Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Abolitio criminis successiva al patteggiamento e poteri della Corte di Cassazione


CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONE II, SENTENZA 5 SETTEMBRE 2017, N. 40259 – PRES. DIOTALLEVI; REL. RECCHIONE

L’abolitio criminis di uno dei reati oggetto di “patteggiamento”, intervenuta successivamente all’emissione di una sentenza su pena concordata, nelle more del procedimento in cassazione, impone l’annullamento della decisione senza rinvio per una nuova valutazione delle parti.

> < [Omissis] RITENUTO IN FATTO 1. Il Tribunale di Torino applicava all’imputato la pena concordata dalle parti per i reati di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, art. 648 c.p. e artt. 337,582 c.p., nonché per quello previsto dall’art. 116 C.d.S., commi 15 e 17. 2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore dell’imputato che deduceva: 2.1. vizio di legge: mancherebbe la prova della riconducibilità del denaro sequestrato alla attività di spaccio, con conseguente illegittimità della confisca; 2.2. vizio di legge: la pena applicata sarebbe illegale perché prevedeva l’aumento per la continuazione per il reato di guida senza patente che non è più previsto dalla legge come reato. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è fondato. 1.1. In materia di individuazione dei poteri della Cassazione, quando la stessa è chiamata a valutare a legittimità di una sentenza su pena concordata quando per uno dei reati per cui è stato ratificato l’accordo sia intervenuta, come nel caso di specie, una abolitio criminis il collegio condivide la giurisprudenza secondo cui il venir meno di uno dei termini essenziali del contenuto dell’accordo che ha portato al patteggiamento travolge l’intero provvedimento e impone l’annullamento della sentenza per una nuova valutazione delle parti (Cass. sez. 4 n. 47287 dell’8/11/2012, Rv 253922; Cass. sez. 3 n. 40522 del 30/04/2015, Rv 265499). Il collegio non ignora il diverso orientamento secondo cui qualora, nelle more del giudizio di cassazione, sia sopravvenuta per uno di essi l’abolitio criminis, la Corte deve procedere allo scomputo della pena applicata per il reato abrogato, ritenendo che tale poteri spetti al giudice che dichiara l’abrogatio criminis e che, con riguardo al giudizio di cassazione è riconducibile ai poteri concessi al giudice di legittimità dall’art. 619 c.p.p., comma 3, per la quale la S.C. ha il potere di rettificare la specie o la quantità della pena quando ciò derivi dall’applicazione di legge più favorevole all’imputato, ancorché sopravvenuta alla proposizione del ricorso, sempre che non siano necessari nuovi accertamenti di fatto (Cass. sez. 5 n. 41676 del 04/05/2016, Rv. 268454; Cass. sez. 6, n. 356 del 15/12/1999, El Quaret, Rv. 215286). Tale ultimo orientamento si fonda sulla ritenuta “prevedibilità” dell’evento abolitivo i cui effetti dovrebbero essere gestiti dal giudice che dichiara l’estinzione del reato attraverso lo scomputo della relativa pena. Premesso che tale eventuale scomputo si configura possibile solo nei casi in cui la pena base non sia stata determinata proprio con riferimento al reato abolito, il collegio ritiene, piuttosto, che l’abolizione incida in modo imprevedibile e significativo sull’accordo [continua..]

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Fascicolo 2 - 2018