Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

indietro

stampa articolo leggi articolo leggi fascicolo


Corti Europee (di Amalia Cavallo)


LIMITAZIONI DEL DIRITTO ALLA VITA PRIVATA E FAMILIARE (Corte e.d.u., 21 aprile 2015, Kubiak c. Polonia) L’art. 8 Cedu, deputato alla tutela del diritto alla vita privata e familiare, del domicilio e della corrispondenza, non esclude tout court l’intervento limitativo di un’autorità pubblica, bensì lo condiziona al duplice presupposto dell’esistenza di una espressa previsione di legge e della “necessità in una società democratica”, in vista del perseguimento di superiori fini (sicurezza nazionale, benessere economico del Paese, prevenzione dei reati, protezione della salute, della morale, dei diritti e delle libertà altrui). Allo Stato spetta perciò un certo margine di apprezzamento, cui è ricollegato in ogni caso un imprescindibile obbligo di motivazione; quest’ultimo argomento assume poi ancor più valore se si tratta di soggetti sui generis come i carcerati, già di per sé detentori di diritti e libertà “compressi”. L’istanza del ricorrente Kubiak, respinta dalla Corte europea, inerisce la supposta lesione ad opera dello Stato polacco del suo diritto a lasciare momentaneamente il carcere per presenziare al funerale della nonna. Nel caso di specie, il responso dei giudici strasburghesi non si spiega sulla base del mero rilievo dell’insussistenza di un’effettiva violazione, da parte delle autorità statali, del diritto del detenuto al rispetto della propria vita privata e familiare. Estrapolando il fatto dal più ampio contesto di riferimento, una lesione sembrerebbe essere anzi pacificamente ravvisabile: il provvedimento di diniego, in realtà, costituisce solitamente l’extrema ratio in assenza di altre strade praticabili, considerato che un modo per assicurare l’uscita controllata del detenuto per brevi periodi nonché il suo ritorno in sicurezza al penitenziario, di norma, esiste sempre. Analizzando le eccezioni proposte dal Governo, tuttavia, ben si comprende come le autorità nazionali incaricate della concessione del permesso non siano state materialmente poste in condizione di farlo, a causa di un ritardo nelle comunicazioni attribuibile unicamente ai parenti del recluso (avvisato il giorno precedente a quello fissato per il rito) e non, invece, alle competenti strutture carcerarie, solerti nella trasmissione della richiesta. Non solo, poi, la notizia tardiva della morte della nonna non aveva lasciato il tempo necessario all’approntamento di un servizio di scorta, ma – ciò che più conta – Kubiak risultava detenuto a seguito di una condanna per omicidio e la sua condotta carceraria fino a quel momento non era stata affatto irreprensibile. L’allontanamento dall’isti­tuto, se pure temporaneo e per gravi motivi, appariva dunque veramente troppo rischioso. Preso atto di tutti questi [continua..]

» Per l'intero contenuto effettuare il login

inizio


Fascicolo 4 - 2015