Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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PNRR e riforma della giustizia penale: prospettive e limiti (di Raffaele Tecce, Ricercatore di Diritto processuale penale – Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”)


Il PNRR è diretto a colmare i divari strutturali che il Paese registra rispetto alla media dell’UE, in punto di livelli di produttività ed investimenti nazionali e transfrontalieri, anche con riferimento al settore giustizia. Il rischio è che sta lentamente dissolvendosi l’idea di un sistema di tutela, in favore di un sistema punitivo e sbrigativo, che punti più alla quantità, che alla qualità delle sentenze.

PNRR and criminal justice reform: perspectives and limits

The PNRR is aimed at bridging the structural gaps that the country has compared to the EU average, in terms of national and cross-border productivity and investment levels, also with reference to the justice sector. The risk is that the idea of a protection system is slowly dissolving, in favor of a punitive and hasty system, which focuses more on the quantity than on the quality of the sentences.

Keywords: PNRR – criminal justice

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SOMMARIO:

1. Premessa - 2. Contesto socio-economico e riforma della giustizia - 3. Le proposte di riforma - 4. Il fattore tempo e l’Ufficio del processo: innovazione o involuzione? - 5. Gli altri interventi previsti - 6. Riforma della giustizia: da trincea a terreno di convergenza - NOTE


1. Premessa

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è un programma di ripartizione delle risorse del cosiddetto “Recovery fund”. Un pacchetto da 750 miliardi di euro stanziati dall’Unione europea, da dividere tra i diversi Stati membri, sulla base dell’incidenza che il Covid-19 ha avuto su ciascuna economia interna. Dunque, un programma di investimenti che nasce con la chiara intenzione di risollevare le sorti delle Nazioni fortemente provate da una crisi sanitaria che non ha risparmiato vittime, in nessun campo. In Italia, il Piano ha visto una prima stesura nel 2020 a firma del Presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte, ed una successiva, ad opera dell’attuale esecutivo, presieduto da Mario Draghi. Approvato il 27 aprile della Camera dei Deputati e dal Senato della Repubblica, ora in attesa del vaglio della Commissione Europea, il Piano nasce dall’esigenza di “rialzare” la nostra Nazione, storicamente a spiccata vocazione manifatturiera, reduce da un’insufficiente crescita economica, acuitasi dalla crisi finanziaria globale del 2008, prima, e dalla crisi del debito dell’area euro, poi. Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza: scelta etimologica da non trascurare. Resilienza è, difatti, nel linguaggio psicologico, la capacità dell’individuo di adattarsi in maniera positiva ad una condizione negativa e traumatica. L’obiettivo è, quindi, di supportare la ripresa e la capacità di adattamento e utilizzare i fondi stanziati dall’Ue nell’ambito del programma Next Generation EU. Difatti, sulla scorta dell’impellente necessità di ripresa economica e sociale del Paese, il progetto si compone di un ambizioso piano di riforme di contesto, che prende le mosse dalla necessità di risanare e sviluppare il potenziale di crescita dell’economia interna, sostenendo la digital transformation, anche e soprattutto nella pubblica amministrazione, con particolare attenzione al reparto giustizia, da attualizzare, in particolare, mediante semplificazione della legislazione e snellimento dei processi. Eppure, nonostante le auliche intenzioni e le generose aspettative, il progetto non pare sostenuto da una piena consapevolezza dei mezzi a disposizione. L’intenzione di riformare il riparto giustizia è meritoria, la digitalizzazione della pubblica amministrazione lo è parimenti, ma i mezzi di cui sono dotati gli [continua ..]


2. Contesto socio-economico e riforma della giustizia

Connubio di riforme strategiche, finalizzate a migliorare le condizioni regolatorie ed ordinamentali di settore [2], il PNRR è diretto a colmare i divari strutturali che il Paese registra rispetto alla media del­l’UE, in punto di livelli di produttività ed investimenti [3] nazionali e transfrontalieri, anche con riferimento al settore giustizia. La pandemia ha colpito duramente l’Italia, già provata da un passato economico critico e tribolato. Notevoli sono state le ripercussioni sul benessere dei cittadini, vedendo inasprirsi disuguaglianze sociali, territoriali e di genere che, da sempre, incidono sulla comunità e favoriscono una massiccia migrazione di giovani, altamente qualificati, dal Paese. Dai primi anni duemila, la crescita del PIL è risultata nettamente inferiore alla media dei Paesi avanzati, in corrispondenza di un basso incremento della produttività [4]. Tra le cause ci sarebbe l’incapacità di cogliere le opportunità della digitalizzazione, sia per l’inidoneità delle infrastrutture, sia per l’inabi­lità dell’organico che la occupa, fortemente ancorato all’idea dell’analogico e restio ad abbandonare gli strumenti tradizionali [5]. Una scarsa familiarità con le tecnologie digitali che caratterizza anche il settore pubblico, compreso quello della giustizia, la cui debolezza ha inficiato, non poco, il processo produttivo italiano ed il cui personale, irrigidito da inerzia e ritrosia nei confronti della digitalizzazione, ha sostanzialmente contribuito ad una decelerazione della crescita economico-finanziaria della nazione. Lo dimostra, dopotutto, lo “stupore” dei lavoratori italiani che, colti di sorpresa, hanno dovuto aprire le porte ad una “nuova” modalità di lavoro, lo smart working; pratica lavorativa che nei Paesi europei trovava, già prima della pandemia, un riferimento normativo [6]. Il rallentamento nella digitalizzazione ha fortemente inficiato il comparto giustizia, che, nonostante i progressi degli ultimi anni, è ancora inevitabilmente condizionato da eccessivi ritardi; come documentato nell’ultima relazione di inaugurazione dell’anno giudiziario, la sola sezione tributaria presenta una pendenza, al 2019, di 52.540 procedimenti, mentre tutte le altre sezioni ordinarie civili assieme hanno un arretrato di 51.583 [continua ..]


3. Le proposte di riforma

Uno degli elementi che incide negativamente sul potenziale di crescita dell’Italia, stando a quanto ampiamente argomentato nelle proposte del Piano, è la lungaggine processuale, dettata da tempi tecnici necessari alla celebrazione dei processi. Lentezza che incide sulla percezione della qualità della giustizia resa nelle aule giudiziarie e ne offusca inevitabilmente il valore. La soluzione, proposta dall’esecutivo, è rappresentata dalla riorganizzazione, in chiave digitale, della struttura giurisdizionale, che contribuisca a velocizzare gli arretrati e che snellisca l’andamento dei procedimenti, anche implementando l’organigramma di nuove figure. Il PNRR persegue, infatti, l’obiettivo di realizzare un ordinamento giuridico più moderno ed attra­ente, attraverso tre azioni principali: 1) la riduzione della durata del processo civile e del processo penale; 2) la revisione del codice civile; 3) la riforma del diritto societario, anche per uniformare la governance societaria agli standard UE, e della disciplina della crisi d’impresa [9]. Che la si voglia intendere alla ulpiana memoria del suum cuique tribuere o alla formalistica versione kelseniana, per cui ognuno è titolare di un qualcosa che ciascun altro ha il dovere incondizionato di riconoscergli, la giustizia postula la consapevolezza del dovere di riconoscere le ragioni di ogni essere umano e di operare per la loro realizzazione, il cui esercizio si erge su una struttura organizzata e basata su un costante bilanciamento di principi, i cui confini sono tanto definiti quanto labili. Il sistema di giustizia italiana se, per un verso, vanta, o dovrebbe vantare, solide garanzie di autonomia ed indipendenza, dall’altro soffre di un radicato problema, insito nell’innegabile lentezza. Secon­do la nota massima per cui “giustizia ritardata è giustizia denegata”, la criticità, legata al fattore tempo, è stata la musa ispiratrice del PNRR, che, anche sulla scorta delle Country Specific Raccomandation, indirizzate al nostro Paese negli anni 2019 e 2020 dalla Commissione Europea, pone il focus sul tema dell’efficienza. Nella stesura dell’esecutivo Conte, le principali direttrici riguardavano la piena attuazione dell’Uf­ficio del Processo, con particolare monito al settore civile, maggiormente gravato da arretrati, ed il rapido smaltimento del contenzioso [continua ..]


4. Il fattore tempo e l’Ufficio del processo: innovazione o involuzione?

Comune denominatore delle proposte del PNRR, sia nella prima stesura dell’esecutivo Conte che in quella poi effettivamente varata, è il rafforzamento dell’Ufficio del processo, già introdotto, in via sperimentale, dal d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 (c.d. decreto sviluppo bis), recante ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221 ed aggiornato con la manovra correttiva 2017 [13]. Il fine è garantire la ragionevole durata del processo, attraverso l’inno­vazione dei modelli organizzativi ed assicurando un più efficiente e consapevole impiego di tecnologie all’interno delle strutture e degli uffici giudiziari. Istituito presso le corti di appello ed i tribunali ordinari, null’altro è che un’implementazione del­l’or­ganico, un ampliamento del personale di cancelleria, di giudici ausiliari e di coloro che svolgono, presso i detti uffici, il tirocinio formativo a norma dell’art. 73 d.l. 21 giugno 2013, n. 69. Benché non nato in concomitanza del Piano nazionale di ripresa e resilienza, l’ufficio per il processo è certamente l’innovazione fondamentale, sul piano organizzativo, del reparto giustizia; obiettivo, tra l’altro, prefissato dalla prima delle missions di cui si compone il progetto di ripresa. L’idea madre è quella, in sostanza, di dotare gli uffici giudiziari di personale a supporto e assistenza della funzione giurisdizionale dei magistrati, che svolgeranno attività di ricerca dottrinale e dei precedenti giurisprudenziali, stesura di relazioni, massimizzazione di sentenze, collaborazione attiva e diretta con il magistrato per la preparazione dell’udienza. Così impostato, ha le sembianze di un progetto di miglioramento del servizio di giustizia, che partendo da prassi virtuose di revisione dei modelli organizzativi del lavoro del magistrato e delle cancellerie, permetterebbe di sostenere l’innovazione negli uffici giudiziari [14], coadiuvando, attivamente, l’operato dei magistrati, alleggerendone il carico lavorativo. L’esercizio interpretativo lascia, tuttavia, spazio ad un sistema tutt’altro che aderente ai principi base dell’ordinamento. In particolare, secondo nella bozza “Conte”, l’Ufficio era inteso quale forma di collaborazione integrata, attraverso il quale i [continua ..]


5. Gli altri interventi previsti

Le altre proposte del PNRR riguardano la digitalizzazione del processo penale e un importante piano di assunzioni nel settore [21]. Il Piano, fatto di riforme e di investimenti, è accompagnato da un corposo progetto di modernizzazione dei processi della pubblica amministrazione, compreso quello del settore giustizia, in cui appare chiaro il richiamo – che vuol forse essere anche un ammonimento – alla necessità di non perdere altro tempo quando ci si riferisce a misure di innovazione nel pubblico. Non è forse un caso che la prima missione è riservata proprio ai processi di digitalizzazione, che sono garanti di innovazione e competitività in ogni settore. Voglia ricordarsi che parlare di digitalizzazione non è affatto una novità; quello che da circa un decennio è definito “processo di digitalizzazione” [22] non può essere più inteso come un qualcosa che si affianca alle normali procedure di innovazione, ma ne deve costituirne l’essenza; la digitalizzazione deve imporsi, dunque, come sinonimo di rigenerazione, valorizzazione e competizione in tutti i settori. Come è noto, a partire dalla pubblica amministrazione, invero, ogni settore registra una “falla di sistema”, che trova fondamento nella mancata modernizzazione della struttura operativa fino ad arrivare alla limitata diffusione di competenze digitali, alla scarsa adozione di tecnologie avanzate. L’Italia, non a caso, si posiziona al 25esimo posto in Europa come livello di digitalizzazione e volendo circoscrivere il danno all’ambito di nostro interesse, a pagarne le spese sono la capacità e la trasparenza dell’azione amministrativa. Tale limite, ovviamente, riguarda anche e soprattutto il comparto giustizia. L’idea che traspare dalle intenzioni dell’esecutivo è quello di creare un armonico sistema per svecchiare l’amministrazione pubblica, irrobustire competenze digitali e sistema educativo. Sotto la diretta responsabilità del ministro per l’innovazione tecnologica, ci sono circa 13 miliardi da investire sulle infrastrutture e sulla digitalizzazione della PA, compreso il settore della giustizia, con l’obiettivo di ribaltarne la tipica narrativa, che rallenta il sistema, ostacolando, così, anche la competitività delle imprese [23]. È chiaro, tuttavia, come non possa in alcun [continua ..]


6. Riforma della giustizia: da trincea a terreno di convergenza

Lo spirito del Piano rischia di deviare l’attenzione del legislatore, che si sta già occupando della riforma del processo penale [24], dai principi cardine del sistema ad obiettivi di mera speditezza, dalla qualità giuridica dei provvedimenti alla quantità delle sentenze, dalla durata ragionevole alla celerità tout court. Se è innegabile la gravità della situazione che attanaglia la giustizia italiana, in ogni ambito e settore, assumere che il problema sia la sola lungaggine processuale (da sistemare, peraltro, con l’imple­mentazione dell’organico) rischia, tuttavia, di trascurare quelli che sono, realmente, i vuoti del sistema. Dopotutto, che le assunzioni di personale non siano la risposta all’annosa problematica che ci riguarda lo dimostrano gli effetti, pressoché inconcludenti, della riforma (Legge 28 aprile 2016 n. 57) della magistratura onoraria [25]. Soggetti inizialmente previsti in funzione di supplenza della magistratura professione proprio a causa dell’emergenza in cui versavano gli uffici giudiziari, i magistrati onorari (got, goa e vpo), sono diventati stabili ed indispensabili figure, entrate, a pieno regime, nell’organigramma della magistratura [26]. Pur ribadendo la temporaneità del loro incarico, stante il limite previsto dall’art. 102 Cost., ad oggi, non si sono ancora visti i risultati della loro attiva partecipazione nella magistratura; anzi, come rappresentato, le pendenze giudiziarie sono decisamente notevoli. Deve essere chiaro, dunque, che maggiore quantità non significa sempre migliore qualità, ma, spesso, l’opposto. Una riforma in tal senso, oltre a rendere maggiore il divario tra equo processo e no, danneggerebbe non tanto i magistrati, quanto i cittadini che vedrebbero, nella sostanza, diminuite le loro legittime aspettative in coloro i quali rappresentano ed affermano il valore della giustizia. È innegabile che l’obiettivo principale del legislatore, tradotto nel Piano, è quello di ridurre gli arretrati, tagliare i tempi dei processi civile del 40% e quelli penali del 25%. Tutto si gioca sul fattore tempo, da sempre il principale problema. Ma è davvero il tempo il nemico della giustizia? Piuttosto, sarebbe opportuno accettare l’idea che il sistema, con le tutele annesse e connesse, non è statico, ma necessariamente dinamico, in quanto fortemente [continua ..]


NOTE
Fascicolo 4 - 2021