Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Le videoconferenze transnazionali (di Silvia Buzzelli)


Lo scritto cerca di inquadrare le videoconferenze transnazionali nel sistema dei mezzi di comunicazione di massa, sottolineandone la caratteristica fondamentale, cioè la delocalizzazione.

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Transnational videoconferences

The essay analyses the role of transnational videoconferences among remote communication systems, and it focuses on its main characteristic which is the delocalization.

LA VERSATILITÀ DELLE VIDEOCONFERENZE: ASPETTI POSITIVI E LATI NEGATIVI Strano strumento quello delle videoconferenze, di certo non neutro e nemmeno neutrale: in base ai partecipanti, all’impiego, e pure al fine, può allontanare, avvicinare, proteggere. I tre verbi sono in contrasto tra loro e richiedono subito un minimo chiarimento: il primo (allontanare) evoca le forme di partecipazione a distanza del detenuto “pericoloso” [1], talvolta ristretto all’estero [2]; il secondo (avvicinare) è riferito – oltre ai collegamenti audiovisivi che la persona instaura dal carcere con la famiglia [3], con l’autorità giudiziaria, con gli eventuali docenti [4] – a situazioni che più ci interessano, in cui si ascolta un dichiarante localizzato altrove rispetto alla sede processuale (ovvero nel «territorio dello Stato di esecuzione») [5]; infine, il terzo verbo (proteggere) ha a che vedere con l’audizione di un dichiarante in senso lato vulnerabile (teste, vittima, consulente, perito, anche persona accusata) [6]. L’elenco è abbastanza disordinato e, di sicuro, non tassativo. Eppure fa emergere il pregio fondamentale di questa tecnologia che appare dotata di una flessibilità estrema [7], si rivolge a protagonisti diversi, riesce ad assolvere molteplici funzioni (dalla tutela del soggetto deponente alla valorizzazione degli elementi trattamentali in carcere), coprendo ambiti altrettanto differenti: area dibattimentale, sfera penitenziaria, settore dell’assistenza giudiziaria tradizionale e della cooperazione in materia penale. In particolare, l’operatività è in grado di estendersi – oltre il livello nazionale – nelle «situazioni transfrontaliere che coinvolgono Stati membri e anche Paesi terzi» [8]. È possibile prendere in prestito una frase del genere (contenuta in una Raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea, datata 2015) a patto di non fare troppo affidamento sull’aggettivo “transfrontaliero” che da solo non risulta decisivo, in quanto compare in svariate combinazioni inerenti la causa [9], la prova, il crimine [10], persino la giurisprudenza [11]. Inoltre, l’attributo è quasi scorretto, dato che lo spazio europeo [12], per definizione, è privo di frontiere interne [13]: restano, invece, le nazioni, eccome. Allora, è meglio probabilmente ricorrere a un altro composto che parta sempre dal prefisso “trans” (attraversamento, passaggio), ma aggiunga “nazionale” [14]. Chiusa questa parentesi dedicata al «modello di linguaggio» europeo [15] (e chiusa a favore di “transnazionale”), conviene insistere sulla duttilità delle videoconferenze che, se da un lato è apprezzabile, dall’altro [continua..]

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