Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Le condanne civili statuite nel processo penale non sono impugnabili per revisione (di Rosalba Normando)


Con la sentenza in commento la Corte di cassazione, confermando l’orientamento giurisprudenziale prevalente, ha ribadito che sono impugnabili per revisione le sole condanne penali e non anche le condanne civili statuite nei processi penali. Secondo i giudici di legittimità la revisione è un mezzo di impugnazione straordinario esclusivamente penalistico ed ogni ipotesi estensiva di tale strumento contrasta con il principio di tassatività delle impugnazioni previsto dall’art. 568 c.p.p.

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Civil sentences established in criminal procedure do not allow for new trial

With the judgment in question, the Court of Cassation has restated that a new trial only is only possible for criminal sentences and not for civil sentences established in criminal procedure, thus confirming the prevalent court decisions. According to the supreme judicial authority, reviewing is an extraordinary means of appeal of an exclusively criminal-law nature, and any possible extension of this instrument goes against the principle of legal certainty of appeals provided for in art. 568 of the Italian Code of Criminal Procedure.

LA VICENDA PROCESSUALE E LA DECISIONE DEI GIUDICI DI LEGITTIMITÀ L’intervento della Corte di cassazione è occasionato dal ricorso avverso la sentenza della Corte d’appello di Reggio Calabria, che ha affermato l’inammissibilità dell’istanza di revisione proposta dal­l’imputato contro la decisione che ha dichiarato l’estinzione del reato di violenza sessuale per intervenuta prescrizione, confermando, però, le statuizioni civili per il risarcimento del danno licenziate dai Giudici del primo grado in favore della persona offesa costituita parte civile. In particolare, il legale del ricorrente ha dedotto la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), c.p.p. in relazione all’art. 629 c.p.p. in quanto, a suo parere, la Corte d’appello ha erroneamente ritenuto l’inam­missibilità della richiesta di revisione. Con il ricorso si lamenta, inoltre, la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), c.p.p. in relazione all’art. 630 c.p.p., poiché si contesta l’erronea esclusione della sussistenza dei presupposti per procedere alla revisione della sentenza. In sintesi, la difesa, valorizzando l’inciso esplicitato nell’art. 629 c.p.p. «anche se la pena è già eseguita o estinta», sostiene l’insussistenza di limiti alla possibilità di revisione in caso di prescrizione. Il giudice nomofilattico, chiamato a risolvere la questione, ha dichiarato il ricorso inammissibile, rilevando che, nel caso de quo, la declaratoria di estinzione per intervenuta prescrizione del reato, con conferma delle statuizioni civili, rende il ricorso finalizzato ad ottenere la sola caducazione della condanna civilistica a carico dell’imputato, contenuta nella sentenza passata in giudicato. Da tale palese finalità, in forza della ratio dell’istituto, discende l’inammissibilità della revisione, che nel codice di rito penale si configura, per definizione, come di mezzo di impugnazione straordinario, preordinato al proscioglimento della persona già condannata in via definitiva. In altre parole, si fa capo alla necessaria sussistenza di una sentenza penale di condanna passata in giudicato da porre nel nulla, all’esito di una statuizione di proscioglimento. Sulla scorta di questo canone, i giudici di legittimità, condividendo la declaratoria di inammissibilità adottata dalla Corte d’appello di Reggio Calabria, hanno confermato l’orientamento giurisprudenziale assolutamente prevalente [1], secondo cui la revisione in quanto mezzo, sia pur straordinario, di impugnazione non può sottrarsi al principio di tassatività di cui all’art. 568, comma 1, c.p.p.; di conseguenza, poiché le ipotesi individuate nell’art. 629 c.p.p. presentano il dato unificante di presupporre una condanna, le sentenze [continua..]

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Fascicolo 4 - 2017