Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Corte di giustizia UE (di Francesca Dri e Elisa Grisonich)


La Corte di Giustizia si pronuncia nuovamente in materia di sanzioni penali conseguenti alla violazione del divieto di reingresso non preceduto dalla previa e fruttuosa esecuzione del provvedimento di rimpatrio (Corte di Giustizia UE, Quinta Sezione, 17 settembre 2020, causa C-806/18) di Francesca Dri La questione pregiudiziale in oggetto verte sull’interpretazione della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (G.U.U.E. 24 dicembre 2008, L 348 p. 98). Tale istanza è stata presentata dallo Hoge Raad der Nederlanden (Corte Suprema dei Paesi Bassi, nel prosieguo “Corte Suprema”) nell’ambito di un procedimento penale a carico di J.Z., cittadino algerino destinatario di una decisione di rimpatrio, notificata ai sensi dell’art. 6 della direttiva in parola, e di un divieto di reingresso nel territorio dello Stato, disposti in ragione delle numerose condanne penali riportate dall’imputato. Poiché la procedura di rimpatrio non aveva sortito alcun esito fruttuoso, continuando J.Z. a soggiornare illegalmente nel territorio dei Paesi Bassi senza mai essersene allontanato, il predetto veniva condannato a pena detentiva per violazione del divieto di reingresso, sanzionato dall’art. 197 del codice penale nazionale. Nelle more del procedimento pendente dinnanzi al giudice del rinvio, la difesa di J.Z. invocava una precedente pronuncia della Corte di giustizia, resa in relazione ad un caso analogo rispetto a quello sub iudice (C. giust. UE, 26 luglio 2017, Ouhrami, C-225/16), secondo cui il divieto di reingresso produce i propri effetti solo a decorrere dall’avvenuto rientro dell’interessato nel suo Paese d’origine o in altro Stato terzo. Secondo la Corte, infatti, qualora la decisione di rimpatrio non abbia mai avuto concreta esecuzione e il suo destinatario non abbia di fatto lasciato il territorio dello Stato, non vi è margine per addivenire alla condanna dell’interessato a titolo di violazione del divieto di reingresso, atteso che il soggetto in questione non poteva materialmente porre in essere la condotta censurata. L’arresto giurisprudenziale appena richiamato ha determinato un significativo contrasto interpretativo sul piano interno, di cui la Corte Suprema ha dato puntualmente conto: da un lato, infatti, vi è chi aderisce alla posizione espressa dalla Corte di Giustizia, ritenendo l’avvenuto allontanamento dallo Stato un necessario prius logico ai fini del perfezionamento della fattispecie di cui all’art. 197 citato; dal­l’altro, si contrappone a tale lettura chi considera sufficiente ad integrare l’elemento costitutivo del reato in parola la conoscenza o conoscibilità del provvedimento di divieto da [continua..]

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Fascicolo 6 - 2020