Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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La veste legale della pena: una questione non differibile (di Rossella Mastrototaro)


Il valore costituzionale di legalità della pena e la funzione rieducativa a cui essa deve tendere impongono al Giudice di legittimità di darsene carico indipendentemente da una richiesta della parte, quando la pena in contrasto con la previsione di legge è stata inflitta in senso sfavorevole al condannato.

The legal form of penalty: a matter can not be postponed

The constitutional legality of penalty and rieducatrice function to which it should be oriented, impose to the Supreme Court taking charge independently of a request from the party, when the penalty, contrary to the legal prevision, was imposed in a manner unfavorable to the convinte.

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LA QUESTIONE AFFRONTATA DALLA CASSAZIONE La sentenza in commento si inserisce in quel movimento giurisprudenziale che da qualche anno a questa parte si sta adoperando per individuare spazi e strumenti di controllo sullo statuto della pena. È nuovamente il turno del giudizio di legittimità contraddistinto da una cognizione circoscritta ai temi devoluti con i motivi di gravame, a cui si aggiungono le questioni rilevabili d’ufficio, che con i primi hanno in comune il tratto di non involgere accertamenti sul fatto e valutazioni nel merito. In relazione ad un episodio del 2008 di lesioni personali giudicate guaribili in giorni dieci, rientrante nella competenza del Giudice di pace, la Quinta Sezione della Cassazione, nonostante l’acquiescenza sul punto del ricorrente, sostituisce la pena – condizionalmente sospesa – di mesi due di reclusione, erroneamente inflitta nei gradi di giudizio precedenti, con la pena pecuniaria, giusta la previsione dell’art. 52, comma 2, lett. b), del d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274. La pena va modificata in quanto giudicata illegale, essendo pacifica l’individuazione del concetto di pena illegale sia nel caso di pena diversa per specie da quella che la legge stabilisce per quel determinato reato, sia al cospetto di pena inferiore o superiore ai relativi limiti edittali [1]. Non è la prima volta che il Giudice di legittimità avoca a sé temi di questo genere rispetto a pene comminate per reati che, a partire dal 2000, sono stati trasferiti dalla competenza del Tribunale a quella del Giudice di pace; in particolare ciò è accaduto in relazione a pene irrogate per fatti che, in quanto commessi prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 274 del 2000, erano stati giudicati dal Tribunale [2]. Considerata la natura riparatoria delle misure sanzionatorie previste dal titolo II del d.lgs. n. 274/2000, la loro applicazione è consentanea alla finalità conciliativa a cui deve tendere l’organo giurisdizionale chiamato a comporre i conflitti generati da reati di natura bagatellare. Come altri autorevoli suoi precedenti [3], neppure troppo remoti, il tessuto argomentativo della sentenza che si annota risente del fervido dibattito d’oltralpe intorno alla portata del principio di legalità convenzionale in materia penale di cui all’art. 7 Cedu. IL SINDACATO GIURISDIZIONALE SULLO STATUTO DELLA PENA NEL DIBATTITO EUROPEO Per quel che riguarda l’Italia, un arresto significativo si è avuto con la nota sentenza della Corte e.d.u., Grande Camera, 17 settembre 2009, Scoppola c. Italia, che qui rileva in quanto ha offerto l’occasione alle Corti giurisdizionali nazionali di interrogarsi sul potere-dovere del giudice di incidere su una pena divenuta illegale, anche dopo il passaggio in giudicato, supplendo all’inerzia del condannato. Innovando rispetto alla sua consolidata [continua..]

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