Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Riparto di giurisdizione e Procura europea (di Rita Lopez, Ricercatore confermato di Procedura penale – Università di Roma ‘Tor Vergata’)


La tutela degli interessi finanziari aggrediti dalle frodi UE ha toccato il massimo livello di intensità con l’istituzione, nel 2017, dell’European Public Prosecutor’s Office (EPPO), primo organismo giudiziario unitario, competente a indagare e perseguire gli autori dei reati lesivi di tali interessi, cosi come tipizzati dalla ‘direttiva PIF’. Realizzando, per la prima volta nella storia dell’Unione, un trasferimento di competenze giudiziarie dal livello nazionale a quello europeo, il Regolamento ha introdotto un modello assolutamente originale e inedito di azione scissa dalla giurisdizione, ove la prima compete a EPPO e la seconda ai giudici penali degli Stati partecipanti. La singolarità di tale modello si riflette nella complessità della sua traduzione sul piano positivo, realizzata attraverso un collage di fonti differenti – regolamento, direttive, leggi di recepimento e diritto processuale penale di ciascun ordinamento nazionale – che regolano le attività istituzionali dell’Ufficio di recente insediamento, attraverso continui “rimandi incrociati” tra l’una fonte e l’altra, causa di insidie nella determinazione del diritto di volta in volta applicabile. Accentuano il carattere ibrido del sistema che innesta indagini europee su giudizi nazionali, sia la competenza per materia condivisa tra Procuratore europeo e colleghi statuali, sia il controllo della gran parte dei provvedimenti adottati da EPPO, affidato agli organi giurisdizionali degli Stati membri, con parziale estromissione della Corte di giustizia. La ripartizione delle rispettive attribuzioni tra gli attori variamente legittimati a intervenire nel procedimento in forza dello Statuto costitutivo, corre su un crinale frastagliato, che frammenta competenza investigativa e controllo di legittimità tramite articolate combinazioni di giurisdizione “multilivello”.

Allotment of jurisdiction and European Public Prosecutor’s Office

The protection of financial interest against EU fraud has the highest level of intensity with the establishment of the European Public Prosecutor’s Office (EPPO). The first unitary judicial body competent who investigates and prosecutes the perpetrators of crimes detrimental of such interests, as typified by the ‘PIF Directive’. For the first time in the history of the Union, a transfer of judicial powers from the national to the European level has been achieved, with the founding Regulation of 2017 that introduces an absolutely original and unprecedented model of action separated from jurisdiction, in which the first one is the responsibility of EPPO and the second one of the criminal courts of twenty-two Member States. The singularity of the construction of this model is reflected in the complexity of its regulatory translation, achieved with a collage of different legal acts – regulations, directives, transposition of laws and criminal procedural law of each national system – which regulates the institutional activities of EPPO. The complexity is due to the use of continuous “cross-references” between one source and another one, causing remarkable pitfalls to determine the applicable law from time to time. The competence for matters shared between the European Public Prosecutor and Member States colleagues, and the control of the courts of the participating States on some of the measures adopted by EPPO, with partial exclusion of the Court of Justice, emphasize the hybrid character of the system that grafts European investigations on national courts. The division of competences among the various actors legitimated to intervene in the proceedings under the founding Statute, runs along a dangerous ridge, which fragments investigative competence and legitimacy control through “multilevel” jurisdictional combinations.

SOMMARIO:

1. L’ufficio del pubblico ministero europeo: verso un’area di giustizia penale comune - 2. La svolta impressa dall’art. 86 del Trattato di Lisbona - 3. L’assetto organizzativo della Procura europea tra Ufficio centrale e articolazioni periferiche - 4. Il diritto applicabile nel contrasto ai “reati PIF” - 5. Segue Competenza concorrente ratione materiae - 6. Conflitti sulla titolarità delle indagini e controllo degli atti della Procura europea - 7. In conclusione - NOTE


1. L’ufficio del pubblico ministero europeo: verso un’area di giustizia penale comune

Definita come «passo rivoluzionario» [1], l’istituzione della Procura europea [2], primo organismo unitario con poteri investigativi diretti in materia di reati lesivi degli interessi finanziari dell’Unione [3], incrementa il novero degli attori della “rete giudiziaria” europea [4], ritenuta elemento costitutivo essenziale ai fini della realizzazione dello spazio comune europeo di libertà, sicurezza e giustizia, a sua volta principio fondante e obiettivo primario dell’Unione  ai sensi degli artt. 3 TUE e 67 TFUE. L’European Public Prosecutor’s Office – da cui l’acronimo EPPO – è stato pensato allo scopo precipuo di attivare un organo che tramite strumenti più incisivi di quelli meramente cooperativi e di coordinamento giudiziario, interagendo con Eurojust, fosse in grado di garantire effettività alla tutela degli interessi finanziari dell’Unione [5]; il bilancio di quest’ultima e le ingenti somme impegnate nella promozione di progetti tesi al conseguimento dei suoi obiettivi istituzionali, «hanno costituito oggetto di appetiti e indebiti e di attività illecite, finendo con il venire esposte a condotte fraudolente» [6]. A tali fenomeni, causa di danni finanziari enormi anche per i contribuenti, i singoli Governi non hanno saputo opporre contro misure adeguate: la complessità dei casi; l’eccesiva durata dei procedimenti penali; la scarsità delle risorse interne e la difficoltà di reperire le fonti di prova fuori dal territorio nazionale, hanno generato risposte insufficienti ed estremamente differenziate da Paese a Paese [7]. Come può leggersi in un atto ufficiale della Commissione datato novembre 2013 [8], il tasso di condanna nelle azioni penali trasferite dall’Ufficio europeo antifrode – Olaf – alle singole autorità giudiziarie interne, è oscillato, nel quinquennio 2006-2011, entro un range quanto mai variabile, compreso tra 19.2 e 91.7 punti percentuali. Nell’ultima relazione annuale di Olaf, l’Italia si conferma, relativamente agli anni 2015-2019, in quarta posizione per numero di irregolarità – 4415 – nella gestione dei fondi UE [9], con una percentuale del 62% di casi in cui le autorità giudiziarie nostrane hanno dato seguito alle [continua ..]


2. La svolta impressa dall’art. 86 del Trattato di Lisbona

È il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea che resosi promotore di un totale rovesciamento di prospettiva, afferma per la prima volta la possibilità di proseguire il cammino della integrazione europea in ambito penale, secondo una logica di tipo federalista. Nell’attribuire espressamente al Consiglio la facoltà di istituire una Procura europea «a partire da Eurojust», l’art. 86, par. 1, nel titolo dedicato alla Spazio di sicurezza, libertà e giustizia, del capo IV sulla cooperazione giudiziaria, TFUE [26], pone l’imprescindibile base legale del nuovo organismo, «embrione del processo penale europeo» [27]. Non appena quest’ultimo assumerà le proprie funzioni, si assisterà a un cambiamento sostanziale: da spazio di libertà, sicurezza e giustizia unitario ma frammentato in ventotto sistemi di giustizia penale, l’Unione virerà verso un’unica area giudiziaria, con dinamiche operative che faranno registrare modifiche epocali in tema di indagini, di esercizio dell’azione penale e di cooperazione [28]. Proprio in questo fondamentale “cambio di passo” risiede la sfida lanciata dalla creazione della procura “centralizzata”; la scommessa da vincere coincide, dunque, col superamento dell’odierno livello di integrazione, fondato sulla necessità di attuare i provvedimenti giurisdizionali oltre i confini del territorio nel quale sono stati emessi. Viceversa, con l’ingresso della oramai imminente era del­l’in­quirente europeo, l’individuazione, il perseguimento e il rinvio a giudizio di autori e complici dei reati devoluti alla sua competenza, si realizzeranno sulla base di un corpo unico di previsioni, tramite decisioni immediatamente efficaci, suscettibili di attuazione diretta, in grado, perciò, di prescindere dal riconoscimento da parte degli organi interni. Lo stesso Trattato affianca, anzi, antepone all’art. 86 TFUE, due disposizioni dal rilievo altrettanto fondamentale – gli artt. 82 e 83 TFUE – i quali nello specificare le linee di indirizzo tratteggiate dall’art. 325 TFUE [29], sanciscono la competenza legislativa dell’Unione a dettare norme minime comuni tese al ravvicinamento del versante penalistico, sostanziale e processuale, delle legislazioni nazionali [30]. Su tali coordinate normative incidono [continua ..]


3. L’assetto organizzativo della Procura europea tra Ufficio centrale e articolazioni periferiche

Il Regolamento definisce l’EPPO come organo indipendente dell’Unione [37], dotato di specifica personalità giuridica di diritto europeo, articolato secondo una struttura complessa, costituita da un livello centrale di tipo collegiale [38] e da un livello periferico, distribuito nei Paesi contraenti. Del primo fanno parte l’ufficio centrale, appunto, formato dal Collegio, dalle Camere permanenti, dal Procuratore capo posto al vertice dell’Ufficio, da due sostituti, da un Procuratore europeo per ciascuno Stato partecipante [39], dal Direttore amministrativo. Le Camere permanenti, istituite dal Collegio, e composte da tre membri – il Procuratore capo (oppure uno dei suoi vice o un procuratore europeo nominato Presidente) che le presiede e due procuratori dell’Ufficio centrale che lo affiancano – in quanto «principale snodo operativo della Procura» [40] svolgono compiti di particolare delicatezza. Assegnatarie della gestione dei singoli casi giudiziari, si occupano di supervisionare, monitorare e indirizzare le indagini; ancora, assumere le determinazioni sulle imputazioni formulate dai colleghi del ramo decentrato, con poteri decisori nei “passaggi-chiave” della fase investigativa e dei suoi possibili epiloghi: archiviazione, rinvio a giudizio, definizioni anticipate del procedimento. Questi «mini-collegi» [41], come previsto dall’art. 10 Reg., possono, inoltre, incaricare un procuratore delegato di avviare un’indagine oppure, al contrario, avocarla in ipotesi di inerzia; determinano la competenza, in caso di accertamenti investigativi compiuti in due o più Stati membri; infine, ove reputino che il procedimento non rientri nella competenza devoluta all’Ufficio europeo, hanno il potere di “reindirizzare” il caso alla giurisdizione domestica. Attori esclusivi della articolazione decentrata sono, invece, i Procuratori europei delegati [42], che, in qualità di «propaggini territoriali» [43] dell’Ufficio centrale, operano, almeno in numero di due, nei singoli Stati membri [44]. Soggetti alle decisioni e alle istruzioni provenienti dal Procuratore europeo avente stessa nazionalità, il quale nelle vesti di supervisore appartenente al livello centrale, ne controlla l’operato, i magistrati nazionali “dedicati” si caratterizzano, in pendenza [continua ..]


4. Il diritto applicabile nel contrasto ai “reati PIF”

L’“intreccio” tra atti legislativi efficaci su piani differenziati e però convergenti sul medesimo ambito disciplinatorio, concorre a modellare in modo affatto peculiare la fisionomia del Procuratore europeo, che si consegna a operatori e studiosi come realtà giuridica composita, intrisa di forte valenza innovativa. «Trovandosi ad applicare in misura preponderante prescrizioni di diritto puramente nazionale non armonizzate a livello penale [la Procura] costituisce … un caso del tutto inedito della storia costituzionale europea» [46] e un altrettanto inedito modello di azione scissa alla giurisdizione [47], secondo l’imprinting dato dall’art. 86 TFUE, il quale fissando un non aggirabile «vincolo di partenza» [48], dispone la celebrazione del giudizio dinanzi agli organi giurisdizionali competenti degli Stati membri. Competenza investigativa e competenza processuale, distribuite su piani sfalsati e però riconducibili a un unico scenario giudiziario integrato, comune all’Unione europea e agli Stati membri, sono, l’una, fissa e radicata in capo all’EPPO; l’altra, variabile a seconda della sede nella quale il procuratore europeo territorialmente dislocato incardina le indagini. A parte l’originalità della costruzione, che ha sovvertito i moduli organizzativi alla base dei rapporti tra organi giudiziari, incentrati sul meccanismo del rinvio pregiudiziale [49], l’interazione dinamica tra procedimento europeo e processo nazionale [50] comporta una commistione di ruoli, spazi di intervento e regole di diritto applicabili – soprattutto quest’ultime – di non sempre agevole individuazione. Le norme di principio sancite dall’art. 5, par. 3, Reg. relative ai rapporti tra disposizioni regolamentari elegge processuale penale degli Stati membri [51], si risolvono in criteri di determinazione la cui linearità è più apparente che reale. La prima parte del par. 3 dell’art. 5 Reg. eleva a rango di fonte primaria delle attività attribuite alla Procura europea, il Regolamento 2017/1939; ne sono espressione le disposizioni che descrivono compiutamente l’operato istituzionale dell’organismo giudiziario. Esempi di questo tipo possono essere ravvisati nelle disposizioni sul trattamento e la protezione dei dati personali acquisiti dalla [continua ..]


5. Segue Competenza concorrente ratione materiae

Sovvertendo integralmente l’idea originaria della Proposta incentrata sulla competenza esclusiva della Procura europea [62], il Regolamento ha licenziato un testo normativo «che si è straordinariamente complicato» [63] nel passaggio a «un sistema di competenze concorrenti tra EPPO e autorità nazionali, basato sul diritto di avocazione del primo» [64]. La scelta comporta che intere sotto-categorie di reati esorbiteranno dall’ambito dei reati lesivi degli interessi finanziari dell’Unione, per rimanere di competenza dei pubblici ministeri nazionali, con una consistente erosione della sfera operativa dell’Ufficio d’accusa europeo, la cui competenza, puntualizza il considerando n. 58, è opportuno che prevalga di norma – dunque, non sempre e inderogabilmente – sulle rivendicazioni di competenza nazionali. La disciplina di settore rinviene l’incipit nell’art. 22, par. 1, Reg, che determina la competenza materiale dell’EPPO effettuando un rinvio integrale alle fattispecie contemplate dalla “direttiva PIF” [65], cosi come attuata dal diritto nazionale [66]. Emerge, in tal modo, lo “scollamento” dalla previsione dell’art. 86, par. 2, TFUE [67], che, al contrario, “agganciava” la competenza della Procura europea ai reati stabiliti dal Regolamento stesso [68]; nella convinzione che il Consiglio dei Ministri non avrebbe raggiunto un accordo sulla tipizzazione delle condotte perseguibili, la Commissione si risolse a favore della definizione delle fattispecie per relationem [69]. Il ricorso alla direttiva, per sua natura, foriera di disomogeneità in quanto condizionata, nell’aspetto attuativo, dalle modalità di recepimento – più o meno puntuali e fedeli – da parte degli Stati membri, sbiadisce il principio di certezza del diritto e acuisce le difficoltà legate alla esegesi degli artt. da 22 a 25 Reg.: il “labirintico” mosaico di regole, eccezioni e contro-eccezioni di cui risultano disseminate le relative previsioni, delinea un assetto che lascia presagire incertezze interpretative e forti criticità nella prassi applicativa futura. Le inevitabili differenze riscontrabili nelle leggi nazionali di recepimento configureranno la competenza materiale della nuova parte inquirente come [continua ..]


6. Conflitti sulla titolarità delle indagini e controllo degli atti della Procura europea

La lettura del micro-sistema sul quale si fonda la ripartizione tra i due livelli di autorità inquirenti che si affiancano nel perseguire le frodi al budget unitario, getta le basi del concreto esercizio della competenza della Procura europea attraverso due articoli – il 22 e il 25 – «tra i più oscuri e tortuosi di tutto il Regolamento di EPPO» [78]. Le caratteristiche del reticolato prescrittivo costruito intorno a un puzzle di regole ed eccezioni e all’impiego di concetti generici e sfuggenti, giustifica i pronostici poco ottimistici sulle occasioni di frizione, se non di “scontro” aperto, che potranno crearsi tra Procure – europea e nazionali – in riferimento alla determinazione del magistrato legittimato a rivendicare la titolarità del procedimento. Né pare realistico confidare nello scambio di informazioni relative alle notitiae criminis potenzialmente conoscibili da EPPO o nelle reciproche consultazioni cui il Regolamento (artt. 24 e 25) obbliga i capi delle Procure coinvolte, per propiziare decisioni condivise in materia: si tratta di pratiche di natura meramente concertativa, inidonee, come tali, a superare i profili di obiettiva incertezza legati al tenore delle previsioni menzionate. Del resto, anche lo strumento con cui il sistema garantisce la corretta applicazione del diritto UE – la procedura di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia – non costituisce “via di fuga” percorribile dalle autorità chiamate dall’art. 25, par. 6, Reg. a comporre gli eventuali contrasti tra p.m. “antagonisti”; identificandosi tali autorità con i soggetti incaricati della medesima questione in ambito interno, in prevalenza, dunque, i vertici degli uffici inquirenti nazionali [79], esse non sono assimilabili sotto il nomen «giurisdizione» ai sensi dell’art. 267 TFUE e non risultano, pertanto, legittimate a porre quesiti interpretativi in via pregiudiziale. Come lascia intendere la disciplina sul controllo giurisdizionale degli atti procedurali di EPPO, il Giudice del Lussemburgo potrà, invece, intervenire in un momento successivo ed esercitare una sorta di controllo ‘postumo’, qualora il p.m. abbia contestato dinanzi a un giudice la decisione che lo ha estromesso da una certa indagine, attribuendola al collega di altro Stato membro [continua ..]


7. In conclusione

Dalla ricognizione effettuata, sia pure incentrata su alcuni settori soltanto della disciplina relativa alla Procura europea, emerge un quadro d’insieme in grado di rappresentare la nota qualificante del nuovo organismo, ovvero il suo carattere ibrido, a metà tra una istituzione di tipo intergovernativo e un sistema unico di integrazione unitaria, da cui discende la complessità delle sue dinamiche operative e dei rapporti sia tra i protagonisti della inchiesta preliminare europea, sia tra questi ultimi con gli interlocutori esterni laddove previsti La costruzione del modello scaturente dalla combinazione di indagini europee e accertamenti nazionali, si è realizzata attraverso un assetto normativo che riflette fedelmente le difficoltà incontrate nel delineare la forma di giurisdizione multilivello esaminata, al cui esercizio concorrono le autorità giudiziarie degli Stati aderenti, tenute a operare secondo il diritto dell’ordi­namento di origine, ove non debba cedere il passo a quello europeo, secondo un intricato ‘gioco’ di reciproci rinvii. L’ulteriore segmentazione della competenza per materia tra ambito unitario e nazionale, da decifrare in base a norme dal tenore non sempre lineare, sulle quali un’eventuale pronuncia interpretativa della Corte di Giustizia, come detto, potrà fare chiarezza solo a indagini avanzate, reca in sé il rischio di frequenti e defatiganti contrasti tra uffici. Accade, dunque, che per quanto l’inquirente del Lussemburgo non sia ancora entrato in medias res nell’attesa che gli adempimenti prodromici all’inizio delle attività istituzionali giungano a completo compimento [85], si auspicano già una serie di proposte de jure condendo per incidere sulla fonte regolamentare, con l’obiettivo di scioglierne i nodi più controversi. A parte quelli legati al tenore degli art. 22 e 25 Reg., delicati profili di criticità emergono con riferimento alla natura non giurisdizionale degli organi statali incaricati di risolvere i contrasti tra pubblici ministeri, causa di intempestivo ricorso alla Corte di Giustizia, e ancora, alla definizione dei reati di competenza della Procura europea tramite rinvio alla “direttiva PIF”, con tutte le variabili connesse alla eventualità di parziali, errate o generiche trasposizioni da parte delle leggi statali [continua ..]


NOTE