argomento: corti europee - esecuzione/trattamento carcerario
» visualizza: il documento (Corte e.d.u. 2 giugno 2020, N. T. c. Russia)Articoli Correlati: ergastolo - misure lesive della dignità umana e del principio di riabilitazione da applicare anche ai condannati a vita anche
Il ricorrente, condannato all’ergastolo da un tribunale russo, denuncia a Strasburgo il particolare rigore del regime detentivo patito in carcere, tradottosi, a suo dire, nei trattamenti inumani e degradanti oggetto del divieto sancito dall’art. 3 Cedu. Il codice penale della Federazione russa prevede che i condannati a vita siano ospitati in apposite colonie correzionali a regime speciale, nelle quali, durante i primi dieci anni di esecuzione della condanna, vengono sottoposti ad un trattamento carcerario estremamente “duro”, comprensivo di restrizioni di tipo fisico (uso della forza o mezzi di contenzione come le manette, in situazioni di grave emergenza oppure di resistenza o di rifiuto ad eseguire gli ordine; solo novanta minuti di esercizio all’aperto), e di limitazioni sia di contatto con il mondo esterno, sia di spesa nell’acquisto di cibo o altri generi di prima necessità. In aggiunta a queste già gravi condizioni e a celle prive di rete idrica e sistema fognario, il ricorrente veniva sistematicamente ammanettato ogniqualvolta uscisse all’aperto, persino in occasione dell’approvvigionamento dell’acqua, senza che ne ricorressero i presupposti o fosse mai stato punito per cattiva condotta. Sulla base dei principi ispiratori del Regolamento penitenziario europeo e delle Raccomandazioni del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa relativamente alla gestione dei detenuti condannati all’ergastolo, a lungo termine e dei trasgressori pericolosi, e dei successivi approdi giurisprudenziali, i Giudici ritengono il metodo e le modalità esecutive della reclusione scontata dal ricorrente quasi sempre in isolamento e senza svolgere alcuna attività lavorativa o ricreativa, in stridente contrasto con il valore fondamentale di cui all’art. 3 Cedu, che vieta in termini assoluti e a prescindere dalle circostanze e dal comportamento della vittima, ogni misura lesiva della dignità umana e contraria al principio di riabilitazione, pienamente applicabile anche ai detenuti a vita, cui dovrebbe garantirsi, pertanto, una prospettiva di rilascio. Nonostante gli sforzi compiuti dallo Stato convenuto per allinearsi ai dettami convenzionali, i Giudici a fronte del carattere sistemico e strutturale della situazione carceraria dei detenuti ergastolani nei primi dieci anni di reclusione, disciplinata dal Codice per l’esecuzione delle sentenze penali, richiamano la Federazione russa all’adempimento degli obblighi derivanti dall’art. 46 Cedu, sollecitando una ulteriore riforma del quadro normativo esistente.