Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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L´ordine di assunzione della prova dichiarativa. Principi, regole e prassi (di Giulia Fiorelli, Ricercatrice di Diritto processuale penale – Università degli Studi Roma Tre)


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Il presente contributo esamina le regole inerenti all’ordine di assunzione della prova dichiarativa, che scandiscono la sequenza dell’attività argomentativa nel corso del giudizio, esaltando la vocazione cognitiva tipica di una contesa dialettica. Nonostante la rilevanza degli interessi sottesi all’incedere ordinato delle cadenze istruttorie nel corso del dibattimento, si registra, tuttavia, nella prassi un atteggiamento di ritrosia a riconoscere effettivi rimedi sanzionatori in caso di violazione delle formalità prescritte per l’assunzione delle prove. Interrogarsi, quindi, sulle conseguenze provocate dalle trasgressioni delle modalità assuntive della prova orale offre l’occasione per comprendere fino a che punto gli approdi giurisprudenziali raggiunti sul tema possano ritenersi in sintonia con l’impostazione di fondo accolta dal legislatore del 1988 in materia probatoria.

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Chronological order for the gathering of evidence. Principles, rules and praxis

This essay focuses on the chronological order for the gathering of evidence, which marks the sequence of cases during trial. Despite the relevance of the interests underlying the chronological order for the gathering of evidence, the established practice doesn’t recognize procedural sanctions in case of violation of the relevant formalities. Investigating the legal consequences of procedural violations allows to understand the distance between the case law and the adversarial evidentiary model.

SOMMARIO:

1. Le «regole del gioco» per un’ordinata dialettica dibattimentale - 2. L’ordine di turno variabile, tra probabilità ed imprevisti - 3. Il rispetto dei turni istruttori: è solo una questione di fair play? - NOTE


1. Le «regole del gioco» per un’ordinata dialettica dibattimentale

Scriveva Calamandrei, «il processo è una serie di atti che si incrociano e si corrispondono come le mosse di un giuoco: di domande e risposte, di repliche e controrepliche, di azioni che danno luogo a reazioni, suscitatrici a loro volta di controreazioni» [1]. In queste parole, scritte settant’anni fa, sembrano condensarsi le forme dialogiche che il legislatore del 1988 ha voluto imprimere all’intero apparato che sorregge la fase dell’istruzione probatoria nel processo penale. La “partita verbale” giocata tra le parti, nella formazione della prova, esalta, come noto, il profilo ludico del processo penale, evocando «una specie di rappresentazione allusiva e simbolica di certamen primitivo» [2] nel quale accusa e difesa partecipano ad una contesa, leale e regolamentata, per la costruzione della verità. Sotto questo aspetto, la dialettica dibattimentale [3], instauratasi secondo le cadenze dell’esame e del controesame delle fonti dichiarative, finisce proprio per accentuare il carattere figuratamente agonistico del processo [4]. E come ogni gioco [5], anche l’istruzione probatoria postula regole ben precise che scandiscono, secondo un ordine cronologico prestabilito, l’incedere delle parti e dei rispettivi argomenti di prova nel corso del giudizio. Le parti, a turno, si avvicendano nel dibattimento, allo stesso modo che «in una partita a scacchi debbono i giuocatori regolarmente alternarsi nel muovere i pezzi» [6]. Non è casuale, del resto, che il verbo “istruire” abbia assunto, nella linguistica classica, il significato di «edificare secondo uno schema» [7]. Nel processo penale, infatti, l’escussione probatoria progredisce attraverso una successione accuratamente organizzata di «turni istruttori» [8], ovverosia “porzioni” del dibattimento all’interno delle quali la parte provvede all’assunzione delle prove di cui ha fatto richiesta. In particolare, a norma dell’art. 496, comma 1, c.p.p., l’istruzione dibattimentale inizia con l’assunzione delle prove richieste dal pubblico ministero e prosegue, nell’ordine previsto dall’art. 493, comma 1 c.p.p. [9], con le prove dedotte dalla parte civile, dal responsabile civile, dal civilmente obbligato per la pena pecuniaria e, infine, [continua ..]


2. L’ordine di turno variabile, tra probabilità ed imprevisti

La programmazione dell’istruzione lungo la sequenza di turni istruttori che, ai sensi del primo comma dell’art. 496 c.p.p., assegna precedenza all’assunzione delle prove “a carico” – rispetto a quelle “a discarico” – può subire, tuttavia, alcune variazioni. È possibile, cioè, che le parti decidano di concordare un diverso ordine di escussione probatoria. A tale riguardo, l’art. 496, comma 2, c.p.p. ammette espressamente che l’assunzione delle prove, secondo le cadenze fissate dal legislatore, possa venire derogata mediante accordo tra le parti. Si tratta di un meccanismo negoziale attivabile, in conformità all’opinione largamente condivisa in dottrina, anche attraverso la prestazione tacita del consenso [29], incombendo sulla parte contraria ad accettare un diverso ordine di assunzione probatoria l’onere di manifestare il proprio dissenso prima dell’inizio dell’escussione. L’ammissibilità della manifestazione tacita del consenso riposa, secondo questa opinione, sul rilievo per cui, a fronte del compimento di un’attività in modo difforme dal dettato di una norma derogabile, l’omessa opposizione delle parti rappresenta un indice inequivoco della volontà, «in base a logica e interpretazione dei comportamenti secondo lealtà, di non avere un concreto interesse contrario, e quindi di acconsentire a quella diversa organizzazione delle attività» [30]. Una simile impostazione, però, non convince appieno. Sebbene configuri una forma soft di giustizia penale negoziata, in quanto l’accordo si limita ad investire unicamente il quomodo probatur [31], l’eccezione pattizia deve poter consentire, pur sempre, l’adozione di particolari cautele volte ad assicurare che tale scelta sia davvero libera e consapevole. Attesa, infatti, la natura eccezionale della previsione contenuta nell’art. 496, comma 2, c.p.p., che integra una deroga alle regole fondamentali in tema di assunzione delle prove, appare maggiormente coerente con gli interessi sottostanti all’ordine legale dei turni istruttori, una lettura della norma che prediliga la manifestazione inequivoca e consapevole della concorde volontà delle parti. Il che sembra doveroso, a maggior ragione, qualora si ritenga che il consenso, una volta prestato, diventa [continua ..]


3. Il rispetto dei turni istruttori: è solo una questione di fair play?

Una volta fissate le regole per un’ordinata dialettica dibattimentale, resta da comprendere quali rimedi sanzionatori vengano predisposti dall’ordinamento nel caso in cui le stesse non risultino osservate. Va detto, anzitutto, che la risposta a questo interrogativo si colloca lungo un crinale scivoloso, che dischiude interessanti scenari sull’effettiva operatività delle previsioni sanzionatorie afferenti alle modalità assuntive della prova orale, secondo la rilettura – e la correlativa riscrittura – proposta dalla giurisprudenza nei trent’anni di vigenza del codice di rito. Il repertorio giurisprudenziale sul tema offre un dato difficilmente eludibile, segno evidente della «scarsa comprensione del modello istruttorio imposto dal codice, che nell’ordine e nella progressione di adempimenti, poteri e facoltà consegna il valore aggiunto della logica del processo di parti» [60]. Le “incomprensioni” nascono dal fatto che, analogamente a quanto accadeva sotto la vigenza del codice del 1930 [61], il rispetto dell’ordine dettato dal legislatore per l’assunzione delle prove non è presidiato da un esplicito regime sanzionatorio. Dal silenzio della legge sul punto, un orientamento giurisprudenziale pressoché univoco [62], sostenuto anche da parte della dottrina [63], ha fatto discendere la natura ordinatoria delle norme che regolano la sequenza logico-temporale dei turni istruttori nel dibattimento. Secondo la linea interpretativa pacificamente tracciata dai giudici di legittimità, la violazione del­l’art. 496 c.p.p. non provocherebbe né l’inutilizzabilità, né la nullità delle prove assunte mediante un ordine diverso, risolvendosi, al più, in una mera irregolarità [64]. Una simile conclusione non figura certo inedita nel vasto panorama della giurisprudenza [65], che mostra, da tempo, una diffusa ritrosia, per un verso, a ravvisare una causa di inutilizzabilità nella violazione delle formalità prescritte per l’assunzione delle prove e, per altro verso, a ricorrere alla categoria delle nullità d’ordine generale di cui all’art. 178 c.p.p. Sono noti, infatti, gli argomenti spesi per escludere, in particolare, che dall’inosservanza delle regole fissate per disciplinare le modalità di assunzione della prova [continua ..]


NOTE
Fascicolo 5 - 2020