Divenuto, nel volgere di un ristretto lasso temporale, centro di gravità delle principali sfide che la modernità pone sul versante delle investigazioni penali, il tema dei canali d’ingresso e dei limiti di utilizzabilità della messaggistica elettronica acquisita e decrittata con tecniche invasive e su larga scala dall’autorità estera solleva interrogativi che investono aspetti cruciali del sistema processuale (dalla legalità probatoria alla salvaguardia di difesa e contraddittorio). Nonostante l’intervento delle Alte giurisdizioni nazionali di vari Paesi, della Grande Camera della Corte di Giustizia e, a livello interno, di due pronunce a Sezioni Unite, il dibattito sembra distante dall’aver raggiunto approdi stabili e sicuri. Sullo sfondo campeggia l’atavico quesito, che lo sviluppo tecnologico rende sempre più pressante, concernente il grado di resistenza di prerogative primarie e garanzie del giusto processo di fronte al moltiplicarsi di ingerenze da parte della pubblica autorità.
The entry channels of the interceptions carried out and decrypted abroad The issue of entry channels and usability limits of electronic messaging acquired and decrypted abroad with invasive and large-scale techniques raises questions that affect crucial aspects of the procedural system (from evidentiary legality to safeguarding defense and adversarial rights). Despite the intervention of the Supreme Courts of various States, the Grand Chamber of the Court of Justice EU and two rulings by the United Sections of the Court of Cassation, the debate is far from having reached stable and secure landfalls. In the background camps the atavistic question, which technological development makes more and more pressing, concerning the degree of resistance of primary prerogatives and guarantees of due process in the face of multiplying interference by public authority.
Fattispecie e questioni implicate
Sebbene in dottrina ampiamente scrutinato [1], quello dei canali d’ingresso della “prova” assunta motu proprio dall’autorità straniera è tema tornato in auge nel quadro di una recente e articolata vicenda, divenuta, nel volgere di un ristretto lasso temporale, centro di gravità delle principali sfide che la modernità pone sul versante delle investigazioni penali.
Si tratta di vicenda ampiamente nota. L’allestimento di sistemi digitali di messaggistica criptata, in grado di resistere alle tradizionali tecniche captative e, per questo, in parte asserviti a dinamiche criminali, ha imposto agli inquirenti di ricorrere a metodi connotati da elevata sofisticazione per intercettare, acquisire e decriptare un flusso comunicativo, in essere o già intercorso, che, in maniera direttamente proporzionale al livello di segretezza assicurato, ha consentito di far luce su fenomeni delittuosi di alto spessore e a caratura transnazionale.
Le operazioni, condotte dalle autorità giudiziarie francesi, anche attraverso squadre investigative comuni e apporti di Eurojust ed Europol, hanno interessato principalmente due piattaforme (EncroChat e Sky ECC) e si sono snodate attraverso passaggi divenuti noti, negli ingranaggi impiegati, solo in progresso di tempo e tuttora parzialmente coperti da riserbo. Malware appositamente progettati, inoculati su server e pare anche su terminali mobili, hanno premesso di apprendere contenuti e chiavi di decifrazione; il che ha creato le basi per costruire algoritmi idonei a rendere intellegibili gli scambi e consentito di “aggredire” i server, per fagocitare l’intesa massa convogliata, involgente milioni di messaggi e decine di migliaia di utenti dislocati in tutto il mondo [2]. È seguita la frazionata trasmissione del materiale, attraverso i canali dell’assistenza giudiziaria, agli organi investigativi dei Paesi interessati dagli episodi documentati. Alcune Procure italiane, per il tramite di ordini europei, hanno, in tal modo, ottenuto le risultanze delle indagini allogene, divenute indispensabile supporto di numerose ordinanze custodiali, prima, e pronunce di condanna, poi.
La fattispecie, volendola astrarre, è, dunque, quella della messaggistica elettronica raccolta e decrittata all’estero, con metodiche invasive e articolate, nonché su larga scala, e transitata, ricorrendo all’euro-mandato probatorio, nei procedimenti interni.
Evidente è la complessità delle questioni implicate.
La inesorabile deriva tecnologica delle indagini, riflesso di una più generale metamorfosi in senso digitale della società, sta sospingendo sempre più il giurista su terreni dominati da saperi che non gli appartengono, impegnandolo, da novello apprendista, in una fitta trama di «minuziose [continua..]