Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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De jure condendo (di Marilena Colamussi)


La tutela dell’offeso dal reato nella carta costituzionale

Nel solco tracciato dalla direttiva 2012/29 UE del Parlamento europeo, istitutiva delle norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato, attuata con il d.lgs. n. 212/2015 e rinvigorita da una serie di interventi nomativi tesi a potenziare le garanzie processuali in favore della persona offesa dal reato, si fa strada l’affermazione del principio in sede costituzionale quale espressione di “giusto processo”.

In tale prospettiva si inquadra il disegno di legge costituzionale n. 888, recante: “Modifica dell’articolo 111 della Costituzione, in materia di tutela delle vittime di un reato”, promosso dai Senatori Perrini ed altri, assegnato il 2 ottobre 2023 alla prima Commissione permanente Affari costituzionali in sede referente, di cui è in corso l’esame. Il disegno di legge consta di un solo articolo che amplia il dettato normativo dell’art. 111 Cost. con un nuovo comma, il sesto, in base al quale «la legge garantisce i diritti e le facoltà delle vittime del reato». È evidente l’intento di riconoscere lo spazio ideale di tutela della vittima del reato cristallizzandone il ruolo nel tessuto costituzionale, come canone per garantire la celebrazione di un processo giusto. D’al­tronde, tale esigenza di riforma non è nuova; essa risulta prospettata sin dalla XIV legislatura (d.d.l. C. 4251) e rinnovata, in termini pressoché identici, in una serie di proposte di legge costituzionale presentate durante la XV legislatura (d.d.l. S. 742 e d.d.l. C. 1242) e XVI legislatura (p.d.l. C. 1039; d.d.l. S. 450; p.d.l. C. 199); può dunque evincersi un chiaro interesse del legislatore a recuperare la centralità della vittima. Univoca è anche la scelta, sul terreno sistematico, di inquadrare i diritti e le facoltà delle vittime tra i valori del giusto processo, per estendere al titolare del bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice l’ap­parato di garanzie che attualmente investe solo il giudice e le parti essenziali del processo. Nella gerarchia delle fonti, la centralità della vittima del reato è rivisitata lentamente muovendo dal basso, vale a dire dalla necessità di favorire un coinvolgimento più attivo, immediato e partecipativo alla soluzione del conflitto generato dal reato, per rispondere alla crisi del sistema giustizia fondato sul modello retributivo. Senza dire dell’esigenza parallela di “modernizzare” il sistema sanzionatorio, nel quale la persona offesa rivendica un ruolo più diretto nell’individuazione delle finalità, dei contenuti e delle modalità ristorative, muovendo dalla rappresentazione del reato innanzitutto come offesa arrecata alla vittima e, di riflesso, alla collettività. Si spiega così l’emersione del paradigma riparativo che idealmente pone al centro la vittima e la investe di un ruolo propulsivo, di co-protagonista della definizione alternativa del rito penale. Non è più il tempo di affidare a delle semplici “memorie” la tutela processuale della persona offesa dal reato, ma occorre implementare il sistema di «diritti e facoltà ad essa espressamente riconosciuti dalla legge» (art. 90, comma 1, c.p.p.). Il legislatore ha ben compreso tale necessità mettendola in [continua..]

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