Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Blackberry ed intercettazioni di comunicazioni trasmesse tramite tecnologia pin to pin


CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONE III, SENTENZA 10 NOVEMBRE 2015, N. 50452 – PRES. FRANCO; REL. ROSI

Il sequestro probatorio di supporti informatici o di documenti informatici, anche detenuti da fornitori di servizi telematici, esclude, di per sé, il concetto di comunicazione e va disposto quando è necessario acquisire al processo documenti a fini di prova, mediante accertamenti che devono essere svolti sui dati in essi contenuti, mentre nel caso di messaggistica con sistema Blackberry è corretto e doveroso acquisirne i contenuti mediante intercettazione ex art. 266 bis c.p.p. e seguenti, atteso che le chat, anche se non contestuali, costituiscono un flusso di comunicazioni. Il fatto che gli utenti intercettati si trovino in Italia, poi, rende non necessario il ricorso alla rogatoria internazionale.

[Omissis]   RITENUTO IN FATTO   1. Con ordinanza del 10 agosto 2015, il Tribunale di Roma, sezione riesame, ha rigettato i ricorsi presentati da […], […], […], […], […] avverso l’ordinanza con cui il g.i.p. presso il Tribunale di Roma aveva applicato la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti degli stessi (e di […], non ricorrente). La misura cautelare della custodia cautelare era stata disposta dal g.i.p. presso il Tribunale di Roma, con ordinanza del 7 luglio 2015, nei confronti dei predetti, in quanto gravemente indiziati dei reati di cui al d.p.r. n. 309 del 1990, artt. 73 e 80 (capi a) b) c) d) e)). Il Tribunale ha rilevato che gli elementi acquisiti costituivano gravi indizi di reità ed erano pertanto idonei a legittimare l’adozione della misura cautelare, giuste le motivazioni dell’ordinanza cautelare, si è inoltre soffermato sulle emergenze probatorie raccolte con riferimento a ciascun capo di imputazione. 2. In particolare, secondo quanto esposto nell’ordinanza impugnata, all’esito di intercettazioni ambientali nell’auto in uso a […]. […], era emerso, che aveva procurato al nipote […] una partita di 10 kg di cocaina (capo a), rivolgendosi allo […] e al […], i quali avevano agito da mediatori. L’ordinanza ha dato conto di una conversazione intercettata tra […], […] e […], in cui si discuteva del prezzo della droga e della quantità fissata in 10 kg per 420.000,00 Euro. Gli interlocutori avevano parlato di prezzi oscillanti tra 41 e 43 mila Euro, alludendo al prezzo al kg. In particolare,[…] e […] procuravano a […] una quantità di droga per farla testare. In seguito […] aveva avvisato telefonicamente il nipote dicendogli che lo avrebbe raggiunto a [Omissis], e confidava a […] che avrebbe chiesto un compenso in denaro al nipote per la mediazione compiuta. Il giorno successivo, la quantità di stupefacenti convenuta veniva consegnata nei pressi di un vivaio sito sulla via [Omissis]. Che l’incontro doveva avvenire per lo scambio del denaro con la droga, risulterebbe secondo i giudici, dal fatto che sull’auto in uso a […] veniva intercettato un dialogo con il nipote […]. Lungo il tragitto i due stavano per essere fermati da una pattuglia per un controllo, e preoccupati per il possibile rinvenimento del denaro portato come corrispettivo per l’acquisto e nascosto nel bracciolo dell’auto, […] si era accordato con il nipote sulla giustificazione da offrire ai carabinieri. Sul luogo convenuto, […] aveva riferito a […] di avere trattenuto 1.500 Euro per la mediazione da ripartire anche con […]. La consegna della droga era stata confermata da altre conversazioni, dalle quali è emersa certamente la presenza di tutti gli indagati (in [continua..]

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