Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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La “minorata” concezione del ne bis in idem internazionale nel sistema integrato di tutela dei diritti della persona (di Elvira Nadia La Rocca, Ricercatrice di Diritto processuale penale – Università degli Studi di Roma “La Sapienza”)


Il contributo, a commento di una recente decisione della Suprema Corte, ripercorre in maniera critica i consolidati orientamenti in tema di ne bis in idem internazionale.

The narrow conception of the international ne bis in idem in the integrated system of protection of human rights

Commenting on a recent decision of the Italian Supreme Court, a writing reminds critically the settled case law on the interational ne bis in idem.

Ne bis in idem internazionale: la Cassazione ne precisa i limiti di operatività In caso di reato commesso nel territorio nazionale da un cittadino soggetto anche alla giurisdizione di altro Stato, con cui non vigono accordi idonei a derogare alla disciplina di cui all’art. 11 c.p., il processo celebrato innanzi a quello Stato non preclude la rinnovazione del giudizio in Italia per i medesimi fatti, non essendo quello del “ne bis in dem” principio generale del diritto internazionale, come tale applicabile nell’ordinamento interno. [Omissis]   RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza emessa in data 14.5.2009 a seguito di annullamento con rinvio pronunciato da questa Corte di legittimità con decisione del 13.11.2008, la Corte di Assise di Appello di Firenze condannava (omissis), cittadino albanese, alla pena di ventuno anni e otto mesi di reclusione per i delitti di omicidio aggravato - commesso a Firenze in danno del connazionale (omissis) - e di detenzione e porto illegali di armi. La sentenza di condanna diveniva irrevocabile in data 21.10.2010, a seguito del rigetto del ricorso per cassazione proposto dall’interessato, e veniva posta in esecuzione con provvedimento emesso in data 22.1.2010 dalla Procura Generale territoriale, che indicava la pena da espiare in diciotto anni e otto mesi di reclusione dopo l’applicazione del beneficio dell’indulto nella misura di tre anni, ai sensi della legge n. 241/2006. Per i medesimi fatti oggetto del giudizio italiano (omissis) era stato condannato alla pena di quattordici anni di reclusione con sentenza emessa in data 17.10.2008 dal Tribunale albanese del distretto giudiziario di Lezhe, divenuta irrevocabile il 27.10.2008 e posta in esecuzione dalla locale Procura. 2.Ciò premesso, il condannato - allo stato latitante - presentava istanza alla Corte di Assise di Appello di Firenze, quale giudice dell’esecuzione, al fine di ottenere, in applicazione del principio del ne bis in idem europeo, la revoca della meno favorevole sentenza di condanna emessa dal Giudice nazionale: in via principale, mediante il riconoscimento della diretta efficacia dell’art. 54 della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen (CAAS) adottata il 19.6.1990 e dell’art. 50 della Carta di Nizza; in via subordinata, in base alla Convenzione europea di estradizione di Parigi del 1957 (cui avevano aderito sia l’Italia che l’Albania) e, comunque, per l’applicabilità della disposizione di cui all’art. 669 cod. proc. pen. 3.Con l’ordinanza in epigrafe la Corte adìta rigettava l’istanza, osservando, alla luce dell’attuale quadro normativo e giurisprudenziale nazionale e sovranazionale, che: a) il principio del ne bis in idem non costituiva un principio generale del diritto internazionale riconosciuto e automaticamente recepito ai sensi dell’art. 10 [continua..]

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SOMMARIO:

1. Il caso deciso - 2. Il ne bis in idem nella trama dei diversi livelli di tutela - 3. Il protagonismo statuale irrinunciabile - 4. La concezione di fondo: il ne bis in idem diritto fondamentale dell’uomo - NOTE


1. Il caso deciso

Con la sentenza annotata la Suprema Corte è tornata ad occuparsi del divieto di bis in idem nella sua dimensione internazionale, quella che supera e prescinde dall’area Schengen e dal diritto dell’Unio­ne europea, finendo per scontare – malgrado il suo valore primigenio – quelle limitazioni operative che ne subordinano l’efficacia alla sottoscrizione di Patti tra Stati. Nello specifico, la vicenda sottoposta al controllo di legittimità ha visto coinvolto un cittadino albanese condannato per il medesimo fatto da un tribunale della Repubblica di Albania e da una Corte italiana. Il passaggio in giudicato della sentenza pronunciata in Italia, successivo a quello della decisione straniera, aveva indotto l’interessato a rivolgere istanza al giudice dell’esecuzione affinché, in applicazione del principio del ne bis in idem, revocasse la meno favorevole sentenza di condanna emessa dal giudice nazionale in applicazione dell’art. 669 c.p.p. Avverso la decisione di rigetto di tale istanza è stato proposto il ricorso di legittimità in ragione del mancato riconoscimento della violazione del divieto di bis idem, principio consacrato in ambito nazionale, convenzionale ed eurounitario. Ad avviso della difesa, l’affermazione per cui i principi e le regole derivanti dalla Convenzione di Applicazione dell’Accordo di Schengen e dalla Carta di Nizza non potessero applicarsi al di là dei rapporti tra gli Stati ad esse aderenti e che, in difetto di accordi internazionali specifici, non potesse essere derogata la disciplina dettata dall’art. 11 c.p., avrebbe trascurato l’indiretto rilievo assunto in materia dall’art. 9 della Convenzione Europea di Estradizione di Parigi del 1957, pacificamente operante nei rapporti tra Italia e Albania, a tenore del quale l’estradizione non è accordata «quando la persona è stata giudicata in forma definitiva dalle autorità competenti della parte richiesta, per il fatto o i fatti per i quali l’estradizione è domandata». Negando rilievo alla sentenza irrevocabile albanese, nel caso di specie, ai fini del riconoscimento del ne bis in idem internazionale, si sarebbe violato “il senso generale” della citata Convenzione in materia di estradizione, rendendo, in modo irragionevole, tale pronuncia solo parzialmente efficace – ai fini [continua ..]


2. Il ne bis in idem nella trama dei diversi livelli di tutela

Come molti tra i tradizionali diritti fondamentali dell’individuo, anche quello alla non duplicazione del processo penale per lo stesso fatto [5] si attesta in una posizione di stabilità, pure in un sistema in costante movimento, a volte difficile da sintetizzare e condurre ad unità a causa di continue controspinte, dialoghi e inceppamenti decisionali derivanti da vedute differenti. Stando anche alla ricognizione operata dalla Corte di cassazione, il divieto di un doppio processo gode di una tutela privilegiata a differenti livelli: quello interno e sovranazionale, quello del diritto dell’Unione europea e, infine, quello internazionale. La protezione dell’individuo rispetto ad un secondo processo in idem, più di recente definito “fondamentale principio di civiltà giuridica” [6], trova riconoscimento nella quasi totalità degli ordinamenti interni, che ne contemplano il valore nella normazione di rango ordinario o, in alcuni casi, costituzionale [7]. Sorretto pure dall’interesse a che venga pienamente riconosciuta l’autorità della cosa giudicata, a garanzia della stabilità delle decisioni giudiziarie, il principio si avvantaggia, notoriamente, della vis rei iudicatae come elemento di pace sociale per l’as­si­curazione della certezza del diritto, dell’equo processo, della proporzionalità della pena rispetto al­l’offesa [8]. I contenuti di tale certezza, intesa in senso subiettivo, sono quelli più idonei, probabilmente, a giustificare la funzione del giudicato penale e del ne bis in idem [9], come espediente pratico che sottrae il singolo ad una illimitata possibilità di persecuzione penale e quindi all’arbitrio incondizionato dell’or­ga­no punitivo [10]. Il peso attribuito al divieto di bis in idem a livello interno è intuibile. Nelle righe degli articoli 649 e 669 del codice di rito riecheggia la funzione del principio [11]: l’interesse dello Stato all’accertamento del reato lascia spazio al contrapposto diritto dell’accusato a non permanere in una situazione di perenne assoggettamento alla giurisdizione per la medesima condotta oggetto della res iudicata. In questa misura, conserva ancora la sua ragion d’essere la visione che intravede nel ne bis in idem la tipica funzione [continua ..]


3. Il protagonismo statuale irrinunciabile

Nella visione offerta dalla sentenza annotata e, più in generale, dalla giurisprudenza interna, sembra estraneo al corpuscolo appena analizzato il grado di tutela offerto al ne bis in idem dal diritto internazionale: nella scala dei livelli, che come cerchi concentrici sembrano uniti nel nucleo essenziale e centrale proprio dalla comunanza di valori consacrata formalmente in una base pattizia, quello propriamente internazionale si colloca in una posizione parallela, che ha punti di contatto con gli altri solo al cospetto di una convenzione tra gli Stati coinvolti. Lo spazio giudiziario europeo che giustifica la tutela contro la duplicazione del processo non corrisponde allo spazio giudiziario internazionale [22], malgrado sia di molto risalente la sua affermazione proprio nelle sedi internazionali stesse [23]. Le classificazioni rituali offrono una duplice accezione del ne bis in idem internazionale [24]: nella accezione “verticale” il divieto mira a scongiurare il rischio di un doppio procedimento nei rapporti tra le giurisdizioni statuali e gli organi giurisdizionali internazionali [25]; in quella “orizzontale”, invece, il principio tende ad escludere la rinnovabilità del procedimento penale avente ad oggetto un fatto già giudicato in via definitiva con sentenza straniera di condanna o di proscioglimento, pronunciata da un’autorità giudiziaria appartenente ad un ordinamento diverso da quello potenzialmente competente a procedere in idem. Scorrendo i pronunciamenti della giurisprudenza interna, alcuni dei quali prontamente recepiti dalla sentenza annotata, ci si avvede che solo nella prima accezione il divieto è considerabile alla stregua di principio generale del diritto internazionale nella misura richiesta dall’art. 10, comma 1, Cost.: la Consulta ha negato la possibilità di qualificare il principio del ne bis in idem orizzontale quale principio comune agli ordinamenti interni. In questa dimensione sarebbe valorizzabile solo quello applicabile alle sentenze dei tribunali internazionali, come è stato ammesso dalla giurisprudenza dei predetti tribunali e come è richiesto, per i rapporti giuridici internazionali, dalle medesime esigenze che sono a fondamento del principio nei rapporti interni. Il Giudice delle leggi, nel ribadire che “il divieto di bis in idem con riferimento alle sentenze [continua ..]


4. La concezione di fondo: il ne bis in idem diritto fondamentale dell’uomo

Dietro lo schermo degli indirizzi intransigenti si nasconde, con tutta evidenza, una concezione “minorata” del ne bis in idem internazionale [29], che ne nega il valore pratico puntando su formalismi e su spazi territoriali, nutrita spesso da una frettolosa sintesi di orientamenti e di normativa che non sembra farsi carico del conseguente diniego di giustizia per chi ne esorti il riconoscimento: l’eadem persona. Ma l’approccio formalistico che si compiace dell’elencazione di produzioni normative senza considerare nel contempo il peso di certi valori che vi sono sottesi, cela le insidie e i sospetti di ingiustizia sostanziale derivante dalla deviazione del primato della ragionevolezza sulla razionalità legge. Quello che si costruisce grazie all’apporto delle “Carte” di tutela dei diritti fondamentali è sicuramente un diritto “positivo” nella corrente terminologia giuridica. In relazione ad esso ha però ripreso vigore, anche con riferimento all’ambito del processo penale, la tematica del “diritto naturale”; correlativamente, vi si è tradotta la presa di coscienza dell’autonomia dei diritti fondamentali rispetto al principio di sovranità [30] e l’incapacità dei confini territoriali di contrassegnare regni giuridici separati e distinti [31], almeno quando si ha a che fare le guarentigie dell’uomo. Il diritto globale ha un carattere fortemente composito: pochissime norme, moltissimi trattati e altrettante sentenze e decisioni di organismi similgiudiziari, molte regole create da organismi internazionali o stabilite per via convenzionale. Infine, last but not least, molti diritti, principi generali e criteri procedurali, specie di diritto internazionale, che permettono, per così dire, di stabilire delle regole per il traffico giuridico nelle infinite vie del mondo globale [32]. Lo sguardo più generale al sistema globalizzato di tutela dei diritti fa constatare che la sfida fondamentale degli ordinamenti pluralistici contemporanei risieda proprio nell’assicurare la garanzia giurisdizionale – e, quindi, l’effettività – di certi valori fondamentali dell’uomo pur a fronte della progressiva dissoluzione dello Stato-sovrano. Sfida resa particolarmente complessa dalla circostanza che il moltiplicarsi delle Carte dei diritti e dei relativi [continua ..]


NOTE
Fascicolo 5 - 2020