Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Estesa la lettura ex art. 512 c.p.p. alle dichiarazioni del testimone assistito rese nell'interrogatorio di garanzia (di Gian Marco Baccari, Professore associato di Diritto processuale penale – Università di Siena)


Con una nuova sentenza additiva la Corte costituzionale ha ampliato la portata dell’art. 512 c.p.p. e, di conseguenza, le eccezioni al principio del contraddittorio nella formazione della prova. La conclusione appare condivisibile, ma il percorso motivazionale lascia ancora aperto qualche interrogativo.

It’s legitimate to read by art. 512 c.p.p. the declarations of the witness with defender in the interrogation of guarantee

Along with a new judgment the constitutional Court has expanded the field of the art. 512 c.p.p., therefore the exceptions to the adversarial principle during the acquisition of evidence. The conclusion appears to be shared, but the motivational path raises some questions.

La Corte costituzionale introduce un nuovo caso di lettura per irripetibilità sopravvenuta imprevedibile del dichiarante È dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione dell’art. 3 Cost., l’art. 512, comma 1, c.p.p., nella parte in cui non prevede che, alle condizioni ivi stabilite, sia data lettura delle dichiarazioni rese al giudice per le indagini preliminari (GIP) in sede di interrogatorio di garanzia dall’imputato di un reato collegato a norma dell’art. 371, comma 2, lett. b), che, avendo ricevuto l’avvertimento di cui all’art. 64, comma 3, lett. c), sia stato citato per essere sentito come testimone (c.d. testimone assistito). Ai fini della disciplina della lettura delle dichiarazioni predibattimentali, per l’assunzione della qualità di testimone – “puro” o “assistito” che sia – non rileva soltanto l’atto della deposizione dibattimentale, ma già l’attribuzione dei relativi obblighi, che discendono dalla citazione o dalla ammissione del giudice e, prima ancora, dall’avvertimento di cui all’art. 64, comma 3, lett. c), c.p.p., formulato all’imputato di reato connesso o collegato a norma dell’art. 371, comma 2, lett. b) prima delle sue dichiarazioni sulla responsabilità di altri. [Omissis] CONSIDERATO IN DIRITTO 1.– Il Tribunale ordinario di Roma ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 512 del codice di procedura penale «nella parte in cui non prevede la possibilità di disporre la lettura delle dichiarazioni, rese in sede di interrogatorio dinanzi al giudice per le indagini preliminari di cui non sia possibile la ripetizione per impossibilità di natura oggettiva, di imputato di un reato collegato a norma dell’art. 371, comma 2, lett. b) del c.p.p., da escutersi quale testimone assistito, nell’ipotesi di cui all’art. 64, comma 3, lett. c) del c.p.p. per violazione degli artt. 3 e 111 della Costituzione». Secondo il rimettente, la norma censurata, non ammettendo la lettura di tali dichiarazioni, risulterebbe irragionevole e lesiva del principio di eguaglianza, nonché in contrasto con i principi del giusto processo e della non dispersione dei mezzi di prova acquisiti per l’accertamento della verità processuale. Il Tribunale di Roma evidenzia come, rivestendo il dichiarante la qualità di “testimone assistito” ex art. 197-bis, comma 2, cod. proc. pen., non è applicabile la distinta ipotesi di lettura dibattimentale contemplata dall’art. 513 cod. proc. pen., essendo questa riferibile all’imputato ed alle persone indicate nell’art. 210, comma 1, cod. proc. pen. (e cioè, le persone imputate in un procedimento connesso a norma dell’art. 12, comma 1, lettera a, cod. proc. pen, nei confronti delle quali si [continua..]

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SOMMARIO:

1. La questione sottoposta - 2. L’accoglimento da parte della Consulta - 3. Una lacuna “irragionevole” - 4. Le alternative (forse) percorribili - 5. Una disposizione negletta: l’art. 238 c.p.p. - NOTE


1. La questione sottoposta

La pronuncia in commento trae origine da una vicenda piuttosto frequente nella casistica giudiziaria. Le forze dell’ordine coglievano nella flagranza del delitto di spaccio di sostanza stupefacente una persona che, dopo una violenta colluttazione, veniva arrestata. A carico di quest’ultima venivano quindi addebitati anche i delitti di resistenza a pubblico ufficiale e di lesioni personali. Sottoposto a misura cautelare, in sede di interrogatorio davanti al giudice per le indagini preliminari, ai sensi dell’art. 294 c.p.p., l’arrestato, ricevuti gli avvertimenti di cui all’art. 64, comma 3, c.p.p., aveva reso dichiarazioni accusatorie nei confronti dei pubblici ufficiali che avevano proceduto al suo arresto. Per effetto di tali dichiarazioni, questi ultimi venivano sottoposti ad un separato procedimento penale per i delitti di concorso in lesioni personali aggravate da abuso di potere, falsità ideologica in atto pubblico commessa da pubblico ufficiale nonché di sequestro di persona. In quest’ultimo procedimento il pubblico ministero chiedeva di ascoltare il chiamante in reità come testimone assistito, il quale nel frattempo era stato condannato con sentenza definitiva dal Tribunale di Roma. Tuttavia costui, dopo la scarcerazione, risultava irreperibile. Di fronte a questa sopravvenuta ed imprevedibile possibilità di ripetizione dell’atto [1], la pubblica accusa chiedeva che le precedenti dichiarazioni rese dinanzi al G.i.p. dall’irreperibile nel procedimento a quo fossero acquisite ai sensi dell’art. 512 c.p.p. Il collegio giudicante osservava, però, che l’art. 512 c.p.p. non consente espressamente di dare lettura del verbale di dichiarazioni rese al giudice per le indagini preliminari dall’imputato giudicato in un procedimento per reato collegato. Da un lato, la natura eccezionale di detta disposizione – che deroga al principio del contraddittorio nella formazione della prova (art. 111, comma 4 Cost. – impedisce il ricorso all’interpretazione analogica [2]. Dall’altro, non sarebbe ammissibile un’interpretazione estensiva della norma impugnata, visto che l’art. 513 c.p.p., disciplinando analoga materia, prevede espressamente la lettura delle dichiarazioni rese dalle persone indicate nell’art. 210, comma 1, c.p.p., sia dinanzi al giudice dell’udienza preliminare, sia davanti [continua ..]


2. L’accoglimento da parte della Consulta

Dall’impostazione precedente si discosta adesso la Corte costituzionale con la sentenza in esame, che ha dichiarato fondata la questione di legittimità dell’art. 512 c.p.p. con riferimento all’art. 3 Cost., considerando assorbiti i profili attinenti alla violazione dell’art. 111 Cost.[4] La principale novità della decisione n. 218 del 2020 risiede senza alcun dubbio nel revirement riguardante il momento acquisitivo dello status di “testimone assistito”. Dopo aver ricostruito il quadro normativo [5], la Corte ha abbandonato l’idea secondo la quale  l’assunzione della particolare qualifica testimoniale è da ricollegarsi al concreto svolgimento della deposizione dibattimentale, come aveva sostenuto nell’ordinanza n. 112 del 2006; il passaggio cruciale dell’iter argomentativo dell’odierna pronuncia di accoglimento è quello in cui si esprime la necessità di dover «configurare la qualifica del dichiarante in termini temporalmente e funzionalmente meno rigidi». Più in particolare, ad avviso dei giudici costituzionali, l’assunzione della qualità di testimone “assistito” va posta in diretta relazione con il momento attributivo dei relativi obblighi, «che discendono dalla citazione o dalla ammissione del giudice e, prima ancora, dall’avvertimento di cui all’art. 64, comma 3, lettera c), c.p.p. formulato all’imputato di reato connesso o collegato a norma dell’art. 371, comma 2, lettera b)». Ne consegue che assume già la qualifica di testimone assistito l’imputato di procedimento connesso ex art. 12 lett. c o collegato a norma dell’art. 371, comma 2, lett. b), il quale, dopo aver ricevuto l’avviso di cui all’art. 64, comma 3, lettera c), c.p.p., renda dichiarazioni sulla responsabilità altrui, benché tali affermazioni siano rese durante le indagini preliminari o in una sede inconsueta come quella dell’interrogatorio di garanzia. La Consulta non esplicita in modo chiaro un ulteriore aspetto, che può dirsi logicamente e giuridicamente “scontato”: ai fini dell'assunzione della qualifica di testimone assistito, non è sufficiente che la fonte di prova riceva l'avvertimento del citato articolo 64 c.p.p., comma 3, lettera c), occorrendo anche che subito dopo siano state [continua ..]


3. Una lacuna “irragionevole”

La declaratoria di incostituzionalità poggia interamente sulla constatazione che siamo di fronte ad una lacuna della disciplina processuale e che tale omissione involontaria si pone in contrasto con il parametro di ragionevolezza desumibile dall’art. 3 della Carta Fondamentale. Come detto, in base all’attuale formulazione dell’art. 512 c.p.p., può essere data lettura soltanto degli atti dichiarativi assunti dalla polizia giudiziaria, dal pubblico ministero, dai difensori delle parti private e dal giudice nel corso della udienza preliminare quando, per fatti o circostanze imprevedibili, ne è divenuta impossibile la ripetizione. I giudici costituzionali, quindi, hanno avuto buon gioco nell’osservare che la mancata previsione di identica possibilità per il caso in cui l’atto assunto sia un atto formato dal giudice per le indagini preliminari risulta del tutto sfornita di giustificazione. Sotto un’altra prospettiva il profilo di irragionevolezza emerge in maniera ancora più evidente. Invero, le dichiarazioni rese dall’imputato di reato collegato ai sensi dell’art. 371, comma 2, lett. b) c.p.p., che abbia assunto la qualità di testimone assistito, sia a seguito dell’avvertimento di cui all’art. 64, comma 3, lettera c) c.p.p., sia per effetto dell’intervenuta pronuncia di sentenza di proscioglimento, di condanna o di applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 c.p.p., sono suscettibili di lettura, ove siano state acquisite dal pubblico ministero, nel corso di un atto svolto sotto il controllo di quest’ultimo; mentre analoga possibilità non vi sarebbe ove tali dichiarazioni fossero rese in un contesto caratterizzato da formalità giurisdizionali, e cioè davanti al giudice per le indagini preliminari nel corso dell’interrogatorio di garanzia [10]. L’ultimo passaggio argomentativo del ragionamento condotto dalla Corte avrebbe meritato forse un maggiore sviluppo. Si allude a quel breve cenno operato dal Giudice delle leggi all’unica differenza che si coglie tra il caso sottoposto alla sua attenzione e quelli espressamente contemplati all’interno dell’art. 512 c.p.p. Mentre la disposizione de qua si preoccupa di recuperare, in presenza dei noti presupposti, i contributi informativi assunti nel corso di atti finalizzati all’acquisizione di elementi di prova, [continua ..]


4. Le alternative (forse) percorribili

Merita viceversa un sia pur breve approfondimento uno spunto desumibile dalla memoria difensiva depositata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, nella quale si richiamano le alternative processuali che avrebbero consentito l’acquisizione e l’utilizzabilità delle dichiarazioni rese dall’imputato di un reato collegato. In essa, in estrema sintesi, si lamenta la circostanza che, nel caso di specie, il pubblico ministero non ha valutato l’opportunità di esperire l’incidente probatorio ai sensi dell’art. 392 c.p.p., con il quale sarebbe stato possibile anticipare davanti al giudice per le indagini preliminari la formazione della prova in contraddittorio, cristallizzando le dichiarazioni di accusa rese dal detenuto nei confronti dei pubblici ufficiali autori del suo arresto. A ben vedere questa via di acquisizione alternativa sarebbe percorribile sul presupposto – che però adesso è smentito dai giudici costituzionali – secondo cui la qualifica di “testimone assistito” viene assunta dal dichiarante soltanto al momento dell’esame dibattimentale. Come noto, la disciplina dettata per l’incidente probatorio (art. 392 c.p.p.) distingue a seconda che la fonte di prova da acquisire in via anticipata sia un testimone (lett. a e b), in cui rientrerebbe anche il testimone assistito, da quella dell’imputato connesso o collegato (lett. d). Nel primo caso si può far luogo ad incidente probatorio soltanto se sussistono ragioni tassative di non rinviabilità al dibattimento per ottenere l’ammissione della prova anticipata. Nel secondo caso, viceversa, l’assunzione anticipata è sempre possibile, in quanto la situazione di urgenza sottintesa è ravvisabile nel rischio che la fonte, dopo aver manifestato la volontà di contribuire all’accertamento dei fatti, possa avere dei ripensamenti e avvalersi del proprio diritto a rimanere in silenzio. Peraltro, anche a voler ritenere praticabile l’incidente probatorio, è fortemente dubbio che le dichiarazioni accusatorie rese in quella sede possano essere utilizzate nei confronti di colui che è già indagato o imputato in un altro procedimento separato. Se è vero che il codice di rito prevede l’estensione dell’incidente probatorio nei confronti del destinatario delle dichiarazioni accusatorie (art. 402 c.p.p.), è [continua ..]


5. Una disposizione negletta: l’art. 238 c.p.p.

Ciò che suscita maggiori perplessità nella vicenda in esame è la sostanziale mancanza di riferimenti alla disciplina processuale che regola la circolazione di verbali tra procedimenti penali diversi di cui all’art. 238 c.p.p. Eppure il verbale di interrogatorio di garanzia nel quale erano state cristallizzate le dichiarazioni accusatorie della persona poi divenuta irreperibile si era formato in un procedimento penale collegato sì, ma separato. Come è stato giustamente sottolineato [13], «nell’ipotesi in cui, per fatti imprevedibili, non sia possibile ottenere l’audizione dibattimentale dell’imputato connesso o collegato citato nel separato procedimento per rendere testimonianza assistita, il corretto canale acquisitivo delle precedenti dichiarazioni nei confronti dell’interessato passa per la norma racchiusa nel secondo periodo dell’art. 238, comma 3 c.p.p.». Tale disposizione fa espresso riferimento all’impossibilità sopravvenuta di ripetizione dell’atto in contraddittorio per circostanze imprevedibili, impiegando gli stessi termini utilizzati nell’art. 512 c.p.p., ma senza alcun rinvio esplicito ad esso. Secondo gli studiosi che si sono occupati della questione, l’art. 238 comma 3 c.p.p. va necessariamente coordinato per ragioni di coerenza sistematica con l’art. 512 c.p.p. e, in specie, con l’elenco di atti contemplati in quest’ultima disposizione [14]. Tuttavia non si può neppure ignorare una delle fondamentali regole generali dell’interpretazione, espressa dal noto brocardo latino ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit. A nostro avviso, in altre parole, si sarebbe potuto evitare l’intervento additivo sull’art. 512 c.p.p. valorizzando la portata della disciplina sulla circolazione dei verbali tra procedimenti penali diversi. Di tal che il verbale dell’interrogatorio di garanzia, contenente dichiarazioni accusatorie contro altri, ben avrebbe potuto trovare ingresso ex art. 238 comma 3 c.p.p., attesa la sopravvenienza di circostanze imprevedibili come l’irreperibilità della fonte di prova, impeditive dello svolgimento dell’esame dibattimentale nel contraddittorio delle parti. L’interpretazione più ampia della disposizione in parola rispetto all’ambito dell’art. 512 c.p.p., oltre che sul dato [continua ..]


NOTE