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La funzione interpretativa della giurisprudenza nazionale e comunitaria nella determinazione delle regole che disciplinano il rapporto fra le fonti del diritto hanno inciso profondamente sulla natura del diritto del difensore di astenersi dall’udienza e sulla disciplina applicabile.
A riguardo la Corte di cassazione ha riconosciuto valore vincolante erga omnes al codice di autoregolamentazione relativo alle astensioni dalle udienze da parte degli avvocati stabilendo che al giudice spetta solo di accertare se l’adesione all’astensione sia avvenuta nel rispetto delle regole fissate dalle disposizioni primarie e secondarie.
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Lawyers strike and the right to obtain the postponement of the hearing The interpretative function of national and European jurisprudence in determining the rules governing the relationship between the sources of law had a profound effect on the nature recognized to the defender right of abstention from the hearing and the applicable discipline.
In this regard the Supreme Court has assigned erga omnes binding to the code of self-regulation relating to lawyers abstentions from hearings so that to the judge belongs only to ascertain whether abstention occurred within the rules set by legislation and regulations.
LA QUALIFICAZIONE GIURIDICA DELL’ASTENSIONE
Per lungo tempo si è molto dibattuto sulla natura dell’atto di adesione del difensore all’astensione proclamata dagli organismi rappresentativi della categoria e sulla natura dello stesso.
A seguito di ampi sviluppi argomentativi si è approdati all’affermazione non di una mera facoltà ma di un vero e proprio diritto di rilievo costituzionale. Inizialmente non è mancato chi ha riconosciuto nell’astensione del difensore un esercizio del diritto di sciopero [1]; altri lo hanno ritenuto un diritto di associazione, incontrando anche il favore della Corte costituzionale [2]; e altri ancora lo hanno ricompreso nell’area di esplicazione della libertà di iniziativa economica – e ciò in termini sia di libertà negativa che di libertà di agire – volto a salvaguardare la potenzialità economica della professione [3].
Di assoluta rilevanza restano le indicazioni della sentenza della Corte costituzionale del 16 maggio 1996 n. 171 [4] sulla riconducibilità dell’astensione all’«area, connessa alla libertà di associazione che è oggetto di salvaguardia costituzionale ed è significativamente più estesa rispetto allo sciopero» [5]. In questo ambito è possibile accordare «una generale tutela alle iniziative – le quali si traducano in aggregazioni sociali di varia natura che possono esprimersi anche mediante astensioni collettive dal lavoro – volte a difendere peculiari interessi di categoria, non soltanto economici, e a garantire un corretto esercizio della libertà professionale» [6].
Sul punto la Consulta è intervenuta con una sentenza additiva che ha dichiarato l’incostituzionalità dell’omessa previsione di una disciplina legislativa in materia [7], al fine di un bilanciamento tra il predetto diritto di astensione ed i contrapposti valori costituzionali concernenti l’esercizio di funzioni statali.
LA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE N. 171 DEL 1996
Dichiarando, infatti, l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, commi 1 e 5, l. 12 giugno 1990, n. 146 nella parte in cui lo stesso non prevedeva, nel caso dell’astensione collettiva dall’attività giudiziaria degli avvocati, tra gli altri, l’obbligo di predisporre gli strumenti idonei a individuare e assicurare le prestazioni essenziali, la Corte costituzionale [8] ha affermato la necessità di contemperare la libertà di associazione (art. 18 Cost.), da cui trae riconoscimento il diritto del difensore all’astensione, con gli altri valori costituzionalmente rilevanti. È stata, preliminarmente, ribadita la qualificazione dell’amministrazione della giustizia come servizio pubblico essenziale, volto [continua..]