argomento: decisioni in contrasto - misure cautelari
» visualizza: il documento (Cass., sez. I, 30 maggio 2024, n. 21164)Articoli Correlati: Misura cautelare coercitiva - art. 300, comma 5, c.p.p. - mezzo di impugnazione - riesame - appello cautelare
L’ordinanza in commento evidenzia un contrasto in ordine all’individuazione del mezzo previsto dall'ordinamento processuale per impugnare il provvedimento cautelare emesso ai sensi dell'art 300, comma 5, c.p.p. allorquando l'imputato già prosciolto, sia successivamente condannato per lo stesso fatto, e il giudice procedente abbia disposto nei suoi confronti la misura coercitiva stessa, avendo ritenuto sussistenti le esigenze cautelari ex art 274 comma uno lett. b) o c) c.p.p.
Secondo un primo orientamento l'ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere, previamente revocata a seguito di assoluzione e nuovamente adottata a seguito di condanna in sede di appello, è impugnabile con l'appello ai sensi dell’art. 310 c.p.p. in quanto permane il legame tra il provvedimento caducato e quello sopravvenuto: infatti la misura che ha perduto efficacia per effetto della sentenza assolutoria di primo grado non viene eliminata del tutto, cosicché la riforma della sentenza assolutoria in appello ne comporta la reviviscenza (Cass. sez. V, 5 luglio 2011, n. 32852; Cass. sez. I, 12 febbraio 2002, n. 23061). Secondo una diversa lettura, la misura caducata o comunque divenuta inefficace è da ritenersi come mai esistita, e dunque tamquam non esset, con l'effetto che l'eventuale misura reiterativa, in quanto essa stessa “ordinanza che dispone una misura coercitiva” è da assoggettarsi alla richiesta di riesame prevista dall'art 309 c.p.p. (Cass. sez. VI, 8 marzo 1999, n. 842; pur senza affrontare esplicitamente il tema dell’ammissibilità del mezzo, in altri procedimenti la Corte di cassazione si è pronunciata sull’emissione ordinanza applicativa della misura coercitiva ex art. 300, comma 5, c.p.p. impugnata con richiesta di riesame: Cass. sez. I, 26 novembre 2019, dep. 2020, n. 6176; Cass. sez. I,17 marzo 2016, n. 35468; Cass. sez. I, 5 marzo 2003, dep. 2004, n. 7642).
La necessità di comporre il contrasto interpretativo, particolarmente sentita per il fatto che la questione riguarda l'individuazione del corretto mezzo impugnatorio in materia incidente sulla libertà personale dell'imputato, ha indotto la Corte di Cassazione a rimettere alle Sezioni Unite con l’ordinanza in commento la seguente questione: se l'imputato - nei confronti del quale sia stata emessa ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere che ha perso efficacia a causa del proscioglimento pronunciato all'esito del giudizio di primo grado - debba impugnare con l'istanza di riesame ovvero con l'appello cautelare l'ordinanza con la quale si è disposta la custodia cautelare in carcere, ai sensi dell'art 300, comma 5, c.p.p. emessa a seguito di successiva condanna pronunciata all'esito del giudizio di appello.