Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
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La registrazione anonima tra inutilizzabilità processuale e uso investigativo (di Annalisa Buccarella, Cultore della materia in diritto processuale penale - Università degli Studi del Salento)


Ripercorrendo strade già ampiamente perlustrate dalla giurisprudenza di legittimità e affrontando questioni collaterali ma imprescindibili, la Corte torna a riaffermare l’inutilizzabilità, in sede processuale e cautelare, del file audio di cui sia sconosciuta la paternità. Pur tuttavia, la scelta dei giudici di legittimità di confermare il sequestro probatorio eseguito sulla base della sufficiente chiarezza evinta dal contenuto della traccia audio si presta, inevitabilmente, a considerazioni critiche volte ad offrire una lettura maggiormente aderente al dettato normativo dell’art. 191 c.p.p. e, dunque, alla ratio della norma.

Anoninymous registration between uselessness and investigative use

The Court of Cassation, which refers to case law of the judges and analysis its essential collateral issues, says that the file audio can’t be used in the trial and in the precautionary phase because its paternity is unknow. Nevertheless the choice of the judges to confirm the probationary seizure could be criticized for the need to read differently the article 191 c.p.p.

 

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Inutilizzabile il file audio registrato da ignoto È inutilizzabile, nel processo e in sede cautelare, il file audio contenente conversazioni di cui sia ignoto l’autore della registrazione, in quanto potenzialmente lesivo dei diritti fondamentali dell’individuo costituzionalmente tutelati. [Omissis]   RITENUTO IN FATTO 1. S.G., sottoposto ad indagini per il reato di cui all’art. 110 c.p., art. 322-bis c.p., comma 2, commesso in (OMISSIS) e altrove nell’(OMISSIS), impugna l’ordinanza indicata in epigrafe con la quale il Tribunale di Milano ha confermato il decreto di sequestro probatorio di un telefono cellulare marca LG e di altri beni, specificamente indicati a pag. 3 dell’ordinanza, sequestro eseguito in esito alla perquisizione dell’abitazione dell’indagato. Secondo l’ordinanza impugnata, il fumus delicti che legittima il sequestro probatorio si evince dal contenuto di un file, contenente una traccia audio, consegnato agli inquirenti dal giornalista V.S., che riproduce una conversazione intervenuta tra l’odierno ricorrente, Va.Fr. e M.G. ed alcuni funzionari russi. La conversazione registrata ha ad oggetto un accordo illecito per la retrocessione di importanti somme di denaro a favore del partito politico (OMISSIS) e dei funzionari russi, coinvolti nella trattativa della vendita di prodotti petroliferi. In particolare, in un passaggio della conversazione, si chiariva come fosse già stato raggiunto un accordo i cui termini essenziali erano riportati in uno screenshot di appunti alla cui ricerca è, pertanto, funzionale il disposto sequestro di documenti cartacei e supporti informatici del S.. 2. Con i motivi di ricorso, affidati al difensore di fiducia, avvocato Pellegrini Lara, di seguito sintetizzati ai sensi dell’art. 173 disp. att. c.p.p., il ricorrente denuncia: 2.1. violazione degli artt. 191,234,240 c.p.p., artt. 13,14 e 15 Cost., in relazione all’art. 606 c.p.p., lett. b), in considerazione della ritenuta qualificazione del file-audio quale prova documentale e non già quale intercettazione illecita. 2.2. violazione dell’art. 125 c.p.p. e art. 111 Cost., in relazione all’art. 606 c.p.p., lett. b), in considerazione della natura meramente apparente della motivazione del provvedimento impugnato. Il Tribunale sostiene, in buona sostanza, che la registrazione in atti costituisce un documento perchè non è stata fornita la prova che si tratta di una intercettazione illegittima, ma si tratta di un puro sillogismo, da qui l’apparenza ed incoerenza della motivazione, poiché era l’accusa a dover provare la natura documentale della registrazione; 2.3 violazione dell’art. 200 c.p.p. per la ritenuta applicabilità di tale norma solo davanti al giudice e non al pubblico ministero in relazione all’eccezione difensiva sulla mancata [continua..]

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SOMMARIO:

1. La vicenda - 2. La qualificazione giuridica del file audio tra intercettazione e documento - 3. L’inutilizzabilità: il difficile bilanciamento tra il recupero del materiale probatorio e la tutela dei diritti costituzionalmente garantiti - 4. Notitia criminis o denuncia anonima? - NOTE


1. La vicenda

Nel tessere la trama argomentativa, la Corte di Cassazione, nella sentenza in epigrafe, richiama, nel confermare la legittimità del sequestro probatorio eseguito all’esito di una perquisizione domiciliare, una serie di principi di diritto che sembrano, prima facie, non lasciare spazio ad una differente interpretazione. La quaestio iuris proposta ai giudici di legittimità prende le mosse dalle diversità di vedute prospettate da accusa e difesa in ordine alla qualificazione della registrazione di una conversazione consegnata agli inquirenti da un giornalista che aveva taciuto il nome della persona da cui l’aveva ricevuta, al fine di tutelarne la fonte: mentre per il pubblico ministero il file audio in questione costituirebbe un documento ex art. 234 c.p.p. valido a fondare il fumus delicti che ha legittimato il sequestro ex art. 253 c.p.p., per il collegio difensivo, posta l’impossibilità di riconoscere con certezza la paternità della registrazione, si tratterebbe di una captazione «illecita ed anonima», del tutto assimilabile ad una denuncia ex art. 333, comma 3, c.p.p., in quanto tale inutilizzabile, nonché inidonea a costituire notitia criminis e a determinare l’avvio di un procedimento penale.


2. La qualificazione giuridica del file audio tra intercettazione e documento

Tentando di risolvere la querelle, la Cassazione getta le basi della propria costruzione argomentativa assumendo come premessa logica il principio di diritto sancito nel 2003 dalle Sezioni Unite [1], cui si riconosce il merito, nel silenzio del legislatore, di aver definito apertis verbis l’intercettazione come «captazione occulta e contestuale di una comunicazione o conversazione tra due o più soggetti che agiscano con l’intenzione di escludere altri e con modalità oggettivamente idonee allo scopo, attuata da soggetto estraneo alla stessa mediante strumenti tecnici di percezione tali da vanificare le cautele ordinariamente poste a protezione del suo carattere riservato». Per il Collegio a composizione allargata la registrazione di un colloquio (non importa se svoltosi in viva voce o per mezzo di uno strumento di trasmissione), ad opera di una delle persone che vi partecipi attivamente o che sia comunque ammessa ad assistervi, non può rientrare tra i confini applicativi dell’istituto disciplinato dagli artt. 266 e ss. c.p.p., – in difetto del requisito della estraneità del soggetto captante – , ma è riconducibile ad una «forma di memorizzazione fonica di un fatto storico, della quale l’autore può disporre legittimamente, anche a fini di prova nel processo secondo la disposizione dell’art. 234» c.p.p.; la fonoregistrazione in parola costituisce, dunque, il risultato di un’attività avvenuta al di fuori del processo, qualificabile come documento [2] (id est “documento fonografico”) e, in quanto tale, pienamente utilizzabile in sede processuale ex art. 234, comma 1, c.p.p., fatti salvi gli eventuali divieti di divulgazione fondati sulla qualità rivestita dalla persona che vi partecipa o sul particolare oggetto della conversazione [3]. Ciò posto, per il Supremo collegio, il file audio consegnato agli inquirenti dal giornalista, in ragione della mancata acquisizione di elementi di fatto inerenti alle modalità della sua formazione, non può considerarsi documento, secondo l’accezione che ne hanno fornito le Sezioni unite, non essendo provato che esso sia stato registrato ad opera di una delle persone che partecipava o che fosse comunque legittimata ad assistere all’incontro.


3. L’inutilizzabilità: il difficile bilanciamento tra il recupero del materiale probatorio e la tutela dei diritti costituzionalmente garantiti

L’incertezza in ordine alla effettiva paternità del file audio, congenita all’impossibilità di individuarne le modalità di acquisizione, impedisce alla Cassazione di qualificare la registrazione, altresì, come intercettazione. Pur tuttavia, il dubbio che possa trattarsi di una captazione illecita effettuata da un soggetto terzo estraneo alla conversazione, con conseguente lesione del diritto alla segretezza delle comunicazioni – assicurato dall’art. 15 Cost. non solo dall’invadenza del pubblico potere ma anche dall’intrusione arbitraria e fraudolenta di qualunque altro soggetto, come le Sezioni unite nella richiamata pronuncia hanno puntualizzato – induce la Corte ad interrogarsi sulla possibile operatività della sanzione processuale ex art. 191, comma 1, c.p.p. A dispetto della perentoria formulazione, la richiamata disposizione cela in sé la complessità tipica di un’invalidità poliedrica, soggetta da tempo ad una interpretazione dinamica in sede sia giurisprudenziale che dottrinale. La genericità dell’espressione «in violazione dei divieti stabiliti dalla legge», contenuta nella norma nel mirino, invero, ha agitato – per lungo tempo – gli animi degli interpreti, chiamati ad individuare i divieti probatori da rispettare a garanzia del principio di legalità processuale, secondo il quale solo le prove acquisite nei casi e nei modi previsti ex lege possono essere poste alla base del libero convincimento del giudice: l’onnicomprensività del sostantivo “legge” verrebbe ad identificare, a seconda dell’interpretazione ad esso accordata, la sola legge processuale, ovvero anche quella ordinaria e costituzionale. La questione, ben nota, aveva destato particolare interesse già sotto la vigenza del codice Rocco. Ed invero, l’incertezza derivata dall’assenza di un riferimento normativo aveva condotto i più a ripudiare l’idea che la violazione di una norma sostanziale potesse determinare l’inutilizzabilità di una prova, sull’assunto che «valutazioni sostanziali e processuali operano su due piani distinti che non interferiscono tra loro» [4]. Un’idea che, ancora oggi, non viene del tutto abbandonata da chi, propendendo per un’inter­pre­ta­zione restrittiva del dettato [continua ..]


4. Notitia criminis o denuncia anonima?

Al contrario, la Corte di legittimità, confuta la tesi difensiva che, facendo leva sull’anonimia del file audio, ne aveva prospettato l’inutilizzabilità, – secondo l’esegesi degli artt. 240 e 333, comma 3, c.p.p. [25] – , e riconosce al documento in questione la natura di notitia criminis: a parere dei giudici di piazza Cavour, il file audio costituisce, in senso lato, un documento ma, diversamente dalla denuncia anonima, «il suo contenuto non consta di una dichiarazione di scienza dell’anonimo denunciante, ostativa, come tale, all’attività di indagine». La registrazione acquisita dall’inquirente riproduce, dunque, un accadimento della realtà e rimanda al contenuto dichiarativo di soggetti precisamente individuati, grazie alle dichiarazioni del giornalista, e, anche in mancanza dell’attuale identificazione dell’autore della registrazione, consente al pubblico ministero e alla polizia giudiziaria di poter valutare la fondatezza della notitia criminis e di attivarsi, conseguentemente, per l’eventuale necessario approfondimento investigativo, una volta che siano state positivamente acclarate l’autenticità e l’attendibilità della registrazione stessa; esito, questo – continua il Collegio – già positivamente sperimentato, essendo state escluse manipolazioni ed interventi esterni sul supporto che contiene la traccia audio [26]. In questa prospettiva, la ricostruzione sufficientemente precisa di un particolare accadimento storico che sembra potersi ricavare dal contenuto della conversazione registrata permette all’autorità giudiziaria di valutare il fumus commissi delicti [27] del sequestro probatorio espletato. D’altronde, la legittimità del mezzo probatorio ex art. 253 c.p.p., secondo il consolidato indirizzo giurisprudenziale [28], implica la verifica dell’astratta configurabilità del reato ipotizzato e non della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza [29]: il giudice è chiamato a valutare il fumus commissi delicti in relazione alla congruità degli elementi rappresentati, non già nella prospettiva di un giudizio di merito sulla concreta fondatezza dell’accusa, bensì con esclusivo riferimento alla idoneità degli [continua ..]


NOTE
Fascicolo 5 - 2020