Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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L'acquisizione di materiale biologico finalizzata alla prova del DNA tra regola ed eccezione (di Paola Felicioni)


La Corte costituzionale, accogliendo la consolidata distinzione tra “rilievi” ed “accertamenti” elaborata dalla giurisprudenza di legittimità, afferma che la raccolta di reperti utili per la ricerca del DNA è un atto d’indagine avente un oggetto peculiare che tuttavia, di regola, non è idoneo a giustificare la sottoposizione ad un regime complesso come quello delineato dall’art. 360 c.p.p. Le forme dell’accertamento tecnico non ripetibile, evidenziano i giudici co­stituzionali, appaiono incompatibili con l’urgenza che connota la raccolta di reperti biologici durante le indagini pre­liminari; peraltro, la correttezza delle operazioni di acquisizione del materiale biologico può essere verificata dal­l’imputato nel contraddittorio dibattimentale mediante l’esame del personale che ha eseguito la repertazione. Ma il tratto originale della pronuncia è rinvenibile nell’inedita apertura della Consulta verso il possibile impiego del modello dell’accertamento tecnico non ripetibile per l’attività di raccolta dei dati genetici, nei casi eccezionali in cui l’esecuzione del prelievo dovesse richiedere valutazioni e scelte sulle modalità della repertazione o abilità tecniche e competenze non comuni.

Acquisition of biological material aimed at testing DNA between rule and exception

The Constitutional Court has embraced the consolidated distinction between "assessments" and "findings" elaborated by the Supreme Court. However, in the decision at stake, the Constitutional judges have stated that the detection or collection of samples, useful for carrying out a DNA research, is an act of investigation with a peculiar object which cannot fall under the complex regulation provided for by Section 360 of the Italian Code of Criminal Procedure. The Constitutional Court has highlighted that the forms established for the so-called non-repeatable technical assessments appear to be incompatible with the urgency required for the collection of biological samples during preliminary investigations; also, the defendant is entitled with the possibility to verify in trial the correctness of the operations carried out for the acquisition of biological samples. Indeed, the defendant can cross-examine who performed the collection activity. Nevertheless, the original feature of the decision regards the opening of the Constitutional Court towards the possible use (at least in principle) of the model of the so-called non-repeatable technical assessments in any of those exceptional cases where the execution of genetic sampling should require specific and uncommon evaluations, choices on the methods of collection or technical skills.

 
L’AMBITO DI RIFLESSIONE DELINEATO DAI GIUDICI COSTITUZIONALI: LA TENUTA DELLA DISTINZIONE TRA RILIEVI E ACCERTAMENTI Con la pronuncia in commento la Corte costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 360 c.p.p. nella parte in cui non prevede che le garanzie delineate da tale norma riguardino anche le attività di individuazione e di prelievo di reperti utili per la ricerca del DNA, rispetto all’art. 24, comma 2 Cost. che tutela il diritto di difesa e all’art. 111 Cost. che presidia il principio del contraddittorio nella formazione della prova [1]. L’importanza della sentenza si rinviene nell’interpretazione della Consulta che ha chiarito la portata operativa dell’accertamento tecnico non ripetibile: l’art. 360 c.p.p. non è incostituzionale poiché, di regola, si applica ai soli accertamenti e non tout court alla fase della raccolta di dati per la sola ragione che si tratti, in concreto, di repertare tracce biologiche strumentali alla prova del DNA. Invece, le garanzie difensive ex art. 360 c.p.p. diventano necessarie qualora le operazioni di raccolta del materiale biologico per la prova del DNA richiedano, in via eccezionale, competenze specialistiche non meramente esecutive. All’origine della sentenza dei giudici costituzionali si pone una vicenda giudiziaria che, sviluppatasi nei vari gradi di giudizio e davanti alla Corte di legittimità, è scandita da un duplice intervento della Consulta sulla questione di costituzionalità dell’art. 360 c.p.p., sollevata per ben due volte dalla Corte di Assise di Appello di Roma quale giudice del rinvio. Più precisamente, a fronte di una condanna del­l’imputato per omicidio volontario quale esito del primo grado di giudizio, in appello il reato era stato derubricato in concorso anomalo ex art. 116 c.p. sulla base della riconosciuta nullità degli atti di ispezione e prelievo nonché delle successive analisi. Per la precisione, era stata accertata la presenza del profilo genetico della vittima in una traccia di sangue rinvenuta nell’appartamento dell’imputato situato al piano superiore dell’abitazione della vittima e, altresì, la presenza congiunta di DNA della vittima e dell’accusato in tracce ematiche reperite sul parapetto della scala di raccordo tra le due abitazioni. Tuttavia, la decisione del giudice di seconde cure era stata annullata con rinvio dalla Suprema Corte la quale aveva stigmatizzato come erronea l’espunzione dei risultati relativi al suddetto accertamento del DNA dal quadro probatorio del processo. In altri termini, nella sentenza di annullamento la Cassazione ha ritenuto utilizzabili i risultati degli accertamenti disposti dal pubblico ministero per individuare tracce del DNA sui prelievi (rectius sul materiale genetico oggetto di [continua..]

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Fascicolo 3 - 2018