Con la decisione in commento, la Corte di Cassazione ha chiarito che, in materia di intercettazioni, la mancata sottoscrizione del verbale da parte del pubblico ufficiale che ha proceduto alle operazioni non determina inutilizzabilità, in quanto tale inosservanza non rientra tra i casi di cui all’art. 271 c.p.p., ma si configura, invece, come una ipotesi di nullità relativa, eccepibile nei termini e nei modi stabiliti dagli artt. 181 e 182 c.p.p.
The Cassation Court states about absence of minutes signature, in the interceptions operations The cassation Court decides that in the case of interceptions, the absence of minutes signature from the public official, who realized the operations, qualifies as relative nullity, in accordance with the articles 181 and 182 of Code of criminal procedure.
IL FATTO
La decisione in commento è intervenuta in seguito al ricorso presentato dall’indagato avverso l’ordinanza con la quale il Tribunale di Catanzaro confermava l’ordinanza, emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Lamezia Terme, che aveva disposto a carico del suddetto la custodia cautelare in carcere.
Nella serie di motivi su cui si basava il ricorso figurava, in particolare, l’addotta inutilizzabilità di tutti i verbali nei quali erano state trascritte le comunicazioni telefoniche intercettate; invalidità che veniva dedotta in base al combinato disposto degli artt. 268, comma 1 c.p.p., e art. 89 norme att. c.p.p., essendosi rilevato che l’interprete nominata dal P.M. non aveva sottoscritto i suindicati atti.
In data 24 gennaio 2017, con sentenza n. 13661 (depositata in data 21 marzo 2017), la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, ritenendo pienamente utilizzabile la documentazione delle intercettazioni e riconducendo l’ipotesi di mancata sottoscrizione del verbale alla figura della nullità relativa.
LA MASSIMA STABILITA DALLA SUPREMA CORTE
La Corte, per quanto specificamente riguardava la dedotta inutilizzabilità delle intercettazioni, ha rigettato la questione assumendo come parametro l’art. 271 c.p.p.
La norma, infatti, elenca i casi in cui è vietato l’utilizzo delle intercettazioni; si tratta di ipotesi specifiche, tra le quali non è ricompresa quella di mancata sottoscrizione del verbale da parte del pubblico ufficiale che ha proceduto alle operazioni.
La Corte afferma, altresì, che è del tutto illogico richiamare il combinato disposto degli artt. 268 c.p.p. e 89 norme att., in quanto la disciplina in essi contenuta – come rilevato nella specie anche dal Tribunale del riesame – non richiede una tale sottoscrizione.
L’art. 89 cit. prevede, infatti, che il verbale contenga «l’indicazione degli estremi del decreto che ha disposto l’intercettazione, la descrizione delle modalità di registrazione, la datazione del giorno dell’ora di inizio e di cessazione dell’intercettazione nonché i nominativi delle persone che hanno preso parte alle intercettazioni».
La Cassazione ha, quindi, concluso nel senso che la mancata sottoscrizione del verbale da parte del pubblico ufficiale si configura come un’ipotesi di nullità relativa, che può essere dichiarata solo su eccezione di parte e nei termini previsti dall’art. 182 c.p.p.
L’orientamento così espresso si inserisce nel solco d’un indirizzo pressoché costante della giurisprudenza di legittimità, concorde nello sposare la tesi della nullità relativa.
Infatti, la Suprema Corte, già nel 2001, con sentenza n. 11241, si era pronunciata sulla questione, sostenendo la legittimità dell’utilizzazione di una [continua..]