Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Precisazioni in ordine al “giudicato” sulla consegna ed ultrattività del mandato di arresto europeo (di Lorenzo Pulito)


L’emissione di una sentenza definitiva che, per motivi estranei ai requisiti strutturali della richiesta ed a valutazioni di merito, non ne disponga l’esecuzione, non esclude l’efficacia giuridica del mandato di arresto, ove non espressamente revocato, e non è ostativa alla ripresa del procedimento, pur in assenza di una nuova richiesta.

Remarks on the judgement concerning the surrender and the continuing effect of the European arrest warrant

An arrest warrant maintains its full legal effect even in the absence of a final judgment ordering its enforcement, for reasons not related to the structural requirements of the request and for a trial on merits, provided that the arrest warrant was not be expressively revoked. The issuance of such a judgment does not impede the resumption of the proceedings, notwithstanding the absence of a new request.

PREMESSE STORICHE L’idea di fondo che ha ispirato la decisione quadro istitutiva del mandato di arresto europeo, racchiusa sinteticamente nel principio del mutuo riconoscimento delle decisioni giudiziarie [1], si è arricchita, nel corso degli oltre dieci anni di esperienza dello strumento, di numerose declinazioni pratiche, che ne hanno di volta in volta inverato la portata innovativa. Quella in esame ha chiarito che l’emissione di una sentenza definitiva che, per motivi estranei ai requisiti strutturali della richiesta ed a valutazioni di merito, non ne disponga l’esecuzione, non esclude l’efficacia giuridica del mandato di arresto, ove non espressamente revocato, e non è ostativa alla ripresa del procedimento, pur in assenza di una nuova richiesta, diversamente da quanto previsto nel sistema estradizionale. Per meglio apprezzare la decisione appare utile richiamare il contesto storico-politico in cui è sorto l’istituto in argomento, figlio delle rinsaldate prospettive di rafforzamento della cooperazione tra gli Stati membri dell’Unione europea nel settore penale introdotte dal Trattato di Amsterdam, che ha rilanciato, tra i nuovi obiettivi dell’azione dell’Unione europea, il raggiungimento di uno «spazio di libertà, sicurezza e giustizia in cui sia assicurata la prevenzione della criminalità e la lotta contro quest’ultima» [2]. Una tappa davvero decisiva nel processo di attuazione delle disposizioni del Trattato di Amsterdam sullo «spazio di libertà, sicurezza e giustizia» è costituita dal Consiglio europeo di Tampere [3] del­l’ottobre 1999, nel quale si indicava quale fattore decisivo per una maggiore integrazione europea l’applicazione del «principio del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie», oggi “costituzionalizzato” negli artt. 67, § 4, e 81, § 1, T.F.U.E., la cui prima concretizzazione è rappresentata dal mandato di arresto europeo. Muovendo, infatti, dalla consapevolezza che uno spazio «autentico» di giustizia non è tale se i cittadini non si possono rivolgere «ai tribunali e alle autorità» degli Stati membri con la stessa facilità con cui si rivolgono a quelli del loro Paese, e se i criminali possono «sfruttare le differenze tra i sistemi giudiziari degli Stati membri» (punto 5 delle Conclusioni, nonché punti 28 ss.), i Capi di Stato e di governo europei riuniti a Tampere giunsero ad auspicare che quel principio diventasse «il fondamento della cooperazione giudiziaria» in materia civile come in quella penale, in modo che il rispetto e l’esecuzione delle decisioni giudiziarie, in condizioni di reciprocità, salvaguardassero «al tempo stesso la [continua..]

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Fascicolo 2 - 2016