Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Sezioni unite (di Teresa Alesci)


LA MANCATA COMPARIZIONE DELLA PERSONA OFFESA NEL PROCESSO INNANZI AL GIUDICE DI PACE NON IMPEDISCE LA DICHIARAZIONE DI IMPROCEDIBILITÀ DELL’AZIONE PENALE PER PARTICOLARE TENUITÀ DEL FATTO (Cass., sez. un., 27 ottobre 2015, n. 43264) Le Sezioni Unite si sono pronunciate sulla irrilevanza, dopo l’esercizio dell’azione penale, della mancata comparizione in dibattimento della persona offesa ai fini dell’abilitazione del giudice di pace a valutare la sussistenza dei presupposti per la definizione del procedimento per particolare tenuità del fatto. La Quinta sezione, assegnataria del ricorso, ha riscontrato un contrasto giurisprudenziale sulla interpretazione dell’art. 34, d.lgs. 274 del 2000, secondo cui, dopo l’esercizio dell’azione penale, la particolare tenuità del fatto può essere dichiarata con sentenza solo se l’imputato e la persona offesa non si oppongono. Un primo orientamento, sostenuto dalla Sezione rimettente, ritiene che la mancata comparizione della persona offesa in udienza non può essere interpretata come volontà di non opposizione rispetto ad un’eventuale valutazione del giudice sulla particolare tenuità del fatto (Cass., sez. V, 21 settembre 2012, n. 49781), poiché l’assenza in giudizio costituisce un fatto neutro e privo di rilevanza (Cass., sez. V, 09 luglio 2013, n. 33763). D’altro canto, la volontà della persona offesa di non opporsi può derivare anche da fatti sintomatici, purché essi siano univoci, ovvero rilevatori di una volontà non ostativa a tale esito liberatorio (Cass., sez. V, 7 maggio 2009, n. 33689; Cass., sez. V, 26 marzo 2014, n. 17965). Secondo un diverso indirizzo interpretativo la decisione della persona offesa di non comparire in giudizio, allorché regolarmente citata o irreperibile e, dunque, nelle condizioni di esprimere la sua volontà, implica la rinuncia all’esercizio di tutte le facoltà processuali previste dalla legge e non impedisce al giudice di valutare la sussistenza dei presupposti considerati dall’art. 34, comma 1, d.lgs. cit. (Cass., sez. V, 5 dicembre 2008, n. 9700). Di conseguenza, l’opposizione di cui al co. 3, deve concretarsi in una volontà di opinione necessariamente espressa, non potendosi desumere da atti o comportamenti che non abbiano il carattere di una formale ed inequivoca manifestazione di volontà (Cass., sez. II, 13 maggio 2014, n. 37525). Preliminarmente le Sezioni Unite distinguono la tenuità del fatto, prevista nel processo minorile, quale causa di improcedibilità dell’azione, dal nuovo istituto recentemente inserito nel processo penale ordinario con d.lgs. 18 marzo 2015, n. 28, che ha introdotto l’art. 131-bis cod. pen., quale causa di non punibilità. Ad avviso della Suprema corte, i due istituti, che valorizzano in senso [continua..]

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Fascicolo 1 - 2016