Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Corte costituzionale (di Chiara Rosa Blefari)


Caso Regeni: costituzionalmente illegittimo l’art. 420-bis, comma 3 c.p.p., laddove non prevede che il giudice possa procedere in assenza, per reati commessi con tortura, quando, per mancata assistenza dello Stato di appartenenza, è impossibile avere la prova che l’im­pu­tato sia a conoscenza del processo

(Corte Cost., sent. 26 ottobre 2023, n. 192)

Con la pronuncia in esame la Corte costituzionale ha affrontato la questione relativa alla incostituzionalità dell’art. 420-bis, comma 3, c.p.p., in riferimento agli artt. 2, 3 e 117, comma 1, Cost., quest’ul­timo in relazione alla Convenzione di New York contro la tortura, nella parte in cui non prevede che il giudice possa procedere in assenza, per i reati commessi mediante tortura, quando a causa della mancata assistenza dello Stato di appartenenza. manchi la prova che l’imputato, pur consapevole del procedimento, sia stato messo a conoscenza della pendenza del processo.

Nello specifico, il giudice per le indagini preliminari di Roma ha in primo luogo censurato la violazione degli artt. 2, 3 e 24 Cost. Ciò in quanto l’art. 420-bis, comma 3, c.p.p., nell’impedire l’instaurazione del processo per l’accertamento dei fatti di reato commessi in danno di Giulio Regeni – cittadino italiano trovato senza vita nel febbraio 2016 in Egitto, dopo essere stato sottoposto a torture –, consentirebbe allo Stato di istituire una inammissibile “zona franca” di impunità per i cittadini funzionari. Ad avviso del giudice rimettente sarebbe, altresì, violato l’art. 111 Cost., in quanto non si darebbe luogo al (giusto) processo per volontà di una Autorità di Governo; sarebbe compromesso, dunque, anche il principio di obbligatorietà dell’azione penale, sancito dall’art. 112 Cost., poiché la pretesa punitiva risulterebbe subordinata al potere esecutivo dello Stato straniero. Rileva, infine, il giudice a quo che la norma sottoposta a censura violerebbe anche l’art. 117, comma 1, Cost., in relazione alla Convenzione di New York contro la tortura, perché non si darebbe seguito al dovere di reciproca assistenza degli Stati parte per la persecuzione degli atti vietati. Chiamata a pronunciarsi, la Corte costituzionale ha ritenuto rilevanti le questioni sollevate dal giudice rimettente. Dopo aver ripercorso le vicende alterne della disciplina relativa all’assenza dell’impu­tato, il Giudice delle leggi ha richiamato l’art. 9 della direttiva 2016/343 del Parlamento europeo e del Consiglio, che impone agli Stati membri di assicurare un nuovo processo (o, comunque, un mezzo di ricorso giurisdizionale), a quegli imputati che non siano stati presenti al processo, anche nel rispetto dell’art. 8, par. 2 della medesima direttiva. In tale sede, infatti, gli imputati, partecipando in prima persona, potranno far valere il diritto alla difesa.  La Consulta ha ripercorso, quindi, i più importanti approdi giurisprudenziali in tema di “assenza” e ha, infine, stabilito che il vulnus costituzionale deve essere sanato mediante un riassetto delle garanzie partecipative dell’imputato esclusivamente temporale (dunque non quantitativo o qualitativo), sempre all’interno del binario tracciato dalla disciplina dell’assenza e mai tale da determinare una intollerabile paralisi processuale. Si tratta, in sostanza, di definire una fattispecie addizionale di assenza non impeditiva, che deve essere tale da tenere in debita considerazione tanto l’esigenza di evitare un “blocco” del procedimento penale quanto quella di garantire il giusto processo. Il Giudice delle leggi ha, poi, evidenziato che l’ordinamento italiano ha registrato uno spostamento del fuoco degli accertamenti di assenza dalla conoscenza del procedimento alla conoscenza del processo; [continua..]

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