Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Il nuovo' principio di riserva di codice tra vecchie problematiche e prospettive future (di Carlo Longari - Ricercatore di Diritto penale – Università degli Studi di Roma Tor Vergata)


Attraverso l'analisi del recente d.lgs. 1° marzo 2018, n. 21, vengono esaminate le diverse criticità derivanti dall'introduzione dell'art. 3-bis c.p. In particolare, l'Autore si sofferma sull'effettività del principio di riserva di codice, in relazione anche alle ulteriori modifiche normative apportate dalla cd. Riforma Orlando.

The new concept of 'Code Reservation': old problems and future perspectives

Through the analysis of the recent legislative decree 1 March 2018, n. 21, are examined the various critical issues connected to the introduction of the new art. 3-bis c.p. In particular, the Author analyzes the effectiveness of the new concept of “Code Reservation”, related to the latest changes in the subject implemented by the Orlando reform.

 
L'EVOLUZIONE DEL CONCETTO DI RISERVA DI CODICE Il 6 aprile 2018 è entrato in vigore il d.lgs. 1° marzo 2018, n. 21 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 63 del 22 marzo 2018), il quale ha concretizzato l'ambiziosa proposta della Riforma Orlando di riorganizzare l'assetto codicistico in materia penale. Il decreto concerne, infatti, le «Disposizioni di attuazione del principio di delega della riserva di codice nella materia penale a norma dell'art. 1, comma 85, lettera q), della legge 23 giugno 2017, n. 103» [1]. Di conseguenza, è stato introdotto nel codice penale l'art. 3-bis, a cui si accompagna la contestuale ricollocazione topografica di una serie di fattispecie incriminatrici contenute in leggi complementari. Più nel dettaglio, l'art. 3-bis c.p. stabilisce che «nuove disposizioni che prevedono reati possono essere introdotte nell'ordinamento solo se modificano il codice penale ovvero sono inserite in leggi che disciplinano in modo organico la materia». Attraverso questa disposizione, in altri termini, si istituisce un vincolo formale al processo di decodificazione e al moltiplicarsi delle leggi speciali, al fine di preservare la centralità del codice penale nell'intero assetto ordinamentale [2]. In un contesto storico-giuridico caratterizzato da un'incontrollata proliferazione della legislazione complementare assume notevole rilevanza l'inserimento di questa previsione; particolarmente interessante appare, inoltre, la sua genesi. È possibile rinvenire una prima traccia del principio di tendenziale riserva di codice in materia penale sin dal decreto del 3 maggio 2016, attraverso il quale il Ministero della Giustizia ha istituito una Commissione di studio, presieduta dal dott. Gennaro Marasca [3], per il riordino del codice penale mediante la trasposizione delle norme incriminatrici extra codicem all'interno del codice stesso, senza però modificarne in alcun modo il contenuto. Questo progetto, però, è subito naufragato vista l'evidente difficoltà di rispettare il mandato costitutivo della Commissione. Il semplice “rientro” nel testo codicistico di un incalcolabile numero di norme costituiva, infatti, un'impresa inattuabile a causa delle esigenze di armonizzazione e di revisione sanzionatoria derivanti dall'innesto normativo. Tale lavoro avrebbe dunque comportato una vera e propria riscrittura di tali disposizioni, in palese contrasto con l'incarico affidato alla Commissione consistente nella mera trasposizione (senza intaccare in alcun modo il contenuto) di norme incriminatrici dalle leggi speciali al codice penale. Per tali ragioni, la Commissione Marasca ha svolto esclusivamente una funzione di inventario, di rassegna e di individuazione delle materie sin da subito trasferibili nel codice e di quelle, invece, che avrebbero necessitato di un intervento modificativo del testo legale [4]. In [continua..]

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Fascicolo 6 - 2018