Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Contradditorio, immediatezza e parità delle parti nel giudizio di appello. Estenuazioni interne e affermazioni europee (di Daniela Chinnici)


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È ancora necessario sottolineare la non corretta lettura del giudizio penale di secondo grado rispetto al modello del giusto processo consacrato nella costituzione italiana (art. 111), nonché la violazione dei diritti garantiti dalla CEDU. Continua, infatti, l’errore di interpretazione del processo di appello, con il risultato di ribaltare sentenze di proscioglimento in condanne, per la prima volta in appello. Per la giurisprudenza italiana è sufficiente una motivazione analitica e rafforzata delle medesime prove assunte in primo grado, senza permettere ad ogni imputato la garanzia delle regole del contraddittorio e dell’immediatezza di fronte alla corte di appello.

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The right to a fair trial in Appeal

Notwithstanding art. 111 Cost. and the European Convention on Human Rights, in Italy it is still allowed for the judge in Appeal – even without new evidence – to condemn the defendant after the Court of First Instance’s acquittal.

PROLEGOMENI Non si vuole assumere, qui, l’atteggiamento, attribuito spesso a priori a chi studia il processo, di critica senza “se” e senza “ma”, quasi si trattasse di un habitus mentale di colui che “sta dietro la scrivania”, ma non si può non guardare “senza sconti” alla pervicace lettura riduttiva dei criteri fondanti il sistema probatorio – immediatezza e contraddittorio – immanenti anche nel giudizio di seconda istanza, e degli equivoci (se non travisamenti) sul ruolo delle parti nel processo penale. Del resto, ben al di là di un problema di esegesi ai fini della coerente tenuta del sistema, gli errori di impostazione, le sovrapposizione di istituti, le distorsioni di principi, le confusione di ruoli e di funzioni soggettive, il misconoscimento di criteri di valutazione producono effetti distorsivi sulla singola esperienza processuale, con l’effetto, quasi sempre, di comprimere diritti fondamentali delle persone che vi sono sottoposte, come anche della vittima, oltre che le aspettative di giustizia della collettività. Uno dei punti dolenti dal doppio profilo – della coerenza sistematica [1] come della tutela dei diritti di chi è sottoposto al processo – rimane il rito di appello che, nello snodo centrale del giudizio (si badi, di merito), vede ancora confinati in evenienza residuale ed eccezionale la formazione della prova nel contraddittorio e nell’immediatezza dinanzi al giudice decidente [2]. L’indebolimento dei canoni cognitivi in appello è stato avallato da sempre sulla base dell’argomento della peculiare funzione del secondo processo, individuata nel controllo sul dictum già reso, se e nella misura in cui sia stata avanzata doglianza da una delle parti legittimate in concreto interessate a una decisione più favorevole. Nella mutata fisionomia del sistema del 1988, riaccreditato con il modello del c.d. giusto processo, in sintonia con lo statuto normativo sovranazionale dei diritti soggettivi dell’accu­sato, tuttavia, “l’alibi” per legittimare dinamiche di accertamento consolidate – sostanzialmente ancora quelle del c.p.p. 1930 [3] – appiattite sulla rilettura degli atti probatori del fascicolo del primo grado non può più resistere. La strada segnata nell’art. 111 Cost. quale metodo di accertamento della verità [4], come l’itinerario sovranazionale del processo equitable [5], declinato in termini di tutela delle garanzie fondamentali per ogni persona accusata, impongono una modulazione del giudizio d’appello in senso dinamico, ossia nell’im­mediatezza e nel contraddittorio orale innanzi al nuovo organo decidente, non solo per le prove ritenute dal giudice necessarie per decidere e per le prove nuove sopravvenute scoperte [continua..]

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Fascicolo 3 - 2015