Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
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Il sequestro preventivo finalizzato alla confisca e i suoi presupposti: un terreno accidentato bisognoso di manutenzione dalle sezioni unite e ristrutturazione dal legislatore (di Angelo Zappulla, Professore associato di Diritto processuale penale – Università degli Studi di Catania)


Nonostante l’importante intervento delle sezioni unite nel 2021, permane in giurisprudenza la tendenza verso una dilatazione del ricorso al sequestro preventivo disposto in funzione di confisca, che va arginata valorizzando la verifica del periculum in mora che non può conoscere eccezioni e vieta ogni risposta automatica, pena la mutazione genetica in sanzione anticipata, in contrasto con la presunzione d’innocenza.

The preventive seizure for confiscation and its requirements: an uneven land in need of maintenance by the United Sections of the Court of Cassation and restructuration by the legislator

Despite the important judgment of the United Sections of the Court of Cassation in 2021, the case law extends the use of preventive seizure ordered in relation to a possible future confiscation, but it’s necessary to verify the periculum in mora in all cases and without any automatic response, otherwise the preventive seizure turns to be an anticipated sanction, in contradiction with the right to be presumed innocent until proven guilty.

SOMMARIO:

1. Cautele reali e funzione preventiva - 2. Uno strumento “multiuso” dalle eterogenee funzioni trasversali - 3. Il periculum in mora necessario presupposto di un sequestro finalizzato a multiformi confische - 4. Periculum in mora e sequestro obbligatorio ex comma 2-bis: un obiter dictum sopravvalutato e frainteso - 5. Periculum in mora e sequestro per equivalente - 6. Un’actio finium regundorum dei poteri del giudice del riesame - 7. Il fumus commissi delicti - 8. Una rassegnata presa d’atto conclusiva, aspettando ancora (con ottimismo) sezioni unite e legislatore - NOTE


1. Cautele reali e funzione preventiva

Se il «sequestro per il procedimento penale» era conosciuto nel codice di rito previgente (art. 337) quale vincolo sulle «cose pertinenti al reato» genericamente funzionale alle esigenze istruttorie del giudizio [1], difettando un’espressa finalizzazione [2] per uno strumento che trovava posto al fianco del sequestro conservativo (art. 617 c.p.p. 1930, specifica garanzia patrimoniale di esecuzione civile in materia penale), sarà la prassi giurisprudenziale, formatasi sulla base di tale incompleto scenario, a dar esplicito rilievo e legittimazione agli scopi impeditivi [3]. Un siffatto scarno panorama ha indotto il legislatore della riforma processuale del 1988 a una maggiore analiticità nella disciplina delle varie figure di sequestro, alla ricerca di un necessario «equilibrio fra difesa sociale e garantismo» [4]. Ne è derivata l’emersione di «un tertium genus accanto al sequestro a fini di prova ed al sequestro conservativo» [5]; un’autonoma previsione «nuova nella nomenclatura legislativa» [6] e con esplicite finalità preventive [7], le medesime fino a quel momento perseguite attraverso un unico mezzo polivalente, utilizzato, «sempre più di frequente», quale misura di coercizione reale volta «ad interrompere l’iter criminoso o ad impedire la commissione di nuovi reati» [8]. Si è assistito, cioè, a una metamorfosi funzionale, avviatasi per via giurisprudenziale, di un mezzo originariamente pensato per scopi meramente probatori [9], i soli intrinsecamente interni alle logiche processuali, diversamente dalle esigenze preventive che, nel loro esser proiettate in direzione futura, si collocano all’esterno del procedimento penale [10], la cui attenzione è rivolta in maniera retrospettiva verso il passato relativo all’ipotesi di un fatto storico che si assume già verificatosi. Il sequestro preventivo non è costruito, infatti, per arginare i pericoli ai quali i tempi processuali espongono l’effettività dell’esito finale del giudizio (eccezion fatta, in parte, per le ipotesi legate alla confiscabilità del bene), ma per far fronte a esigenze di tutela della collettività solo indirettamente collegate all’accertamento dei fatti di reato, in modo assimilabile al periculum libertatis ex [continua ..]


2. Uno strumento “multiuso” dalle eterogenee funzioni trasversali

Il sequestro preventivo disciplinato nell’art. 321 c.p.p. nasce e si sviluppa come strumento «particolarmente grave per la sua potenzialità lesiva di diritti costituzionali che si ricollegano all’uso della cosa sequestrata» [22] e impongono un rigoroso bilanciamento con ulteriori diritti di pari grado [23]. Si delinea, in particolare, un mezzo dalla natura polifunzionale in grado di coniugare i peculiari scopi di prevenzione in chiave impeditiva dell’utilizzo delle cose pertinenti al reato, dell’aggravarsi o protrarsi delle conseguenze del reato e dell’agevolazione della commissione di altri (comma 1), con le finalità anticipatorie di carattere para-sanzionatorio, tese a garantire l’efficacia dell’eventuale confisca penale [24] obbligatoria o facoltativa (commi 2 e 2-bis) [25]. L’art. 321 c.p.p. vede la luce quale «punto d’arrivo di una approfondita discussione che faceva perno sulla strumentalità necessaria tra sequestro e confisca» [26], per cui l’apprensione di tutto quanto non fosse confiscabile, ex art. 240 c.p. o ai sensi delle analoghe previsioni contenute in leggi speciali, andava condizionata all’esistenza degli ampi parametri del comma 1 della previsione di nuovo conio che, di converso, nasceva proprio quale utile e ampio alveo per convogliare le esigenze di prevenzione riconducibili ai beni non confiscabili [27], ponendosi espressamente «l’accento sui fini della misura cautelare più che sulla caratterizzazione delle cose materiali su cui essa è destinata ad incidere» [28]; caratterizzazione privilegiata, invece, nei commi successivi al primo. La dicotomia fra le due ipotesi di apprensione si fonda sulla pericolosità concreta o presunta riconducibile al libero utilizzo della res all’atten­zione dell’autorità giudiziaria [29]. Lo sforzo tassonomico compiuto dal legislatore risponde alla pressante esigenza di costruzione di modelli differenziati in grado di «obbligare il giudice ad enunciare le finalità della misura al momento della sua applicazione» [30]. Ciò che rileva è la necessità di esplicita emersione delle specifiche esigenze perseguite, anche per la possibilità che, nonostante la diversificazione delle varie figure di sequestro, le stesse possano sovrapporsi e coesistere in [continua ..]


3. Il periculum in mora necessario presupposto di un sequestro finalizzato a multiformi confische

In tema di impegno motivazionale necessario per l’emanazione del provvedimento cautelare, la più recente prassi giurisprudenziale si pone in funzione servente e complementare rispetto all’importante (e fors’anche tardivo [34]) intervento nomofilattico compiuto dalle sezioni unite nel 2021 [35], con l’intento di calmierare il dilatarsi del ricorso al sequestro preventivo finalizzato alla confisca. La Corte ha perseguito lo scopo attraverso una rigorosa applicazione del c.d. proportionality test che deve permeare di sé ogni ricostruzione ermeneutica implicante, in ossequio alla logica dell’unicuique suum tribuere, delicati bilanciamenti fra i contrapposti interessi fondamentali in gioco [36]: da un lato, la tutela della collettività e l’efficacia delle decisioni e, dall’altro, i diritti del singolo di proprietà e libera iniziativa economica [37], nonché, ancor più a monte e con funzione propedeutica, la stessa presunzione d’innocenza [38], che deve innervare di sé l’intero ordito cautelare [39], pure quando di carattere reale [40]. Ne è conseguito il delinearsi, anche per le ipotesi di sequestro anticipatorio, dell’obbligo di una specifica motivazione sul periculum in mora, quale necessaria rivitalizzazione delle esigenze cautelari – che non tollerano automatismi [41] – e conseguente argine rispetto a una persistente deriva dello strumento verso la metamorfosi da cautelare, limite ai rischi d’ineffettività della decisione conclusiva sul merito a causa la sua intempestività, in afflittivo/repressivo, mera anticipazione surrogatoria delle conseguenze definitive della medesima [42]. Ultimo derivato, questo, della cronica tendenza verso un costante arretramento della funzione tipicamente repressiva dello strumento penale, dove il provvedimento di rinvio a giudizio diviene statuizione di condanna, l’informazione di garanzia o, ancor prima, la notitia criminis imputazione e lo strumento cautelare la giusta sanzione che altrimenti tarderebbe ad arrivare [43]. Un arresto giurisprudenziale, quello operato dalle sezioni unite, teso al superamento di quel consolidato orientamento ermeneutico che, nell’ambito della fattispecie ex comma 2 dell’art. 321 c.p.p., elevava la confiscabilità del bene a condizione necessaria nonché sufficiente per [continua ..]


4. Periculum in mora e sequestro obbligatorio ex comma 2-bis: un obiter dictum sopravvalutato e frainteso

La giurisprudenza di legittimità, tuttavia, non ha tardato ad aprire significative, ma poco condivisibili, brecce rispetto a una ricostruzione in termini di portata generalizzata di un ampio onere di motivazione sulla sussistenza del periculum in mora, procedendo a una cernita delle molteplici tipologie di sequestro tale da sottrarre dalla copertura dell’arresto delle sezioni unite almeno le fattispecie di sequestro obbligatorio ex comma 2-bis dell’art. 321 c.p.p., finalizzate alla confisca nei procedimenti relativi a delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione. È emersa, in particolare, l’esigenza di dotare l’ipotesi in esame di una propria marcata caratterizzazione sistematica che la autonomizzi dalla fattispecie di cui al precedente comma 2, in quanto giustificata per la mera obbligatorietà della confisca dei beni coinvolti nella commissione dei reati espressamente menzionati nella norma. Un’obbligatorietà ritenuta in grado di rendere superflua ogni motivazione circa l’anticipazione e scomposizione dell’intervento giudiziale, con un sequestro pro-confisca che preceda, senza accompagnarla, la definizione del giudizio, coinvolgendo beni dal legislatore ritenuti già in astratto incompatibili con una libera disponibilità e, conseguentemente, pericolosi ex ante [73]. La descritta operazione ermeneutica trova fondamento [74], tuttavia, in un sopravvalutato – e frainteso – obiter dictum delle sezioni unite nel comparare i due commi successivi al primo dell’art. 321 c.p.p., al fine di evidenziarne «proprio la differente formulazione» [75]: ha facoltà il giudice di disporre il sequestro in funzione della confisca, ai sensi del comma 2, mentre ha l’obbligo di farlo, ai sensi del comma 2-bis, quando si proceda per i «delitti previsti dal capo I del titolo II del libro secondo del codice penale» («delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione»). Solo elemento distintivo fra le due fattispecie è proprio l’obbligatorietà che caratterizza la seconda quale sottoinsieme specifico di un insieme più ampio e generale, rappresentato dal sequestro preventivo anticipatorio. Il passaggio argomentativo utilizzato dalle sezioni unite era funzionale, invece, esclusivamente ad avvalorare il ripudio della lettura riduttiva propugnata da quel [continua ..]


5. Periculum in mora e sequestro per equivalente

Autonoma considerazione merita il sequestro preventivo anticipatorio ripristinatorio, ovvero il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente di somme di denaro per l’intervenuta dispersione del prezzo, del prodotto o del profitto del reato [85]. Ipotesi che non sfugge all’ampia portata dell’argomen­tare delle sezioni unite del 2021, nonostante non manchi un diverso orientamento che svincola il sequestro finalizzato alla confisca obbligatoria per equivalente, sostitutiva di quella diretta, da specifici oneri motivazionali sul periculum in mora. La ricostruzione si fonda sulla peculiare natura del sequestro per equivalente quale ipotesi ablativa – diversa da quella di cui all’art. 240 c.p. – di tipo prettamente sanzionatorio e ripristinatorio della situazione preesistente al reato, senza le caratteristiche di misura di sicurezza patrimoniale, una natura che non postulerebbe la verifica della sussistenza di specifiche esigenze cautelari, ancorando lo strumento al mero fumus commissi delicti e all’equivalenza di quanto sequestrato con gli ipotizzati profitto o prezzo del reato [86]. La differente qualità di tale ipotesi di confisca non può essere in grado di incidere, tuttavia, modificandola, sulla funzione cautelare del sequestro preventivo. L’evidente carico indiziario fornito da pregresse iniziative dell’imputato volte a inibire la concreta efficacia di una confisca obbligatoria, attraverso la dispersione dei propri beni, erode certamente e in maniera significativa lo spazio per un diniego del sequestro per equivalente, ma imprescindibile rimane, comunque, una specifica motivazione in merito al perdurare dell’urgenza rispetto a un eventuale rischio di successiva ulteriore dispersione [87], pena il configurarsi di un’inammissibile presunzione assoluta di pericolosità derivante dalla previa scomparsa di quanto sequestrabile in via diretta. L’impossibilità di un sequestro preventivo sui beni di immediata derivazione dal reato quale profitto dello stesso non può legittimare di per sé solo una conseguente misura che intervenga per equivalente, assorbendo integralmente il presupposto cautelare del periculum in mora [88], giacché, in tal modo, si dedurrebbe da un’iniziale condotta dispersiva, certo negativamente prognostica, un’automatica previsione di ‘recidiva’ nelle medesime [continua ..]


6. Un’actio finium regundorum dei poteri del giudice del riesame

L’aggravarsi degli oneri di motivazione impone anche una riflessione sulle conseguenze sanzionatorie degli eventuali deficit argomentativi o di giustificazioni del provvedimento solo apparenti. Si riscontrano in proposito esplicite prese di posizione che escludono il più grave vizio di motivazione sui presupposti del sequestro, orientandosi, invece, più a monte, verso l’errore di diritto circa la sussistenza stessa dell’obbligo di motivazione sul periculum in mora pure per le ipotesi di sequestro preventivo anticipatorio della confisca. Un errore che sarebbe stato generato dal conflitto ermeneutico che ha condotto all’intervento nomofilattico del 2021 [98]. La scelta di campo in favore dell’errore di diritto si rivela dirimente rispetto ai conseguenti poteri del tribunale del riesame legittimato a emendare il vizio, facendo uso dei propri strumenti integrativi [99], mentre il radicale vizio di motivazione inibirebbe analoghi interventi. In tali ipotesi, infatti, «i giudici della cautela, pur integrando nella sostanza il deficit motivazionale in punto di periculum, forni[rebbero] in realtà le linee direttrici della diversa interpretazione dell’art. 321 c.p.p., comma 2, in conformità a quanto nel frattempo chiarito dalla sentenza a sezioni unite» [100]. Se, tuttavia, tale linea ricostruttiva poteva rivelarsi ancora condivisibile in presenza di un grave contrasto interpretativo non ancora risolto e in grado, pertanto, di determinare l’errore, il contrario dovrebbe ritenersi, invece, quando possa dirsi ormai entrata a pieno regime una lettura compositiva del conflitto che non legittimi più il persistere del medesimo errore di diritto, lasciando riespandere il vizio di motivazione, con conseguente ridimensionamento dei poteri emendativi e integrativi in capo al giudice del riesame. Inoltre e come visto [101], se in sede di originaria emanazione del provvedimento cautelare ben possono coesistere le due diverse anime del sequestro preventivo, una siffatta sovrapponibilità circoscrive i propri effetti esclusivamente nell’ambito dell’iniziale momento impositivo. È inibito, infatti, al giudice del riesame sostituire, ad esempio, all’eventuale finalità impeditiva posta a fondamento del decreto impugnato quella anticipatoria della confisca, con una conseguente mutazione genetica del titolo cautelare e uno slittamento [continua ..]


7. Il fumus commissi delicti

Puntuale e specifica motivazione, infine, anche per l’altro dei presupposti cautelari, il fumus commissi delicti [120], nonostante la littera legis contenga un riferimento a esso non esplicito [121], ma meramente indiretto ed esclusivamente per quel che riguarda il sequestro impeditivo, attraverso il reiterato [122] riferimento alla cosa pertinente a un reato [123], che deve poter essere almeno individuabile [124]. Nella medesima logica di valorizzazione della funziona cautelare del sequestro preventivo, infatti, come il periculum non può limitarsi al richiamo della esclusiva confiscabilità della res, così il fumus «non può limitarsi ad una mera verifica astratta circa la qualificazione giuridica del fatto», avendo, invece, il giudice per le indagini preliminari l’onere di procedere, per ogni tipologia di sequestro preventivo, a un «accertamento degli effettivi indizi di reato», ovvero il «comune fumus boni iuris da intendersi come sussistenza di un quadro indiziario minimo» [125], che faccia «apparire verosimile che un reato sia stato commesso» [126]. Ancora una volta, prevale un generale rifiuto di qualsivoglia automatismo derivante dalla fattispecie prospettabile sebbene non possa dirsi direttamente applicabile alle cautele reali l’art. 273, comma 1, c.p.p., posto a tutela delle libertà personali [127], stante la diversità, anche «di rango costituzionale» [128], degli interessi in campo, pur nella indubbia afflittività degli interventi in materia patrimoniale. Rispetto al risalente arresto delle sezioni unite, che proprio sulla base dell’autonomia dei sequestri cautelari dall’art. 273 c.p.p., aveva escluso la necessità di un accertamento dei gravi indizi di colpevolezza [129], si consolida quella linea ermeneutica che tende a innalzare il livello di garanzia in materia, imponendo anche per il fumus boni iuris un più puntuale sforzo motivazionale, finalizzato alla verifica della sussistenza almeno di uno standard minimo di ‘serietà’ indiziaria [130], attraverso una valutazione allo stato degli atti di ‘qualificata probabilità’ di responsabilità [131]. È in particolare il sequestro finalizzato alla confisca a postulare, nel rispetto della presunzione d’innocenza, una specifica prognosi [continua ..]


8. Una rassegnata presa d’atto conclusiva, aspettando ancora (con ottimismo) sezioni unite e legislatore

L’indubbiamente importante intervento a sezioni unite del 2021 aveva il compito (e, forse, la pretesa) di dirimere dubbi e contrasti ermeneutico/applicativi sulle interrelazioni sequestro/confisca, ma il bersaglio non può dirsi perfettamente centrato e lo dimostra una giurisprudenza di merito o a sezioni semplici che continua ad alzare sempre più l’asticella dei concreti spazi operativi del sequestro preventivo, trend rispetto al quale proprio l’intervento nomofilattico si è rivelato un’arma spuntata. La sensibilità dello strumento cautelare in esame e lo stringente intreccio normativo che lo lega a doppio filo con il terreno sostanziale della confisca rendono inevitabile, quanto auspicabile, un nuovo interessamento da parte della massima estensione dell’organo di legittimità che, al fine di arginare le continue fughe in avanti di una giurisprudenza di merito portata a valorizzare le logiche efficientistiche, si ponga in chiave d’integrazione di quanto già statuito e di conseguente definizione degli ulteriori contrasti giurisprudenziali insorti sui punti non espressamente coinvolti dalla pronuncia del 2021 (si pensi al tema del sequestro per equivalente) o su quelli determinati proprio dalla medesima pronuncia circa una generalizzata necessità della motivazione sul periculum in mora (come avviene in materia di sequestri obbligatori di cui all’art. 321, comma 2-bis, c.p.p. [134]) o, ancora, su quanto si riveli logica conseguenza della pronuncia stessa (come per i riflessi dell’estensione dell’obbligo motivazionale sulle statuizioni del giudice del riesame) [135]. A ben vedere, le menzionate questioni interpretative [136] possono dirsi tutte figlie dei condizionamenti che la misura cautelare reale del sequestro preventivo subisce ad opera delle dinamiche sostanziali riconducibili a una eterogenea pluralità di misure ablative ormai forzatamente costrette all’interno degli angusti confini dell’unico lemma che le incasella nella mera denominazione unitaria di confisca [137], relativa, tuttavia, a un istituto «“neutro” [e] “camaleontico”» in grado «di adattarsi all’ambiente normativo di riferimento […] (donde il suo “polimorfismo”)» [138] e contagiare gli istituti connessi e derivati, primo proprio il sequestro preventivo. Tante confische [continua ..]


NOTE