Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Corte di giustizia Ue (di Elisa Grisonich e Veronica Tondi)


Sulla revoca da parte di un giudice di uno Stato membro della sospensione condizionale della pena disposta con una decisione definitiva di condanna pronunciata in un altro Paese UE

(Corte di giustizia UE, Quarta Sezione, 5 ottobre 2023, causa C‑219/22)

di Elisa Grisonich

Nella sentenza in commento la Corte di giustizia si è pronunciata sull’interpretazione da attribuire all’art. 3, § 3, decisione quadro 2008/675/GAI riguardante la considerazione delle decisioni di condanna tra Stati membri dell’Unione europea in occasione di un nuovo procedimento penale.

Nella fattispecie concreta, un cittadino di nazionalità romena era stato condannato nel 2019 in Romania a una pena detentiva di un anno e sei mesi, con sospensione condizionale della pena. Nel 2020, nel corso del periodo di sospensione condizionale della pena, il medesimo soggetto aveva commesso un nuovo reato in Bulgaria, con conseguente emanazione di una seconda condanna nei suoi confronti. A fronte di tale assetto, il pubblico ministero bulgaro, in linea con la normativa nazionale, aveva chiesto al giudice competente l’esecuzione in Bulgaria della prima condanna intervenuta in Romania, posto che il secondo reato era stato commesso durante il periodo di sospensione condizionale previsto da siffatta pronuncia. Sennonché, il giudice bulgaro aveva nutrito dubbi sulla possibilità di dare seguito a tale domanda, alla luce della compatibilità di questa scelta rispetto alla decisione quadro 2008/675/GAI. Il procedimento veniva dunque sospeso, con la sottoposizione di una questione pregiudiziale alla Corte di giustizia, finalizzata a chiarire se l’art. 3, § 3, decisione quadro 2008/675/GAI permetta a un giudice di un Paese membro di revocare la sospensione condizionale di una pena irrogata con una decisione definitiva di condanna pronunciata in un altro Stato membro per fatti diversi e di, conseguentemente, ordinarne l’esecuzione. In proposito, i Giudici di Lussemburgo si sono anzitutto interrogati sull’ambito di applicazione dell’atto dell’ex Terzo Pilastro e hanno ribadito che siffatto strumento non rileva solo in relazione ai procedimenti relativi alla determinazione e all’accertamento dell’eventuale colpevolezza dell’imputato, ma anche con riferimento a quelli concernenti l’esecuzione della pena «per i quali deve essere presa in considerazione la pena inflitta con una decisione di condanna resa precedentemente in un altro Stato membro e divenuta definitiva» (C. giust. UE, 21 settembre 2017, C-171/16, Beshkov, punto 28). Pertanto, la Corte ha osservato che la fattispecie concreta si inserisce in quest’ultima ipotesi, con conseguente piena operatività della decisione quadro. Ciò posto, l’attenzione della pronuncia si è concentrata sulla finalità dell’atto, il quale non mira a far eseguire in un Paese membro decisioni adottate in altri Stati membri (considerando n. 6), ma è volto a fare in modo che ogni ordinamento assicuri che a condanne emesse in altri Paesi UE siano attribuiti effetti giuridici equivalenti a quelli conferiti alle decisioni di condanna pronunciate dai propri giudici conformemente alla normativa nazionale (considerando nn. 2 e 5-7). Il tutto al fine di vagliare i precedenti penali dell’interessato, di tenere conto della recidiva, di determinare la natura delle pene e le modalità della loro esecuzione (C. giust. UE, 15 aprile 2021, C-221/19, AV, punti 47-49). Su [continua..]

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