Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Rassegna bibliografica (di Alessandra Sanna)


Commissione Giostra, Il Progetto di riforma penitenziaria, Roma, Nuova editrice Universitaria, 2019, pp. 1-650. Il volume da conto del lungo e intenso lavoro volto alla progettazione di un disegno organico di riforma della fase dell’esecuzione penale, che ha trovato solo un marginale sbocco legislativo. Il percorso muove dall’attività degli Stati generali dell’esecuzione penale– vero laboratorio culturale – composto da professori, magistrati, avvocati, operatori penitenziari, rappresentanti di associazioni, professionisti, ministri di culto, istituito tra il 2015 e il 2016 presso il Ministero della giustizia. Ci si proponeva così di accompagnare, sul versante culturale e scientifico, l’iter parlamentare del disegno di legge-delega, oggi definitivamente legge, e di sensibilizzare l’opinione pubblica su temi tradizionalmente estranei al sentire collettivo. Sarà poi la stessa volontà politica a sostenere il percorso legislativo sfociato nella l. 103/2017, pur non riuscendo a impedire che, nel corso del suo tormentato iter, la novella soffrisse incisive modifiche e ripensamenti, perdendo la coerenza della sua originaria impostazione. La delega aveva, infatti, posto le premesse per il varo della più importante riforma in materia penitenziaria dalla legge n. 354 del 1975, che già aveva concepito il detenuto come soggetto di diritti, con un ribaltamento del tradizionale assetto dei rapporti tra Amministrazione penitenziaria e detenuto. La Commissione ministeriale, presieduta da Glauco Giostra, istituita in vista degli emanandi decreti delegati, ha assunto come punto di riferimento il contributo culturale degli Stati Generali, vòlto ad un riassetto dell’esecuzione penale in linea con le coordinate costituzionali. Così il progetto di riforma mira a responsabilizzare il condannato, per consentirgli di operare scelte consapevoli, evitando di sottoporlo, come accade oggi, a prassi «infantilizzanti» che ne minano l’autodeterminazione. Nel medesimo solco. si pone il rifiuto di presunzioni legali di irrecuperabilità sociale. Non si può, infatti, – come ha sottolineato a la Corte di Strasburgo – disconoscere al condannato (ad ogni condannato) il «diritto alla speranza», che implica il dovere degli Stati di prevedere un riesame destinato a «verificare se, durante l’esecuzione della pena, il detenuto abbia fatto dei progressi sulla via del riscatto». Muovendo da tali premesse ideali si è sviluppato un complesso percorso di (ri)scrittura dell’intero corpus normativo sull’esecuzione penitenziaria, fino ad investire, talora, profili non propriamente giuridici (si pensi al ridisegno delle strutture architettoniche e, più in generale, dei «luoghi e spazi della pena»). L’obiettivo [continua..]

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Fascicolo 5 - 2019