Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Corte costituzionale (di Laura Capraro)


INAPPLICABILE L’ART. 192, COMMA 3, C.P.P. ALLE DICHIARAZIONI DEGLI IMPUTATI IN PROCEDIMENTO CONNESSO O PER REATO COLLEGATO, ASSOLTI CON SENTENZA DIVENUTA IRREVOCABILE PERCHÉ “IL FATTO NON SUSSISTE” (C. cost., sent. 26 gennaio 2017, n. 21) Con la sent. 26 gennaio 2017, n. 21, la Corte costituzionale ha dichiarato parzialmente illegittimo l’art. 197-bis, comma 6, c.p.p., per violazione dei principi di ragionevolezza ed uguaglianza, nella parte in cui, per la valutazione delle dichiarazioni rese dalle persone contemplate dal comma 1 dell’art. 197-bis, giudicate in procedimento connesso o per reato collegato, nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di assoluzione irrevocabile perché “il fatto non sussiste”, prevede l’applicazione dell’art. 192, comma 3, c.p.p. Per effetto dell’art. 27 della l. 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), con lo stesso provvedimento è stata altresì dichiarata la illegittimità dell’art. 197-bis, comma 3, nella parte in cui, per i medesimi soggetti, è prevista l’assistenza di un difensore. La questione è stata anzitutto ritenuta rilevante poiché nel giudizio a quo le dichiarazioni del coimputato per reato connesso erano state poste a fondamento della ipotesi accusatoria e, dunque, l’appli­cabilità o meno della regola di giudizio di cui all’art. 192, comma 3, c.p.p., avrebbe determinato, rispettivamente, l’assoluzione o l’affermazione di responsabilità degli imputati, attesa l’inesistenza, negli atti, di riscontri a tali dichiarazioni. Il giudice delle leggi ha sostanzialmente fatto rinvio alla ratio sottesa alla decisione già adottata nel 2006 (n. 381), nonché all’apparato argomentativo ivi utilizzato per dichiarare la parziale illegittimità del medesimo art. 197-bis, commi 3 e 6, c.p.p., laddove prevedevano, rispettivamente, l’assistenza di un difensore e l’applicazione dell’art. 192, comma 3, anche per le dichiarazioni rese dalle persone, indicate al comma 1 del medesimo art. 197-bis, nei cui confronti fosse stata pronunciata sentenza di assoluzione “per non aver commesso il fatto”, divenuta irrevocabile. Con la decisione in commento, in particolare, viene confermato che, all’indomani della riforma del giusto processo ad opera della l. n. 63/2001, le categorie delle persone che possono rendere dichiarazioni nel processo sono molteplici, e che ad ogni categoria corrispondono modalità acquisitive ed effetti differenti. L’appartenenza all’una o all’altra categoria di soggetti è dettata dal loro diverso “stato di relazione” rispetto ai fatti oggetto del procedimento: partendo dalla situazione di assoluta indifferenza propria del teste [continua..]

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Fascicolo 3 - 2017