoluzione e condannava l’imputato alla pena di otto anni e sei mesi di reclusione, oltre al pagamento della multa di euro 1600 e al risarcimento dei danni subiti dalla parte civile, in quanto ritenuto colpevole di estorsione e di detenzione di materiale esplosivo. A fondamento di tale condanna, la Corte siciliana poneva le dichiarazioni dei testimoni ritenuti non attendibili da parte del giudice del primo grado. In particolare, i giudici dell’appello non avevano proceduto a riesaminare direttamente tali fonti dichiarative, ma si erano limitati ad effettuare una rivalutazione complessiva degli elementi di prova contenuti nel fascicolo di causa e, dopo aver posto in risalto le lacune ed i travisamenti contenuti nella [continua..]

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Fascicolo 5 - 2017