Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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L'espansione del processo a distanza negli itinerari dell'emergenza pandemica * (di Jacopo Della Torre, Assegnista di ricerca in Procedura penale – Università degli Studi di Trieste)


L’articolo analizza la significativa espansione avuta dalla giustizia penale a distanza a causa della pandemia da COVID-19. La prima parte del lavoro è volta a fornire un quadro comparato del fenomeno. Lo scopo è quello di dimostrare come il virus abbia accelerato, su entrambe le sponde dell’Atlantico, il percorso (già in atto) di informatizzazione della giustizia criminale. In seconda battuta, l’attenzione è focalizzata sul panorama processual-penalistico interno: il legislatore italiano, pur di ridurre il contagio, si è dimostrato a sua volta pronto ad assumere a questo riguardo scelte drastiche. Dopo aver esaminato il delicato bilanciamento tra principi costituzionali sotteso al fenomeno del processo virtuale, nonché la questione della tenuta costituzionale delle previsioni sul punto, l’ultimo paragrafo tratta delle prospettive future.

The expansion of remote criminal proceedings during the COVID-19 pandemic

The paper analyses the significant expansion experienced by remote criminal justice due to the COVID-19 pandemic. In the first part of the paper, a comparative perspective is adopted to provide an overview of the phenomenon. The aim is to show how the virus has accelerated, both in Europe and in America, the ongoing process of computerization of criminal justice. In the second part of the paper, the focus is on domestic criminal procedural law: to reduce the spread of the virus, the Italian legislator has demonstrated its willingness to make drastic decisions. After examining the balance among the fundamental principles of online proceedings and the delicate issue of the constitutional validity of the provisions regulating this type of proceedings, the last section discusses future perspectives.

SOMMARIO:

1. Premessa - 2. Il potenziamento della giustizia a distanza come strumento per fronteggiare la pandemia da COVID-19: uno sguardo all’estero - 3. (Segue): l’avanzata nell’ordinamento inglese e in quello statunitense - 4. (Segue): l’esempio francese e quello spagnolo - 5. (Segue): considerazioni di sintesi - 6. L’esperienza italiana: premessa - 7. (Segue): le norme emergenziali in tema di processo penale a distanza - 8. Principi fondamentali a confronto: il delicato bilanciamento sotteso alla giustizia a distanza - 9. La (parziale) tenuta costituzionale delle norme emergenziali italiane - 10. Auspici per il futuro - NOTE


1. Premessa

La pandemia da COVID-19 ha, indubbiamente, stravolto il mondo, dando vita a quella che è stata definita la crisi globale più ardua dal secondo dopoguerra [1]. Per contenere la diffusione del virus, sempre più ordinamenti sono stati costretti ad adottare misure straordinarie, via via più rigide, in grado di comprimere molteplici diritti e libertà fondamentali dell’individuo. Com’era inevitabile, l’emergenza ha inciso massicciamente anche sul campo della giustizia [2]. Di fronte al pericolo di contagio, molti Paesi hanno compiuto scelte drastiche, decidendo, specie in un primo momento, di rinviare la trattazione di una massa enorme di procedimenti [3]. L’impossibilità di sospendere l’intera attività giudiziaria non ha, però, consentito ai legislatori di fermarsi qui. Essi si sono, infatti, dovuti sforzare, al fine di trovare il modo di trattare in sicurezza quantomeno parte delle regiudicande non rinviabili. Il virus ha, in tal modo, inciso sull’«estetica della giustizia» [4]. Così, ad esempio, in vari Stati si è scelto di rinunciare a simboli classici del «rituale giudiziario» [5], come le toghe [6] e le parrucche [7], e, al contempo, hanno fatto trasversalmente la comparsa nelle (poche) corti ancora aperte, accanto alle oramai classiche mascherine, pannelli di plexiglass [8], volti a proteggere le persone dal contagio. Ma l’estrema difficoltà di contenere comunque la pandemia tramite presidi “fisici” ha messo in moto cambiamenti semiotici ben più radicali. Un tanto ha spinto numerosi legislatori a puntare su una massiccia smaterializzazione dell’attività giudiziaria in ogni campo del diritto [9]. In breve tempo, si è così assistito a un’espansione incontrollata del processo a distanza [10]. Anche a questo proposito vi sono stati approcci eterogenei; ma è degno di nota il fatto che, in diversi casi, ci si è spinti tanto in là da trasferire del tutto una parte del carico giudiziario dal mondo fisico delle aule dei tribunali a quello virtuale. Si tratta di uno scenario che, solo fino a poco prima, poteva apparire futuristico: se è vero che l’utilizzo dei collegamenti audio-visivi nel processo penale non rappresenta affatto una novità, è altrettanto indiscutibile che la [continua ..]


2. Il potenziamento della giustizia a distanza come strumento per fronteggiare la pandemia da COVID-19: uno sguardo all’estero

Fin dagli esordi della pandemia, una mole copiosa di studi ha iniziato ad analizzare gli effetti che il virus ha provocato sugli ordinamenti giuridici europei [13] e non solo [14]. Ebbene, una delle tematiche che è stata maggiormente affrontata in tale contesto è, senz’altro, quella della smaterializzazione globale della giustizia. A questo proposito, si possono, ad esempio, ricordare i lavori sull’argomento presenti sul portale tematico Remote Courts Worldwide [15], nonché i reports pubblicati da Fair Trials [16] o dall’European Criminal Bar Association [17], oppure, ancora, da varie istituzioni sovranazionali, come l’OCSE [18], la CEPEJ [19], la Commissione europea [20] o la Fundamental Rights Agency UE [21]. Non essendo, peraltro, possibile in questa sede ricostruire in modo analitico un processo evolutivo tanto vasto ed eterogeneo, nelle pagine che seguono si forniranno solo alcuni esempi paradigmatici di tale fenomeno.


3. (Segue): l’avanzata nell’ordinamento inglese e in quello statunitense

Il primo sistema giuridico su cui pare opportuno concentrare l’attenzione è quello dell’Inghilterra e del Galles. Nonostante sia noto che tale ordinamento abbia una tradizione risalente in ambito di utilizzo di collegamenti audiovisivi nel procedimento penale [22], è altrettanto indubbio che la pandemia abbia impresso una significativa svolta sul punto pure in tale Paese. Sin dall’inizio del contagio, le autorità hanno, infatti, fortemente puntato sulle nuove tecnologie per far fronte alla crisi sanitaria. A riprova di ciò, basti pensare che il Lord Chief Justice Burnett of Maldon, già nelle sue prime direttive emanate per fronteggiare l’emergenza, ha dato la chiara indicazione «to continue as many hearings as possible remotely» [23]. Non si è, peraltro, dovuto attendere molto affinché fosse il legislatore a intervenire in via emergenziale in proposito. Il 25 marzo ha visto la luce il “Coronavirus Act 2020”, le cui sections da 53 a 56 [24] hanno dilatato in modo radicale, per un arco cronologico di tempo prefissato di due anni, la possibilità di celebrare a distanza una nutrita serie di fasi del processo penale [25], tanto di fronte alle Magistrates’Courts, quanto alle Crown Court [26]. Tra le molteplici novità così introdotte, preme menzionarne in particolare due. In prima battuta, va posto in rilievo il fatto che tale complessa novella non si è limitata a incrementare notevolmente i casi in cui uno o più soggetti – tra cui il prevenuto, i testimoni e persino il giudice [27], ma non i giurati [28] – possono partecipare a svariate fasi del rito penale (e anche al dibattimento [29]) tramite collegamenti audiovisivi [30], ma ha fatto di più. Essa ha autorizzato il giudice – ossia il soggetto identificato quale il dominus della remote justice [31] – a disporre la celebrazione di alcune udienze, specie di natura preparatoria o cautelare, ma anche veri e propri trials per reati di scarsa gravità (laddove vi sia l’accordo delle parti [32]), in forma totalmente virtuale, ossia «where there is no physical courtroom and all participants take part in the hearing using telephone or video conferencing facilities» [33]. In secondo luogo, è certamente degna di nota la cura avuta dai riformatori nel [continua ..]


4. (Segue): l’esempio francese e quello spagnolo

L’avanzata repentina del processo penale a distanza, a cui si è fatto riferimento, non ha interessato soltanto Paesi di common law, ma anche vari ordinamenti continentali. Una prima riprova concreta di ciò può essere tratta dal sistema giudiziario francese. Al riguardo, è bene anzitutto ricordare come in tale Stato l’utilizzo della videoconferenza in ambito penale, introdotto dalla l. 15 novembre 2001, n. 2001-1062, sia stato fortemente favorito negli ultimi anni dal legislatore, il quale ha novellato a più riprese l’art. 706-71 cod. proc. pén., al fine di consentirne un utilizzo sempre più massiccio [67]. Va tuttavia posto in rilievo come il Conseil constitutionnel abbia cercato di porre un freno a tale trend espansivo. Ci si riferisce, in particolare, al fatto che il giudice delle leggi d’oltralpe, con tre recenti decisioni [68], ha dichiarato contrastante con la Carta fondamentale l’utilizzo della videoconferenza in materia cautelare, laddove il mezzo tecnico sia attivato senza il consenso del prevenuto. In proposito, merita rilevare come la base di siffatte pronunce stia nel diritto di difesa. Secondo i giudici, infatti, tale garanzia fondamentale verrebbe compressa in modo eccessivo dall’uso obbligatorio della videoconferenza nell’ambito di misure cautelari detentive; e ciò in quanto il prevenuto e il suo avvocato non sarebbero messi nelle migliori condizioni di esporre le argomentazioni a proprio favore [69]. Nonostante la Corte costituzionale abbia quindi sottolineato con enfasi «l’importance de la garantie qui s’attache à la présentation physique de l’intéressé devant le magistrat ou la juridiction compétent» [70], va preso atto di come lo scoppio della pandemia da COVID-19 abbia scombinato del tutto le carte in tavola, portando le forze politiche francesi a puntare in modo ancor più netto sulla giustizia digitale. Con una singolare coincidenza cronologica rispetto a quanto accaduto nel sistema processuale britannico, il 25 marzo 2020 ha, infatti, visto la luce l’ordonnance no 2020-303, il cui art. 5 ha introdotto una disciplina speciale in proposito rispetto all’art. 706-71 cod. proc. pén., valida fino a un mese dopo la data di cessazione dello stato di emergenza sanitaria [71]. Orbene, tale provvedimento normativo ha autorizzato i [continua ..]


5. (Segue): considerazioni di sintesi

All’esito di questo sguardo all’estero, pare utile svolgere alcune considerazioni di sintesi. In prima battuta, gli esempi contenuti nelle pagine che precedono forniscono una precisa riprova di come davvero, specie nel periodo più duro dell’epidemia in atto, la remote criminal justice abbia contribuito, su entrambe le sponde dell’Atlantico, a evitare un blocco pressoché totale della giustizia penale. In secondo luogo, gli spunti sopra riportati dimostrano come le norme emergenziali approvate dai legislatori inglese, nordamericano, francese e spagnolo, in tema di processo penale a distanza presentino vari punti di contatto. Ad esempio, è degno di nota che tutti i Paesi esaminati abbiano sì attribuito natura temporanea alle previsioni in materia di processo penale telematico, ma, nel contempo, abbiano previsto una scadenza assai dilatata per le stesse, senza sentire la necessità di adattarle continuamente con modifiche legate all’andamento della curva pandemica. Se un tanto è vero, non si può però fare a meno di notare come le somiglianze siano maggiori (specie dal punto di vista dell’estensione “quantitativa” dell’apertura alla giustizia telematica) tra sistemi giuridici appartenenti a una tradizione giuridica omogenea, come avviene, rispettivamente, per quelli francese e spagnolo, da un lato, e per quelli inglese e nordamericano, dall’altro. Le differenze senz’altro più significative si hanno, non a caso, tra i due ordinamenti che, oggi giorno, rappresentano gli archetipi del modello misto e di quello adversarial: ossia, rispettivamente, i sistemi giuridici francese e statunitense. Tali Paesi, infatti, come si è visto, attribuendo un ruolo del tutto opposto al consenso del prevenuto circa il compimento degli atti a distanza (requisito in Francia del tutto irrilevante, mentre negli Stati Uniti, almeno a livello federale, assolutamente necessario), hanno dimostrato, una volta di più, di avere una concezione tuttora molto diversa del rapporto tra individuo e autorità in campo processuale penale. In ultima analisi, va preso atto di come in tutti i sistemi finora analizzati sia stato a più voci denunciato il fatto che la repentina diffusione della cyberjustice presenti non solo luci, ma pure significative ombre. L’opinione per cui la giustizia a distanza, specie se non adeguatamente regolata, [continua ..]


6. L’esperienza italiana: premessa

Neppure per l’ordinamento processuale penale italiano la giustizia a distanza rappresenta una novità. Anche il nostro legislatore ha iniziato da tempo a consentire (o a prescrivere) l’utilizzo di strumentazioni audiovisive per finalità probatorie nell’ambito della giustizia criminale. I primi passi in proposito sono stati percorsi già negli anni Novanta, allorquando sono stati inseriti, come forma di contrasto nei confronti della criminalità organizzata (specie di stampo mafioso), previsioni quali gli artt. 147 bis e 146 bis disp. att. c.p.p. [104]. I conditores non si sono però affatto fermati qui. Nel corso del tempo, essi hanno arricchito questo primo “nucleo” di giustizia penale a distanza, interpolando norme nuove in materia [105] ed estendendo l’ambito di applicazione di quelle già presenti [106]. Operazione quest’ultima che ha, da ultimo, subito un’accelerazione significativa con la c.d. “riforma Orlando” (l. 23 giugno 2017, n. 103), la quale ha dilatato a tal punto il perimetro dell’art. 146 bis disp. att. c.p.p., da aver «fatto parlare di una vera e propria “rivoluzione” nella disciplina dalla partecipazione al dibattimento a distanza, per effetto di una sostanziale “mutazione genetica” di questo meccanismo» [107]. Ciò premesso, va tuttavia chiarito che, fino alle modifiche emergenziali di cui si dirà nelle pagine che seguono, pure la disciplina italiana aveva incontrato un limite invalicabile nella “fisicità” dei palazzi di giustizia. Ci si riferisce, in particolare, al fatto che il legislatore, mediante previsioni quali quelle appena menzionate, aveva consentito sì di sentire a distanza, in una serie (sempre più ampia) di fattispecie, alcuni soggetti del procedimento, ma non si era mai spinto così in là da smaterializzare pure la sede da cui i giudici e i pubblici ministeri tradizionalmente svolgono le proprie funzioni. Per di più, un secondo limite riguardava la strumentazione utilizzata per svolgere le attività in remoto: anche in Italia, quest’ultime venivano compiute mediante impianti specifici, denominati MVC-1 (Multi-Video-Colle­gamento) [108], collocati fisicamente nei palazzi di giustizia e nei luoghi di detenzione, mentre l’autorità giudiziaria non si avvaleva di [continua ..]


7. (Segue): le norme emergenziali in tema di processo penale a distanza

Chiarito un tanto sul piano del metodo, si può scendere in medias res a ricostruire l’intricata trama normativa in punto di remote criminal justice, creata dal legislatore italiano, onde reagire al virus [109]. In sintesi, possono identificarsi quattro macro fasi della disciplina emergenziale. La prima – collocabile da un punto di vista cronologico tra i primi giorni di marzo del 2020 e la fine del mese di aprile – è regolata da un trittico di decreti legge: ossia i d.l. 2 marzo 2020, n. 9, 8 marzo 2020, n. 11 e 17 marzo 2020, n. 18. Si tratta, com’è noto, degli atti iniziali con cui l’esecutivo ha tentato di riorganizzare l’attività giudiziaria, prima nelle c.d. “zone rosse” e poi sull’intero territorio nazionale, per far fronte all’emergenza da COVID-19. Per quanto qui rileva, va ricordato che tutti questi provvedimenti si basano su uno schema di fondo analogo: essi, da un lato, hanno sospeso la maggior parte dei procedimenti penali non urgenti e, da un altro lato, hanno ampliato la possibilità di celebrare in remoto alcuni atti, mediante una serie di norme speciali, la cui durata è stata prestabilita nel tempo. La disposizione senz’altro principale tra quelle introdotte da tali decreti è l’art. 83, comma 12, d.l. 18/2020 (c.d. “cura Italia”) [110]. La versione originaria di quest’ultimo stabiliva, più in particolare, che, dal 9 marzo 2020 al 30 giugno 2020, le persone detenute, internate o in stato di custodia cautelare partecipassero, ove possibile, a qualsiasi udienza «mediante videoconferenze o con collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia». Tre sono gli aspetti di tale previsione su cui vale la pena soffermarsi. Il principale sta nel fatto che il legislatore ha autorizzato, già in questi primi atti, il compimento in remoto delle attività giudiziarie non solo tramite gli impianti classici della videoconferenza (ossia i cd. MVC-1), ma anche mediante «collegamenti» di diverso tipo, individuati in concreto dall’amministrazione. Così facendo, il Governo, resosi evidentemente conto del fatto che gli impianti per le videoconferenze installati presso i palazzi di giustizia sarebbero potuti non bastare, ha compiuto una prima, [continua ..]


8. Principi fondamentali a confronto: il delicato bilanciamento sotteso alla giustizia a distanza

Nelle pagine che precedono, si è avuto modo di osservare come quella della giustizia a distanza rappresenti, non solo in Italia, una «materia incandescente» [163]. Ciò non stupisce, dal momento che le norme sul punto costituiscono il frutto di un complesso bilanciamento tra interessi confliggenti [164]: da un lato, vi sono i valori – potenzialmente eterogenei – per la cui tutela i legislatori danno vita all’istituto dei collegamenti audiovisivi nel processo penale e, da un altro lato, i diritti dell’imputato, i quali corrono il pericolo di essere erosi dalla virtualità insita al fenomeno in esame. Si tratta di un mix instabile, idoneo a provocare uno scontro perenne tra formanti dell’ordinamento. Preso atto di ciò, nel presente paragrafo ci si soffermerà più nel dettaglio sul problematico rapporto tra remote criminal justice e garanzie del prevenuto [165], nonché sulle finalità contrapposte, che, in un’ot­tica di ponderazione, spingono le forze politiche a puntare comunque sulla smaterializzazione del rito. Iniziamo dal primo aspetto. Il tema notoriamente più delicato è quello dell’impatto negativo che il processo a distanza è idoneo a produrre sul diritto di difesa, tanto se inteso nella sua componente di difesa tecnica, quanto di difesa materiale (o autodifesa) [166]. Non è del resto difficile rendersi conto di come la rottura del contesto spazio-temporale, determinata dalla justice digitale, renda ai legali quantomai arduo fornire un servizio difensivo di qualità ai propri assistiti [167]. I processi in remoto non si limitano, infatti, solo a porre agli avvocati vari ostacoli di ordine prettamente tecnico-giuridico (tra cui, solo per fare un esempio, quella di rendere più complesso il controllo sull’applicazione o sulla violazione delle norme processuali), ma soprattutto rischiano di pregiudicare la fluidità del «rapporto imputato-difensore», nel caso in cui i due non partecipino al processo dallo stesso luogo, precludendo così «la possibilità di reagire tempestivamente» [168] agli avvenimenti nelle aule d’udienza. Si tratta di argomentazioni critiche diffuse da tempo che – come si è visto – hanno trovato oggi l’autorevole avallo della Corte costituzionale francese [169]. Vanno, [continua ..]


9. La (parziale) tenuta costituzionale delle norme emergenziali italiane

Come si è avuto modo di accennare, nel nostro Paese i giudizi nei confronti della legislazione emergenziale in tema di remote criminal justice si sono polarizzati in sensi antitetici. Da un lato, si è posta l’avvocatura che – anche in ragione di preoccupazioni legate a una definitiva stabilizzazione delle norme sul punto – ha fortemente criticato in particolare l’art. 83, commi 12 ss., d.l. n. 18/2020, tacciandolo di essere affetto da plurimi profili di incostituzionalità [220]. Su un versante opposto, si è collocata buona parte della magistratura, che ha ritenuto, per converso, la disciplina de qua pienamente idonea a salvaguardare le garanzie minime dell’accusato [221]. Nondimeno, neppure la dottrina si è dimostrata maggiormente compatta: a fronte di opinioni altrettanto critiche di quelle dell’avvocatura [222], si riscontrano tesi, pur eterogenee, tutto sommato, favorevoli rispetto alla disciplina in proposito [223]. Per parte nostra, sviluppando quanto affermato dalla Corte di Strasburgo, riteniamo che la strada più equilibrata per valutare l’operato del legislatore sia quella – già indicata da alcuni studiosi [224] – di sottoporre le previsioni in tema di processo a distanza a un vaglio di proporzionalità [225], tanto con riguardo allo scopo perseguito dai conditores, quanto in merito alla capacità delle stesse di salvaguardare sempre il nucleo duro delle garanzie dell’equo processo, non comprimendole comunque mai oltre lo stretto necessario [226]. Orbene, per quanto concerne la natura degli obiettivi perseguiti dal legislatore mediante le norme sul processo a distanza, emanate dai primi di marzo in poi, nulla queastio. Si è, del resto, già ricordato che il Parlamento e il Governo hanno adottato tali previsioni per il fine, certamente prioritario, di evitare una propagazione eccessiva del virus COVID-19 e, pertanto, al fine di salvaguardare i diritti primari alla salute e alla vita. Si tratta, insomma, di ragioni di per sé sicuramente meritevoli di tutela, che, in un’ottica di bilanciamento, risultano idonee a giustificare un’attenuazione anche del diritto di difesa. Un discorso più complesso va fatto con riguardo alla seconda parte del test. Sul punto, la valutazione non può, infatti, che variare, non solo a seconda di quale tra le molteplici [continua ..]


10. Auspici per il futuro

Il fatto che, come si è visto, ancora nell’ottobre 2020 il Governo si sia trovato a emanare, a pochi giorni l’uno dall’altro, due decreti legge (rispettivamente, i nn. 125 e 137/2020) in tema di processo a distanza, di stampo totalmente opposto, fornisce una definitiva riprova dell’estrema difficoltà avuta dal potere politico nostrano nell’approcciarsi al tema de quo. Alla luce di un tanto, non vi sono dubbi nell’affermare che anche l’Italia avrebbe fatto meglio a seguire l’esempio di tutti quegli ordinamenti che non sono stati tanto temerari da cercare di inseguire continuamente, con una selva di atti, la curva di contagi, ma hanno cristallizzato un apparato normativo flessibile e proporzionato, volto a consentire agli operatori giudiziari di continuare a lavorare, per tutta la durata della crisi sanitaria, in forma telematica e, pertanto, in sicurezza. Si spera, perlomeno, che, dopo il d.l. n. 137/2020, i conditores abbiano definitivamente fatto tesoro di tale errore di impostazione di fondo e lascino in vigore le norme in tema di remote criminal justice ivi contenute fino al termine della pandemia. Peraltro, anche a prescindere da ciò, nel momento in cui il legislatore tornerà a regolare l’istituto in esame è bene che rimedi ai punti oscuri della legislazione emergenziale finora emanata in materia. Per un verso, infatti, lo stesso non dovrà più sacrificare del tutto il canone di pubblicità e, per un altro, è auspicabile che si dimostri maggiormente rispettoso dell’art. 111, comma 1, Cost. In seguito, una volta terminata l’emergenza sanitaria, sarà arrivato il tempo di avviare una seria riflessione sul rapporto tra nuove tecnologie e processo penale. Ci pare, infatti, che questa smaterializzazione forzata della giustizia, dovuta alla pandemia da COVID-19, possa servire, pur con i dovuti accorgimenti del caso, da guida per il futuro. Essa, infatti, ha consentito di creare un prezioso know how, che non possiamo permetterci di disperdere interamente. Dell’importanza di far tesoro di quanto avvenuto, si è del resto dimostrata ben conscia la Commissione europea, la quale ha già iniziato ad avviare i lavori al fine di mettere in campo una serie di iniziative normative, anche in ambito criminale, volte a digitalizzare in modo più massiccio l’attività giudiziaria nello spazio di [continua ..]


NOTE