Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Corti europee (di Francesco Trapella)


NE BIS IN IDEM E REATI TRIBUTARI (Corte e.d.u., Grande Camera, 15 novembre 2016, A. e B. c. Norvegia) Il principio del ne bis in idem sostanziale non è violato allorché una persona, già perseguita dall’am­ministrazione tributaria per illeciti fiscali e punita con una sovrattassa di un certo ammontare, sia assoggettata a processo penale – con le relative conseguenze sanzionatorie – per le medesime violazioni, quando queste costituiscano reato. Occorre – dice la Corte – che tra i due procedimenti, tributario e penale, sussista una «connessione sostanziale e temporale sufficientemente stretta». Quanto ora prefigurato non rappresenta la duplicazione di sanzioni per uno stesso fatto, ma, al contrario, descrive un meccanismo di accertamento e di repressione, integrato tra amministrazione fiscale e giustizia penale, idoneo ad esitare in una possibile sanzione, avente natura complessa e, quindi, incorporante sia i caratteri tipici della pena, sia i connotati propri della sanzione tributaria: nel caso di specie, quest’ultima era costituita da una sovrattassa pari al 30% dell’imposta non versata. Sempre in via preliminare, va meglio compreso che cosa significhi «connessione sostanziale e temporale sufficientemente stretta», atteso che proprio questo è il requisito cui la Corte ricollega la compatibilità di un sistema siffatto rispetto all’art. 4 del Settimo protocollo addizionale alla Cedu. Sicuramente tale è quello nel quale un unico soggetto compie l’accertamento dell’illecito ed è in grado di applicare tanto la sanzione penale quanto quella tributaria; la Corte, però, non impone agli Stati la creazione di giudicanti abilitati alla gestione del procedimento penale e di quello fiscale, restando sicuramente possibile affidare il primo alla magistratura e il secondo all’amministrazione tributaria. In quest’ultimo caso – invero, più frequente del primo, nelle esperienze giuridiche europee – è necessario che vi sia una continua interazione tra le due autorità, così che la provvista probatoria reperita dall’una sia d’ausilio all’attività dell’altra; in tal modo – continua la Corte – potrà scongiurarsi il rischio di sproporzionate conseguenze dell’illecito: l’autorità che conclude l’accertamento per ultima, saprà tenere in conto la sanzione applicata da quella che per prima ha esaurito la propria attività. È, poi, di capitale importanza che, nella logica del sistema integrato, ognuno dei due procedimenti sia diversamente connotato e finalizzato a rilevare e a perseguire differenti aspetti della medesima condotta antisociale; del pari, l’avvio di un duplice accertamento dev’essere conseguenza prevedibile della condotta. In particolare, [continua..]

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Fascicolo 1 - 2017