Appare sempre più stridente il possibile conflitto tra l’interesse statuale alla confisca e quello del danneggiato alla soddisfazione della pretesa risarcitoria. Da un lato, infatti, proliferano le ipotesi speciali e “per equivalente” di ablazione pubblica. Dall’altro, tendenze sistematiche ed indici positivi – anche di rango sovranazionale – premono per il ripudio della tesi che afferma la natura esclusivamente privatistica dell’istanza del danneggiato. Sul terreno processuale, tale antinomia si traduce in gravi incertezze interpretative circa la sorte, all’esito del processo penale – e persino prima, alla luce degli artt. 540, comma 2, e 605, comma 2, c.p.p. – dei beni assoggettati sia a sequestro di cui all’art. 321, comma 2, c.p.p., che a sequestro conservativo. Ad oggi, infatti, ed al netto di previsioni speciali concernenti la confisca allargata e le misure di prevenzione, non è ancora possibile rinvenire un quadro normativo organico, razionale e completo.
Overlapping of different types of confiscation and final results: an uncomfortable journey between measures and claims of damages The conflict between confiscations based on public interest and claims of damages is becoming stronger and stronger. On one hand, there is a growing number of public confiscation measures. On the other hand, a general trend – based on supranational rules too – has been developing denying a mere private function to the interest of people who claim damages. On a procedural level, such a conflict creates uncertainties as to the final destination of assets subject to confiscation based on art. 321 para 2 of the code of criminal procedure. The same happened before, under art. 540 para 2 and art. 605 para 2 of the c.p.p. As of today, we lack a clear, rational and comprehensive discipline.
SÌ AL “DOPPIO SEQUESTRO”: LE RAGIONI
Possono coesistere, sullo stesso bene, sequestro preventivo a scopo di confisca (art. 321, comma 2, c.p.p.), e sequestro conservativo ottenuto dalla parte civile (artt. 316, comma 2, e 317, comma 1, c.p.p.) [1]. L’affermazione è ricorrente in giurisprudenza [2], e condivisibile. Al riguardo, rileva non tanto la diversa finalità, seppure indubbia, delle cautele [3]; e neppure, oggi, le diverse formalità di esecuzione delle stesse [4]. A tale ultimo proposito, va infatti osservato che, per effetto delle innovazioni apportate dalla l. 15 luglio 2009, n. 94, il sequestro preventivo si esegue nelle stesse forme del sequestro conservativo [5]; sebbene la giurisprudenza [6] abbia affermato, con riferimento alla trascrizione nei pubblici registri mediante la quale si esegue il sequestro preventivo su immobili [7], che la stessa non produce l’inefficacia dei negozi traslativi in pregiudizio del sequestrante, al contrario di quanto avviene a seguito di trascrizione di sequestro conservativo. Il rilievo è tecnicamente corretto, in quanto correlato all’inapplicabilità dell’art. 2905 c.c. [8] ai beni sottoposti a sequestro preventivo, poiché quest’ultima disposizione fa espresso ed esclusivo riferimento al sequestro conservativo. Da un punto di vista funzionale, tuttavia, è lecito chiedersi quale appeal, in termini di soddisfazione delle pretese creditorie, possa avere un’esecuzione su bene “gravato” dalla misura di cui all’art. 320, comma 2, c.p.p.; ossia su un bene del quale, a conclusione del processo penale, potrebbe essere ordinata la confisca [9].
Piuttosto, le ragioni a sostegno del possibile concorso di cautele vanno ravvisate nella circostanza che le stesse soggiaciono ad iniziative, procedimenti e – in definitiva – tempistiche del tutto autonome. Oltretutto, il sequestro preventivo di regola è disposto durante la fase delle indagini preliminari, sebbene l’art. 321, comma 1, c.p.p. faccia (corretto) riferimento al «giudice competente a pronunciarsi nel merito» [10]. Con la conseguenza che tale misura quasi sempre precederà l’ordinanza [11] di sequestro conservativo, che come noto non può essere disposto – e richiesto – prima dell’inizio del «processo di merito» (art. 316, comma 1, c.p.p.). A voler inibire la contestualità dei vincoli, potrebbe verificarsi uno «iato temporale» [12], ossia un momento nel processo in cui il bene, eventualmente da apprendere a seguito di sentenza irrevocabile [13], sarebbe suscettibile di “volatilizzarsi”, in tal modo frustrando gli scopi ritenuti meritevoli di tutela dal legislatore.
Come può immaginarsi, nella fattispecie la criticità [continua..]