argomento: decisioni in contrasto - impugnazioni

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In relazione alla impugnabilità del provvedimento di rigetto all’accesso ai programmi di giustizia riparativa, si stanno delineando orientamenti contrastanti. Una giurisprudenza esclude in radice l’ammissibilità del ricorso per cassazione nei confronti del provvedimento con cui il giudice nega al richiedente l'accesso ai programmi di giustizia riparativa, ai sensi dell'art 129 bis c.p.p., non avendo il provvedimento natura giurisdizionale (Cass. sez. II, 14 febbraio 2024, n. 6595). In altra pronuncia la Corte di cassazione ha invece affermato che l'ordinanza reiettiva della richiesta di accesso ai programmi di giustizia riparativa di cui all'art. 129 bis c.p.p., emessa durante il compimento degli atti preliminari o nel corso del dibattimento, può essere impugnata ex art. 586, comma 1 c.p.p. congiuntamente alla sentenza, a condizione che la richiesta risulti avanzata dall'imputato e riguardi i reati procedibili a querela suscettibile di remissione, trattandosi del solo caso in cui il suo eventuale accoglimento determina la sospensione del processo (Cass. sez. III, 7 giugno 2024, n. 33152). La sentenza in esame condivide tale orientamento, pur giungendo a conclusioni in parte diverse: non solo, infatti, riconosce che le caratteristiche dell'ordinanza conducono ad una sua necessitata impugnabilità, sia pure differita, ai sensi dell'art 586 c.p.p. - impugnabilità peraltro prevista espressamente nella raccomandazione del Consiglio d'Europa per i provvedimenti in materia di giustizia riparativa (CM/Rec. 2018-8§33) -, ma ritiene anche l'ordinanza di mancato invio al programma di giustizia riparativa ricorribile per cassazione, unitamente alla sentenza conclusiva del giudizio ex art. 586 c.p.p., senza alcuna distinzione tra reati procedibili a querela rimettibili e reati procedibili d'ufficio.