MANCATA LIQUIDAZIONE DEI COMPENSI AL DIFENSORE EX ART. 106 D.P.R. 115/2002: NECESSARIO DISTINGUERE TRA CAUSE DI INAMMISSIBILITÀ DELLA IMPUGNAZIONE
(C. cost., sent. 30 gennaio 2018, n. 16)
Con una sentenza interpretativa di rigetto sono state dichiarate non fondate le questioni di legittimità dell’art. 106 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia” (Testo A), sollevate dalla Corte d’appello di Salerno, sezione civile, in riferimento agli artt. 3, comma 2, 24, comma 2 e 3, e 36 Cost., nella parte in cui tale disposizione prevede che «il compenso al difensore di parte ammessa al beneficio del patrocinio a spese dello Stato non viene liquidato qualora l’impugnazione venga dichiarata inammissibile, senza distinzione alcuna in merito alla causa d’inammissibilità».
La normativa in oggetto – nella ricerca di un punto di equilibrio tra garanzia del diritto di difesa per i non abbienti e necessità di contenimento della spesa pubblica in materia di giustizia – intende scoraggiare la proposizione a spese dello Stato di impugnazioni del tutto superflue, meramente dilatorie o improduttive di effetti a favore della parte, il cui esito di inammissibilità sia prevedibile o addirittura previsto prima della presentazione del ricorso.
Secondo la Corte, in ragione di tale ratio, è possibile circoscrivere la portata della norma alle sole ipotesi in cui la declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione sia ex anteprevedibile, escludendone la operatività nel caso in cui la causa di inammissibilità sia sopravvenuta e dipenda da motivi del tutto imprevedibili al momento della proposizione della impugnazione.
LEGITTIMA LA CONFISCA ALLARGATA PER IL REATO DI RICETTAZIONE
(C. cost., sent. 21 febbraio 2018, n. 33)
La Consulta ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 12-sexies, comma 1, d.l. 8 giugno 1992, n. 306 (“Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa”), convertito, con modificazioni, in l. 7 agosto 1992, n. 356.
La Corte d’appello di Reggio Calabria aveva ritenuto contrastante con l’art. 3 Cost. la inclusione, tra i reati presupposto elencati nella disposizione censurata, del delitto di ricettazione. Quest’ultimo figura infatti tra quelli per i quali, in caso di condanna o applicazione di pena su richiesta delle parti, è sempre disposta la confisca c.d. allargata prevista dal medesimo art. 12-sexies. Ai fini soprattutto del contrasto del fenomeno della accumulazione di ricchezze illecite da parte della criminalità, specialmente organizzata, il nostro ordinamento prevede, come noto, che il patrimonio di cui il condannato per determinati reati [continua..]