Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Rilievi sull'impiego del troyan nei procedimenti per i reati contro la pubblica amministrazione (di Mario Griffo)


Il captatore informatico costituisce uno straordinario strumento investigativo ma anche un meccanismo in grado di incidere in maniera devastante nella vita “intima” dell’individuo “bersaglio”. Da ciò l’attenzione ai prodotti legislativi che, nel corso degli ultimi tempi, ne hanno esteso le potenzialità operative oltre (ed al di là) dei reati di “criminalità organizzata”.

Troyan in prosecutions for crimes against the public administration

The computer detector is an extraordinary investigative tool but also

a mechanism capable of having a devastating impact on the "intimate" life of the "target" individual. Hence the attention paid to legislative products which, in recent times, have extended their operational potential beyond (and beyond) the "organized crime" crimes.

L’estensione d’uso del captatore Il d.l. n. 161 del 30 dicembre del 2019 (convertito con modificazioni dalla l. 28 febbraio 2020, n. 7) ha attuato una vera e propria controriforma in materia [1]. Il primo elemento significativo in tale direzione è costituito dal riconoscimento per tutti i reati ricompresi nella previsione di cui all’art. 266 c.p.p. dell’uso del captatore informatico su dispositivo elettronico portatile [2]. L’ulteriore dato di rilievo è fornito dal riconoscimento della legittimità del ricorso al trojan anche per le comunicazioni tra presenti. Qui, tuttavia, l’intrusione nel domicilio è consentita, se in quei luoghi si svolge l’attività criminosa, presupposto che non opera per i reati di cui agli artt. 51, comma 3-bis, e 51, comma 3-quater, c.p.p. e per i delitti dei pubblici ufficiali (riferimento esteso anche agli incaricati di pubblico servizio [3] (contro la pubblica amministrazione puniti con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni determinata ai sensi dell’art. 4 c.p.p. (art. 266, comma 2-bis, c.p.p.). Nei procedimenti relativi a questi ultimi reati, la riduzione della soglia di tutela si estende anche ad altri profili. Invero, i delitti di criminalità organizzata e quelli contro la pubblica amministrazione vengono parificati in relazione ai presupposti ed alla durata dell’attività di intercettazione in linea con quanto disposto dall’art. 13 del d.l. n. 152 del 13 maggio 1991, nonché rispetto al contenuto del decreto autorizzativo ed alla disciplina dell’urgenza. Specificamente, attraverso una modifica del comma 2-bis dell’art. 266 c.p.p. [4], si è previsto che lo strumento può essere impiegato senza limiti spazio-temporali oltre che per i reati di cui all’art. 51, commi 3-bis e 3-quater c.p.p., per l’appunto, «per i delitti dei pubblici ufficiali o degli incaricati di pubblico servizio contro la pubblica amministrazione per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni». Rispetto alla formulazione previgente, il d.l. n. 161 del 2019 ha esteso, come accennato, l’impiego del malware anche per i delitti commessi dagli incaricati di pubblico servizio, esclusi dalle precedenti formulazioni legislative. Di tal che, implementando le categorie dei soggetti per i quali il captatore informatico può trovare legittimamente utilizzo, il legislatore ne ha allargato indirettamente la portata anche ai reati ascrivibili in capo agli incaricati di pubblico servizio [5]. In tale direzione, già la legge n. 3 del 9 gennaio 2019, c.d. “spazzacorrotti”, aveva segnato un passaggio importante nella estensione della portata operativa del captatore informatico. Il recente intervento novellistico, così, fornisce [continua..]

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Fascicolo 2 - 2020