Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Convalida obbligatoria per la perquisizione di polizia autorizzata oralmente (di Giorgia Padua, Dottoranda di ricerca in Diritto Pubblico (indirizzo penalistico) – Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”)


La sentenza n. 252 del 2020 della Corte costituzionale, con cui è stato dichiarato illegittimo l’art. 103, comma 3, T.U. stupefacenti, nella parte in cui non prevede che anche le perquisizioni personali e domiciliari autorizzate per telefono debbano essere convalidate, offre un’occasione per riflettere sulle peculiarità di un’ipotesi “speciale” di perquisizione, in relazione alle garanzie costituzionali. Se, per un verso, la specificità del contesto criminoso giustifica un celere intervento della polizia giudiziaria, per altro verso, la sola interlocuzione orale con il pubblico ministero non è satisfattiva delle esigenze di tutela della libertà personale e domiciliare. Risulta apprezzabile, dunque, il surplus di garanzie introdotto dalla Consulta e induce a confrontare la disciplina di risulta con altre forme di perquisizione previste da leggi speciali.

Inoltre, si aggiunge qualche cenno al tema dell’utilizzabilità degli esiti probatori ottenuti in seguito a perquisizioni illegittime, che pure era oggetto di censura, sebbene la Corte abbia dichiarato manifestamente inammissibile la relativa questione.

Mandatory validation for the orally authorized police search

With judgment no. 252 of 2020 of the Constitutional Court, the Article 103, paragraph 3, d.P.R. no. 309/1990, has been declared illegitimate in the part in which it does not provide that even personal and home searches, already authorized by telephone, must be validated. The judgment offers an opportunity to analyse the peculiarities of a "special" search, in relation to constitutional guarantees. On the one hand, the specific nature of the criminal context justifies an immediate intervention by the judicial police. On the other hand, the mere oral authorization by the public prosecutor is not satisfactory for the needs of protection of personal and home freedom. The surplus of guarantees introduced by the Court is, therefore, appreciable and it leads to a comparison of the resulting discipline with other forms of searches provided by special laws.

In addition, some mention is added to the issue of the judicial use of the evidence obtained from unlawful searches, which was also the subject of the judgment, although the Court declared the related question manifestly inadmissible.

Keywords: searches – judicial authority validation

Perquisizioni “speciali” e necessità della convalida È costituzionalmente illegittimo l’art. 103, comma 3, del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), nella parte in cui non prevede che anche le perquisizioni personali e domiciliari autorizzate per telefono debbano essere convalidate. Sono manifestamente inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 191 del codice di procedura penale, sollevate, in riferimento agli artt. 2, 3, 13, 14, 24, 97, secondo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848. [Omissis] RITENUTO IN FATTO 1. Con sei ordinanze, di tenore per larga parte analogo, il Tribunale ordinario di Lecce, in composizione monocratica, ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3, 13, 14, 24, 97, terzo (recte: secondo) comma, e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, innanzitutto questioni di legittimità costituzionale dell’art. 191 del codice di procedura penale, nella parte in cui – secondo l’interpretazione predominante nella giurisprudenza di legittimità, qualificabile come diritto vivente – non prevede che la sanzione dell’inutilizzabilità delle prove acquisite in violazione di un divieto di legge riguardi anche gli esiti probatori – compreso il sequestro del corpo del reato o delle cose pertinenti al reato – degli atti di perquisizione e ispezione domiciliare e personale compiuti dalla polizia giudiziaria fuori dai casi tassativamente previsti dalla legge, ovvero (secondo le sole ordinanze iscritte ai numeri 17, 18, 20, 21 e 22 del r.o. 2020) non convalidati, comunque sia, dal pubblico ministero con provvedimento motivato. In alcune delle ordinanze, il rimettente lamenta in modo specifico che l’inutilizzabilità non colpisca anche le perquisizioni e le ispezioni operate dalla polizia giudiziaria sulla base di elementi non utilizzabili, quali le fonti confidenziali (r.o. n. 19 del 2020), o in assenza della flagranza di reato (r.o. n. 20 del 2020); ovvero autorizzate verbalmente dal pubblico ministero senza che ne risultino le ragioni (r.o. n. 20 del 2020); ovvero effettuate ai sensi dell’art. 103 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, [continua..]

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SOMMARIO:

1. Le questioni - 2. Il regime speciale delle perquisizioni nella disciplina sugli stupefacenti - 3. (Segue:) il rapporto con le garanzie costituzionali - 4. Rilievi sintetici e impatto sistematico della pronuncia - 5. Riflessioni a margine in tema di inutilizzabilità derivata - NOTE


1. Le questioni

Con la sentenza n. 252 del 2020, la Corte costituzionale è intervenuta in modo inedito su una specifica ipotesi di perquisizione, quella finalizzata al reperimento di sostanze stupefacenti, appositamente prevista dall’art. 103 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 [1]. La disposizione disciplina forme di perquisizioni e ispezioni che possono essere realizzate di iniziativa della polizia giudiziaria anche al di fuori delle condizioni codicistiche, perché finalizzate alla prevenzione o al contrasto dei fenomeni criminosi legati al narcotraffico. Oggetto di censura è il comma 3 dell’art. 103 T.U. stupefacenti, nella parte in cui prevede che il pubblico ministero possa autorizzare oralmente l’espletamento delle perquisizioni, senza alcuna documentazione formale delle ragioni per le quali l’autorizzazione è stata rilasciata [2]. Ad avviso del rimettente, la norma violerebbe gli artt. 13, 14 e 117, comma 1, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 8 CEDU, in quanto non consente un controllo effettivo sulla sussistenza dei presupposti legittimanti la perquisizione. In riferimento agli artt. 13 e 14 Cost. e reputando assorbita la rimanente censura, la Corte ha giudicato incostituzionale la previsione secondo cui l’autorizzazione telefonica del pubblico ministero non necessita di una successiva convalida, non potendosi ritenere che la sola interlocuzione orale soddisfi i requisiti richiesti dalla Costituzione per le restrizioni della libertà personale e domiciliare. Inoltre, a distanza di non molto tempo dalla sentenza n. 219 del 2019 [3], si è riproposta la vexata quaestio della sorte dei risultati probatori ottenuti all’esito di operazioni investigative compiute in violazione della legge. Con sei distinte ordinanze di rimessione [4], infatti, il Tribunale di Lecce ha sollevato nuovamente questione di legittimità costituzionale dell’art. 191 c.p.p. laddove non prevede, nell’interpreta­zione offertane dal diritto vivente, l’inutilizzabilità a fini probatori del sequestro del corpo del reato o di cose pertinenti al reato, rinvenuti a seguito di atti di perquisizione (o ispezione) domiciliare e personale espletatati dalla polizia giudiziaria fuori dai casi tassativamente previsti dalla legge, ovvero non convalidati dal pubblico ministero con provvedimento motivato. Vi è da dire che i provvedimenti di rimessione [continua ..]


2. Il regime speciale delle perquisizioni nella disciplina sugli stupefacenti

Lo scenario in cui si colloca la pronuncia di incostituzionalità è quello delle perquisizioni nell’ambito della prevenzione e della repressione del traffico illecito di sostanze stupefacenti, disciplinate dall’art. 103 d.P.R. n. 309 del 1990. La disposizione censurata, al pari di altre norme contenute in leggi speciali, legittima la polizia giudiziaria a compiere operazioni di ispezione e perquisizione di propria iniziativa anche al di fuori dei casi previsti dagli artt. 352 e 354 c.p.p. La ragione che ha spinto il legislatore ad espandere i poteri della polizia giudiziaria e ad apprestare espedienti investigativi più celeri e incisivi è da ricercare nell’esigenza di assicurare strumenti di contrasto più efficienti a fronte di singolari forme di criminalità. Così, nella lotta al traffico di droga si è resa necessaria l’attribuzione di peculiari facoltà di ispezione e controllo, suscettibili di evolvere in accertamenti più penetranti, in modo da svincolare – all’occorrenza e almeno ex ante – le attività d’indagine dal rigido formalismo codicistico. La prospettiva è ibrida, dal momento che le disposizioni concernenti le operazioni di polizia contenute nel T.U. stupefacenti sono pensate in un’ottica sia preventiva che di accertamento [5]. Tuttavia, questa variabile non altera il merito delle questioni rimesse alla Corte: il punctum dolens, infatti, concerne le garanzie costituzionali di cui agli artt. 13 e 14 Cost., la cui operatività prescinde dalla finalità preventiva o repressiva delle perquisizioni. Fatte queste premesse, è opportuno passare in rassegna il contenuto della disposizione censurata, per poi focalizzarsi sulla disciplina delle perquisizioni ed evidenziarne gli elementi di specialità rispetto al regime “ordinario”. L’art. 103 T.U. stupefacenti, al comma 1, attribuisce alla Guardia di Finanza la facoltà di svolgere visite, ispezioni e controlli negli spazi doganali e, al comma 2, autorizza gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria a procedere, in ogni luogo, all’ispezione e al controllo dei mezzi di trasporto, dei bagagli e degli effetti personali al ricorrere di due presupposti: che si stiano svolgendo operazioni per la prevenzione o la repressione del narcotraffico e che vi sia il fondato motivo di ritenere che vi si possano [continua ..]


3. (Segue:) il rapporto con le garanzie costituzionali

Il fatto che l’autorizzazione orale testimoni l’assenso del magistrato competente non è di per sé risolutivo, né satisfattivo delle prerogative costituzionali. Il problema non si pone in termini di mera titolarità dell’atto, nel senso che non è sufficiente ricondurre formalmente la provenienza della perquisizione al p.m. se essa non è sostanzialmente “disposta” da costui; piuttosto, la questione si radica nei presupposti legittimanti la limitazione delle libertà costituzionalmente garantite. Al fine precipuo di tutelare la libertà personale e quella domiciliare, gli artt. 13 e 14 Cost. richiedono che l’esecuzione di perquisizioni (rispettivamente personali e domiciliari) avvenga esclusivamente per «atto motivato dell’autorità giudiziaria». La prospettiva teleologica è evidentemente preordinata alla tutela del soggetto passivo della perquisizione, al quale deve essere sempre assicurato di poter conoscere – ed eventualmente contestare – le ragioni alla base della limitazione dei suoi diritti fondamentali. D’altra parte, che in materia la riserva di giurisdizione non si limiti all’individuazione soggettiva del titolare dell’atto ma si atteggi a garanzia sostanziale si coglie dall’espressa previsione di un provvedimento motivato, idoneo, cioè, a rendere note le ragioni per cui si è consentito alla perquisizione. Solo per mezzo di una motivazione, infatti, è possibile verificare la correttezza dei presupposti, accertare la legittimità della limitazione e, in ultima analisi, realizzare pienamente la tutela costituzionale [14]. In aggiunta, la Costituzione prevede che, nei casi di particolare necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge, la polizia giudiziaria possa adottare di propria iniziativa provvedimenti provvisori che necessitano poi di essere convalidati dall’autorità giudiziaria. Quindi, laddove manchi l’assen­so preventivo del pubblico ministero, l’intervento del magistrato competente deve essere recuperato ex post, a mezzo della convalida. Sebbene l’art. 13, comma 3, Cost. taccia sul punto, è opinione pacifica [15], confermata anche dalla Corte costituzionale [16], che anche il provvedimento di convalida [17], al pari di quello di autorizzazione, debba essere motivato, a meno di [continua ..]


4. Rilievi sintetici e impatto sistematico della pronuncia

Dalle affermazioni del Giudice delle leggi contenute nella sentenza n. 252 del 2020 si possono trarre alcune brevi considerazioni. In primo luogo, si ricava un esplicito riconoscimento dell’importanza della motivazione del decreto di perquisizione come garanzia che affonda le sue radici nel disposto costituzionale [19]. Con riguardo alle perquisizioni personali e domiciliari, infatti, nessuna disposizione di legge ordinaria può derogare alla regola secondo cui la ricerca degli inquirenti deve sempre essere accompagnata – ex ante o, al limite, ex post – dall’indicazione chiara delle ragioni che motivano la restrizione di libertà costituzionalmente tutelate. D’altronde, la motivazione rappresenta il vero banco di prova di un sistema accusatorio, ma anche l’imprescindibile anello di congiunzione tra esigenze investigative e diritti fondamentali del­l’individuo. Inoltre, con questa pronuncia, la Corte costituzionale ha mostrato di condividere una sensibilità giuridica in linea con quella mostrata dalla Corte EDU nella sentenza Brazzi c. Italia [20], in cui è stato chiarito che deve sempre essere garantito un controllo effettivo di carattere giurisdizionale anche sulle perquisizioni che non sfociano in un sequestro e che, invece, non sono nel nostro ordinamento autonomamente impugnabili. A ben vedere, affinché tale controllo sia posto in essere, deve essere possibile esaminare i motivi alla base dell’atto intrusivo, allo scopo di verificarne la legittimità e scongiurarne l’arbi­trarietà. Naturalmente, il thema decidendum è diverso: a differenza della pronuncia della Corte EDU, non è qui in questione l’esigenza di apprestare la garanzia di un intervento giurisdizionale [21], atteso che, ai fini della disposizione della perquisizione, la locuzione «autorità giudiziaria» contenuta nell’art. 13 Cost. è onnicomprensiva e, in fase investigativa, attribuisce il potere al pubblico ministero [22]. E tuttavia, traspare la medesima attenzione alle esigenze di tutela dell’individuo che, quando è in gioco la libertà personale o domiciliare, non può arretrare dinanzi alle necessità dell’accertamento e, in ogni caso, presuppone il rispetto dell’obbligo motivazionale. In definitiva, con riguardo alle perquisizioni in materia di stupefacenti, la [continua ..]


5. Riflessioni a margine in tema di inutilizzabilità derivata

Come anticipato, nella stessa occasione, la Corte costituzionale è stata chiamata ad esprimersi anche in tema di inutilizzabilità, con specifico riguardo alla sequenza procedurale tra perquisizione e sequestro. Si ritiene, dunque, opportuno richiamare brevemente i termini della questione, sebbene la pronuncia in commento non introduca novità interpretative sul punto. La soluzione interpretativa offerta dalla Consulta, secondo cui l’inosservanza delle condizioni previste dalla legge ai fini della legittima acquisizione della prova non vale ex se a privare quest’ultima della sua idoneità probatoria, si inserisce, infatti, in un filone ermeneutico già consolidato. A partire dall’or­dinanza n. 332 del 2001 [36] e nuovamente con la citata sentenza n. 219 del 2019, le questioni di costituzionalità aventi ad oggetto l’art. 191 c.p.p. sono state, infatti, dichiarate tutte inammissibili. Secondo il ragionamento contenuto in queste pronunce, la disciplina processuale dell’inutilizzabilità, diversamente da quella delle nullità, non prevede alcuna forma di “comunicazione” del vizio agli atti derivati, come rilevato anche dalla giurisprudenza di legittimità; né, d’altro canto, alla Corte sarebbe consentito esercitare opzioni che l’ordinamento riserva esclusivamente al legislatore. La stessa prospettiva è stata adottata nella sentenza n. 252 del 2020, che ricalca il medesimo tessuto motivazionale della precedente decisione e, in argomento, ribadisce affermazioni già note. L’assunto muove dall’originario dibattito sulla portata applicativa dell’inutilizzabilità, intesa come patologia che colpisce il valore probatorio di atti vietati dalla legge [37]. Il deficit di chiarezza nella formulazione dell’art. 191 c.p.p. ai fini della delimitazione dell’ambito di effettiva rilevanza della norma [38] ha condotto, inevitabilmente, a dubbi interpretativi sulla concreta estensione di questa forma di invalidità e sui limiti della disciplina rispetto al principio di tassatività [39]. Infatti, sin dalla sua introduzione nel codice del 1988 [40], tale discusso disposto normativo ha sollevato interrogativi relativi tanto alla individuazione dei divieti probatori cui la norma allude [41], quanto alla definizione dei rapporti con la categoria della nullità, [continua ..]


NOTE
Fascicolo 4 - 2021