Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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La difesa tecnica nel giudizio in Cassazione e la necessità di una rilettura del sistema (di Gaia Tessitore, Dottoranda di ricerca – Università degli Studi di Napoli Federico II)


La Corte di cassazione ha chiarito che nel giudizio di legittimità la presenza del difensore è meramente eventuale; pertanto, qualora il difensore dell’imputato ricorrente, avendo ricevuto l’avviso di fissazione dell’udienza pubblica, sia deceduto prima della celebrazione dell’udienza, la Corte, non informata del sopravvenuto decesso, non è tenuta a nominare un difensore di ufficio. L’occasione, rifacendosi al dibattito in tema di difesa tecnica e autodifesa, offre la possibilità di interrogarsi sul ruolo affidato dall’ordinamento al difensore nel giudizio di legittimità anche alla luce delle recenti riforme al codice di procedura penale e alla legge professionale.

The Court of Cassation has clarified that in the trial of legitimacy, the presence of a lawyer is merely optional. If the defendant’s lawyer dies between the notification and the day of the hearing, the Court of Cassation is not obliged to nominate a public defender.

The technical defence in Supreme Court proceedings and the need for a reinterpretation of the system

The opportunity, referring to the debate on technical defence and self-defence, offers the chance to question the role entrusted by the legal system to the lawyer in the judgement of legitimacy also in the context of the recent reforms to the code of criminal procedure and the professional law.

Giudizio di legittimità e difesa tecnica In virtù della disposizione processuale che esclude la necessaria presenza del difensore dell’imputato all’udienza di discussione del ricorso dal medesimo proposto (art. 614, comma 2, c.p.p.), qualora il difensore dell’imputato ricorrente, dopo avere ricevuto l’avviso di fissazione dell’udienza pubblica di legittimità, sia deceduto prima della celebrazione dell’udienza, la Corte di cassazione, non informata del sopravvenuto decesso, non è tenuta a nominare un difensore di ufficio.   [Omissis] RITENUTO IN FATTO Con il provvedimento impugnato, la Quinta Sezione penale di questa Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato nell’interesse di omissis avverso la sentenza della Corte d’ap­pel­lo di Bologna del 12 settembre 2017 che lo aveva dichiarato responsabile del reato di partecipazione al­l’associazione mafiosa. 2. Propone ricorso straordinario ex art. 625-bis cod. proc. pen. omissis, a mezzo del difensore e procuratore speciale avv. omissis, che chiede la correzione dell’errore materiale relativo alla costituzione della parte all’udienza di trattazione in data 24 ottobre 2018 perché non assistita da nessun difensore. Infatti, l’avv. omissis, difensore dell’imputato, è deceduto il 6 giugno 2018, cioè in data anteriore alla notificazione dell’avviso di trattazione avvenuta tramite PEC in data 8 agosto 2018, mentre l’avv. omissis, co-difensore dell’imputato, è deceduta il 4 settembre 2018, cioè in data successiva alla notificazione del­l’avviso di trattazione avvenuta tramite PEC in data 8 agosto 2018, ma in epoca precedente all’udienza di trattazione, sicché avrebbe dovuto essere nominato un difensore di ufficio per l’imputato rimasto privo di assistenza tecnica. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso straordinario è infondato là dove prospetta l’obbligo della Corte di cassazione di procedere alla nomina di ufficio del difensore per procedere all’udienza di discussione quando il difensore di fiducia sia deceduto dopo avere ricevuto l’avviso di fissazione dell’udienza pubblica e prima della celebrazione di essa. 2. È necessario fornire preliminarmente un quadro riassuntivo delle disposizioni concernenti il patrocinio difensivo nel giudizio di legittimità. 2.1. A norma dell’articolo 613, comma 1, cod. proc. pen. «l’atto di ricorso, le memorie e i motivi nuovi devono essere sottoscritti, a pena di inammissibilità, da difensori iscritti nell’albo speciale della Corte di cassazione. Davanti alla corte medesima le parti sono rappresentate dai difensori». È bene evidenziare che, a norma dell’articolo 613, comma 2, cod. [continua..]

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SOMMARIO:

1. La ricostruzione della vicenda - 2. La crisi del giudizio dinanzi alla Corte di cassazione e l’intervento della l. n. 103 del 2017 - 3. (segue) L’eliminazione del ricorso personale dell’imputato - 4. La difesa tecnica ed il ruolo del difensore - NOTE


1. La ricostruzione della vicenda

Una situazione con tratti di singolarità riapre la questione della presenza del difensore nel giudizio di Cassazione. La vicenda prende avvio dalla pronuncia della quinta sezione della Corte di cassazione con cui si è dichiarato inammissibile il ricorso avverso la sentenza della Corte d’Appello di Bologna che aveva affermato la responsabilità dell’imputato per il reato di partecipazione ad un’associazione ex art. 416-bis c.p. A seguito di ricorso straordinario ex art. 625-bis c.p.p. con il quale si chiedeva la correzione del­l’er­ro­re materiale relativo alla costituzione della parte all’udienza di trattazione in quanto l’imputato lamentava di non essere assistito da alcun difensore, la Corte, con la decisione che si commenta, ha dichiarato il ricorso infondato. Per compiutezza della premessa si ricorda che l’imputato avrebbe dovuto essere assistito da due difensori entrambi deceduti, l’uno, in data antecedente alla notifica dell’avviso di trattazione (avvenuta a mezzo posta elettronica certificata), l’altro, successivamente alla notifica ma prima del giorno del­l’u­dienza. La circostanza, decisamente eccezionale e non a lui addebitabile, avrebbe dovuto imporre, a parere dell’imputato, la nomina di un difensore d’ufficio. Di contrario avviso la Corte che ha rigettato il ricorso ritenendo la mancata conoscenza del decesso del difensore ad essa non addebitabile dal momento che la notifica era avvenuta a mezzo di posta elettronica certificata, utilizzando l’indirizzo che l’ordine professionale di appartenenza aveva comunicato [1]. Preso atto di ciò, in motivazione si afferma che la nomina di un difensore d’ufficio ex art. 97, comma 1, c.p.p. è circostanza residuale: è l’avviso alla parte a costituire elemento per la valida instaurazione del contraddittorio. In particolare, la Corte ha cura di chiarire che la disciplina relativa alla presenza delle parti in quel giudizio può essere dedotta: a) dall’art. 614, comma 1, c.p.p. secondo cui le parti private possono comparire per mezzo dei loro difensori per l’udienza pubblica; b) dall’art. 127, comma 3, c.p.p., a norma del quale i difensori sono sentiti se compaiono, per l’udienza camerale partecipata oltre che dall’art. 611 c.p.p. che esclude la presenza dei [continua ..]


2. La crisi del giudizio dinanzi alla Corte di cassazione e l’intervento della l. n. 103 del 2017

La Corte di cassazione ricava il suo ruolo dall’art. 111, comma 7, Cost., secondo cui è possibile adire il supremo consesso in ipotesi di violazione di legge, e dall’art. 65, comma 1, ord. giud. [4] che le affida il compito di controllo della corretta applicazione della legge e della uniformità dell’interpretazione. Nonostante la chiarezza della disposizione, non si può non sottolineare che il ruolo della Corte sia stato oggetto di dibattito [5], già sotto la vigenza del codice del 1930 [6]. Il riferimento, si diceva, evoca anche il contenuto della disposizione di cui all’art. 65 ord. giud. a norma del quale «la corte suprema di cassazione, quale organo supremo della giustizia, assicura l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, l’unità del diritto oggettivo nazionale, il rispetto dei limiti delle diverse giurisdizioni»; così individuando l’ulteriore ruolo di garante dell’uguaglianza dei cittadini e dell’effettiva soggezione del giudice alla legge. Un ruolo così nobile, però, sembra essere stato compromesso da una pluralità di fattori: l’eccessivo numero di ricorsi, la qualità giuridica delle decisioni [7], i numerosi contrasti tra le sezioni semplici (che rendono non del tutto prevedibile la decisione) hanno fatto avvertire la necessità di una riforma del sistema delle impugnazioni e, in particolare, del giudizio innanzi alla Corte di cassazione. Se a ciò si aggiungono le discutibili ‘incursioni’ nel merito [8] e il cosiddetto ‘diritto creativo’ [9] ben si comprende che il legislatore non poteva non essere costretto a metter mano ad una riforma [10]. Così si è provveduto con la l. n. 103 del 2017 (cd. Riforma Orlando) intervenuta, con non poche critiche, su numerose disposizioni del codice di rito [11]. Benché ritenuta dai più un’occasione mancata per una riforma organica, in tema di impugnazioni la legge del 2017 ha recepito le indicazioni formulate da alcune Commissioni ministeriali [12] nel tentativo di valorizzare la funzione nomofilattica e di ridurre l’area dei provvedimenti ricorribili (come nell’ipotesi di reclamo ex art. 410-bis c.p.p. ovvero di impugnazione della sentenza di non luogo a [continua ..]


3. (segue) L’eliminazione del ricorso personale dell’imputato

La richiamata riforma è intervenuta, poi, per eliminare altra causa di crisi del giudizio in cassazione, abrogando la disposizione di cui al comma 1 dell’art. 613 c.p.p. che consentiva all’imputato di poter proporre il ricorso personalmente [13]. La ratio della modifica è da rinvenire nell’obiettivo – del tutto condivisibile – di ridurre il numero di ricorsi nonché di garantire un più alto livello di professionalità per la proposizione di un atto per una migliore funzionalità della Corte in tema di controllo e di nomofilachia. Ciò anche alla luce della nuova legge professionale [14] che ha reso più restrittiva la disciplina per l’iscrizione all’albo speciale per il patrocinio dinanzi alle magistrature superiori, volto alla formazione di una categoria di difensori abilitati a discutere innanzi alla Corte di cassazione. È noto, del resto, che i ricorsi presentati personalmente dall’imputato – circa il venti percento – venivano dichiarati inammissibili; tra questi si inserivano anche quelli redatti da difensori non iscritti nel­l’apposito albo speciale per eludere il contenuto precettivo del 613, comma 1, c.p.p. [15]. È stato necessario intervenire anche sull’art. 571 c.p.p. che disciplina, in via generale, l’im­pu­gna­zio­ne dell’imputato, inserendo l’inciso «salvo quanto previsto per il ricorso per cassazione dall’art. 613, comma 1». In sostanza, si è assimilata la posizione dell’imputato alle altre parti private che, pacificamente, stanno in giudizio davanti alla Suprema Corte solo attraverso il patrocinio del difensore munito di procura speciale. Problematico, poi, il raccordo con la disciplina relativa alle impugnazioni in materia cautelare dove, di fatto, non era intervenuta alcuna modifica. Non a caso, poco dopo l’entrata in vigore della riforma, è stato sollecitato l’intervento delle Sezioni Unite per dirimere la questione relativa all’applicabilità della nuova disposizione anche al ricorso ex art. 311 c.p.p. Le Sezioni Unite hanno evidenziato che l’intento della novella fosse quello di assicurare un livello più elevato di professionalità e tecnicità nella redazione del ricorso e hanno risolto il contrasto affermando che «il ricorso [continua ..]


4. La difesa tecnica ed il ruolo del difensore

Preso atto della chiara voluntas legis di garantire una qualificata preparazione nell’attività svolta dinanzi alla Suprema Corte e, dunque, di salvaguardare lo jus costitutionis, è necessario chiedersi quale sia, in concreto, il ruolo assegnato al difensore anche alla luce della giurisprudenza formatasi sul tema. Certo. Bisogna prendere atto che – allo stato delle norme – appare condivisibile l’iter motivazionale della sentenza in esame, per il quale non può essere onere della Corte, di volta in volta, nonostante la correttezza delle notifiche, verificare le motivazioni per le quali il difensore non sia eventualmente presente in udienza. Eppure, non può che destare preoccupazione il fatto che si accetti che l’assenza del difensore in quel giudizio sia considerata irrilevante, posto che per la funzione assegnatagli anche in quella sede è chiamato, ad esempio, a rilevare vizi ed eccepire sanzioni processuali, magari sfuggite alla Corte in sede di preparazione dell’udienza. Né è inverosimile – tenuto conto della durata dei processi – immaginare l’ipotesi di omessa notificazione o il mancato rispetto dei termini della stessa ovvero la presenza, nel collegio, di un giudice che abbia preso parte a segmenti precedenti del procedimento (es. in fase cautelare o di merito). Si vuol dire cioè che, benché a normativa invariata non possa pretendersi da parte della Corte un ulteriore onere di controllo circa la corretta partecipazione delle parti, sarebbe necessario ripensare al ruolo del difensore in cassazione per poter garantire e tutelare la legalità del giudizio, non potendo sottovalutare l’esistenza di una generale esigenza «pubblica» ad un corretto funzionamento dell’attività giurisdizionale, quale carattere esistenziale della giurisdizione. Peraltro, si è detto, non può ignorarsi la giurisprudenza costituzionale che, intervenuta in più occasioni, ha chiarito la portata sistematica del diritto di difesa [19], meglio la sua funzione ‘sistematica’. In una prima occasione [20], la Consulta, nel dichiarare infondata la questione, ha riconosciuto che – anche nelle ipotesi di assenza volontaria dell’imputato dal dibattimento – doveva essere garantita la regolarità dello stesso attraverso l’obbligatoria [continua ..]


NOTE