La Suprema Corte nega, ancora una volta, la possibilità di accedere alla messa alla prova per adulti nei procedimenti che, all’entrata in vigore della l. 28 aprile 2014, n. 67, si trovino pendenti in cassazione. L’Autore, preso spunto dalla pronuncia segnalata, ricostruisce il dibattito giurisprudenziale sull’applicabilità della nuova ipotesi di probation processuale ai processi in corso, in cui i termini per accedere all’istituto siano scaduti prima dell’entrata in vigore della novella.
The absence of intertemporal or transitory discipline for adult's probation: a complex issue between lex mitior and tempus regit actum The Supreme Court denies, once again, the possibility to access to probation for adults in the processes that were pending before the Court of Cassation when the law 28 April 2014, n. 67 came into force. After the description of the judgment, the author reconstructs the jurisprudential debate about the applicability of the new hypothesis of probation in the pending processes, in which the terms for access to the institute have expired before the new law came into force.
IL CASO
Con la decisione qui segnalata la Cassazione si pronuncia sulla possibilità di accedere all’istituto della messa alla prova per adulti, recentemente introdotto nell’ordinamento con il capo II della l. 28 aprile 2014, n. 67 [1], nei giudizi che, al momento dell’entrata in vigore della novella, si ritrovino pendenti dinanzi alla Suprema Corte o, più in generale, in fase d’impugnazione.
Nel caso di specie, la difesa di un imputato, dopo aver proposto ricorso in cassazione per altri motivi, presentava una memoria difensiva, in cui chiedeva che l’assistito fosse ammesso ad accedere alla sopravvenuta ipotesi di messa alla prova.
Dal canto suo, la quarta Sezione rigetta tale richiesta, motivando la decisione sul punto tramite il solo richiamo testuale alle argomentazioni già sostenute in una pronuncia della Sezione Feriale di fine luglio 2014.
Già questo aspetto permette di intuire come la sentenza qui segnalata faccia parte di un quadro giurisprudenziale in realtà assai articolato, che si coglie, quindi, l’occasione di analizzare nella sua compiutezza.
LA PROBLEMATICA DI FONDO: UN ISTITUTO “IBRIDO” PRIVO DI NORME INTERTEMPORALI O TRANSITORIE
È trascorso oramai un anno da quando il legislatore ha introdotto nel sistema della giustizia penale ordinaria la sospensione del procedimento con messa alla prova, già in precedenza previsto per la giustizia penale minorile [2].
In questo breve arco temporale, la questione che ha provocato maggiori discussioni in dottrina e giurisprudenza concerne proprio la problematica affrontata dalla decisione qui pubblicata, ovvero la possibilità di applicare il nuovo istituto ai giudizi pendenti che, all’entrata in vigore della novella (17 maggio 2014), avessero già superato i termini, previsti dal nuovo art. 464-bis, comma 2, c.p.p. [3] per presentare la richiesta di messa alla prova [4].
Com’è noto, tale problematica si è posta in quanto il legislatore, nell’introdurre questa nuova forma di “probation processuale”, pur creando un istituto di natura “ibrida” [5] – in parte disciplinato all’interno del codice penale, come nuova causa di estinzione del reato e in parte nel codice di procedura penale, come nuovo procedimento speciale –, non ha dettato [6] alcuna disposizione di diritto intertemporale o transitorio [7], diretta a regolare chiaramente l’applicazione della messa alla prova ai giudizi in corso.
Tale scelta si differenzia rispetto a quanto a suo tempo previsto al momento dell’introduzione della messa alla prova a carico degli imputati minorenni. In quell’occasione, infatti, l’art. 30, comma 2 del d.lgs., 28 luglio 1989, n. 272 aveva configurato una specifica disciplina intertemporale, secondo cui le nuove disposizioni dovevano applicarsi [continua..]