argomento: corti europee - azione/indagini preliminari
» visualizza: il documento (Corte di giustizia dell'Unione europea, 26 gennaio 2023, V.S.)Articoli Correlati: raccolta di dati biometrici e genetici - indagini preliminari - diritto alla privacy
La sentenza in massima è l'occasione per la Corte di esprimere i seguenti principi di diritto in materia di rapporti tra processo penale e tutela della riservatezza dei dati personali.
1) L’articolo 10, lettera a), della direttiva (UE) 2016/680 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativa alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali da parte delle autorità competenti a fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la decisione quadro 2008/977/GAI del Consiglio, letto alla luce dell’articolo 52 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, deve essere interpretato nel senso che: il trattamento di dati biometrici e genetici da parte delle autorità di polizia per le loro attività di ricerca, a fini di lotta contro la criminalità e di tutela dell’ordine pubblico, è autorizzato dal diritto dello Stato membro, ai sensi dell’articolo 10, lettera a), di tale direttiva, se il diritto di tale Stato membro contiene una base giuridica sufficientemente chiara e precisa per autorizzare detto trattamento. La circostanza che l’atto legislativo nazionale contenente una simile base giuridica faccia, inoltre, riferimento al regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati), e non alla direttiva 2016/680, non è di per sé idonea a rimettere in discussione l’esistenza di una simile autorizzazione, purché dall’interpretazione di tutte le disposizioni applicabili del diritto nazionale risulti in modo sufficientemente chiaro, preciso e inequivocabile che il trattamento di dati biometrici e genetici in questione rientra nell’ambito di applicazione di tale direttiva, e non di tale regolamento.
2) L’articolo 6, lettera a), della direttiva 2016/680 nonché gli articoli 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea devono essere interpretati nel senso che: essi non ostano a una normativa nazionale che prevede che, in caso di rifiuto della persona formalmente accusata di un reato doloso perseguibile d’ufficio di cooperare spontaneamente alla raccolta dei dati biometrici e genetici che la riguardano, ai fini della loro registrazione, il giudice penale competente è tenuto ad autorizzare una misura di esecuzione coercitiva di tale raccolta, senza avere il potere di valutare se sussistano fondati motivi per ritenere che l’interessato abbia commesso il reato di cui è formalmente accusato, purché il diritto nazionale garantisca successivamente il controllo giurisdizionale effettivo delle condizioni di tale messa in stato di accusa formale, da cui risulta l’autorizzazione a procedere a detta raccolta.
3) L’articolo 10 della direttiva 2016/680, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 1, lettere da a) a c), nonché con l’articolo 8, paragrafi 1 e 2, di tale direttiva, deve essere interpretato nel senso che: esso osta a una normativa nazionale che prevede la raccolta sistematica di dati biometrici e genetici di qualsiasi persona formalmente accusata di un reato doloso perseguibile d’ufficio, ai fini della loro registrazione, senza prevedere l’obbligo, per l’autorità competente, di verificare e di dimostrare, da un lato, che tale raccolta è strettamente necessaria per il raggiungimento dei concreti obiettivi perseguiti e, dall’altro, che tali obiettivi non possono essere raggiunti mediante misure che costituiscono un’ingerenza meno grave nei diritti e nelle libertà della persona interessata.