Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Introduzione. “Ci incontreremo lì”. Giustizia riparativa, tecniche del processo, valori di fondo, sfide (di Giuseppe Di Chiara, Professore ordinario di Diritto processuale penale – Università degli Studi di Palermo)


Cognitività del processo della bilancia e della spada e spazio non judgemental della Restorative Justice: per superare gli istinti di fuga verso manicheismi culturali, per aprirsi a una comprensione consapevole della profonda diversità tra i due mondi, della necessità di presidiarne i confini attraverso sistemi di garanzie capaci di prevenire sconfinamenti, dall’una e dall’altra parte, nella consapevolezza che i rapporti tra le due giustizie non sono leggibili in termini di crociata reciproca, di lotta reciproca senza esclusione di colpi, ma di capacità di comprensione culturale che coltiva, insieme, prudenza, conoscenza puntuale dei caratteri identitari di ciascuno dei mondi, ampiezza di orizzonti.

Introduction. “I’ll meet you there”. Restorative Justice, process techniques, core system values, challenges

Cognitive methods of traditional trial and non-judgemental space of Restorative Justice: to overcome Manichaean instincts, to open up to a conscious understanding about the incisive gap between the two worlds, about the need to guard the borders through systems of guarantees capable of preventing trespassing, on both sides. Because the relationships between the “two justices” cannot be read in terms of mutual struggle with no holds barred, but through an open cultural understanding which cultivates, at the same time, prudence, deep knowledge of the identity characters of each of the worlds, wide view of horizon line.

SOMMARIO:

1. Valichi tra mondi: per una premessa - 2. Architetture e inventari - 3. Waves: giustizia riparativa e orizzonti del trattamento sanzionatorio - 4. Pensare estremo, agire accorto: per Gianrico Ranaldi - 5. Un campo immenso: sguardi, sfide. Per incontrarci


1. Valichi tra mondi: per una premessa

È apparso subito chiaro, sin dal momento del suo primo annuncio, come un convegno dell’Associa­zione tra gli studiosi del processo penale – tra i primi simposi di scandaglio, curati dall’Associazione, sugli impatti sistematici delle dimensioni operative della “riforma Cartabia” – dedicato per intero ai valichi della giustizia riparativa concretizzasse una scelta strategica di grande caratura, coraggiosa sul piano culturale, pregnante sotto il profilo delle significazioni volumetriche e, prima ancora, davvero non scontata: la Presidenza e il Consiglio direttivo dell’Associazione meritano, perciò, plauso e gratitudine per l’occasione preziosa di dialogo che viene offerta alla comunità scientifica nella cornice impareggiabile di una Napoli traboccante di cultura e splendente di bellezza.

La diade che plasma con efficacia il titolo del convegno – “Accertamento penale e giustizia riparativa” – accende subito il focus centrale che converge sul tema dell’accertamento, sull’asset valoriale della cognitività che è fulcro del procedimento penale: mission, metodo, senso stesso del suo esistere. La carta nautica tracciata dal titolo del convegno ne modula le rotte sui dialoghi – sui limiti di manovrabilità o di impraticabilità di fasci dialogici – con un mondo “altro”, con le incommensurabilità ontiche della giustizia riparativa, così radicalmente distanti dai crismi della giustizia della bilancia e della spada per origini, sintassi, significati, orizzonti di senso: poiché la Restorative Justice è, anzitutto, spazio non judgemental di ascolto e di parola, conca in cui non si giudica e non ci si sente giudicati.

Il tema, dunque, è in realtà una sfida: nutrire sguardi volti a studiare i valichi che possono inarcarsi tra questi mondi, ove ciò sia ritenuto possibile, praticabile, immaginabile sul piano delle tavole delle garanzie implicate ma anche sul piano della necessità di rinnovare l’habitus mentale dell’interprete, dell’operatore del “giudiziario”, sul piano della sua disponibilità ad aprirsi a uno sguardo verso l’altro, verso valle, senza per ciò rinunciare a essere se stesso, mantenendo per intero salda la pregnanza della sua cultura delle garanzie.


2. Architetture e inventari

L’architettura efficace e proficua dei lavori del convegno ha scandagliato, anzitutto, le risorse di sintassi della giustizia riparativa: l’analisi finissima del modello disegnato dal d.lgs. n. 150/2022 ha offerto la base per uno sguardo rivolto alla tessitura delle fonti sovranazionali e per l’esplorazione di ventagli chiaroscurali di marca comparatistica; si sono, di seguito, studiati i più rilevanti congegni speciali – l’esito estintivo per condotte riparatorie, gli spazi di innestabilità di percorsi riparativi nell’alveo della sospensione con messa alla prova, l’innervabilità di dinamiche riparative nelle sequenze della tenuità del fatto e dei comportamenti post delictum – in grado di propiziare lo sviluppo di sinergie proficue tra Weltanschauung riparativa e meccaniche “di valle” del processo giudiziario, anzitutto in funzione del contenimento dei tempi dell’amministrazione della giustizia penale: la consapevolezza di tale dichiarato target finalistico merita di essere sempre tenuta in conto, conformemente all’impostazione generale degli obiettivi palesati della riforma del 2022. La finezza delle analisi tracciate nel corso delle prime due sessioni del convegno ha mostrato come molteplici siano le incertezze, le approssimazioni, le trame d’ombra restituite da meccanismi normativi talora ben lontani dalla perfezione e, prima ancora, frutto di progettazioni di principio non sempre condivise o condivisibili sul piano delle assiologie di sistema.


3. Waves: giustizia riparativa e orizzonti del trattamento sanzionatorio

Questa terza sessione, dunque, mira a esplorare i modi e i limiti attraverso i quali le maglie della giustizia della bilancia e della spada – e, in specie, i suoi approdi, i suoi traguardi, le sue stazioni d’arrivo – sono in grado di metabolizzare gli esiti dei percorsi riparativi: gli esiti positivi, quelli fallimentari, quelli che si siano interrotti anzitempo. È palese, d’altronde, come la tessitura della terza sessione del convegno investa, accanto alle ricadute sul sistema sanzionatorio, anche le sinergie circolari con il sistema sanzionatorio: le vettorialità curvilinee sono molteplici, le loro dinamiche, più che riconducibili a linee rette, sono waves, onde, all’insegna di una molteplicità mossa, agitata da un moto ondoso che fluit et refluit, rifuggendo da tranquillizzanti ipostatizzazioni, da statiche dimensioni puntiformi trascrivibili sul piano.

Ricostruiremo, in questa sessione, le linee del volto del sistema privilegiando alcuni dettagli fisionomici tra i più caratterizzanti: rinunceremo, dunque, all’ambizione impossibile di far convergere su scala l’interezza dell’universo. Muoveremo, anzitutto, dal ridisegno del sistema sanzionatorio penale operato dalla riforma del 2022 e, nel suo alveo, dall’opera di risemantizzazione della pena, cogliendone gli ambiti di incidenza delle modifiche genetiche e separandole dagli interventi ibridi o di mero maquillage; esploreremo il quadrante centrale delle potenzialità in fase cognitiva delle chances proposte dai modelli riparativi, ed è sulle asperità di questi fondali, sulle orografie talora insidiose di questi abissi, che la dimensione circolare dei moti ondosi raggiungerà le faglie oceaniche più impegnative; perlustreremo le dinamiche degli effetti delle logiche riparative sull’esecuzione penale e penitenziaria, scandagliando le regioni della flessibilità e della legalità della pena alla luce delle fisionomie del reato riparato e della modernizzazione degli scenari delle assiologie rieducative iscritte nelle attuali linee di crisi del­l’universo penitenziario; esploreremo, infine, gli anfratti e le profondità carsiche in cui si inarcano gli interscambi difficili tra giustizia riparativa e responsabilità degli enti, nelle franosità delle penombre del “sistema 231” in cui i limiti delle abituali ricostruzioni metaforiche dei descrittori antropocentrici – tra body e soul, con un ente senza sòma, privo di corpo fisico, ma anche senza psyché, mancante di anima in senso aristotelico – allungano ombre ponendo, qui, sfide impari pur se non insuperabili alla praticabilità, di principio prima ancora che di tecnica normativa, delle modellistiche di Restorative Justice.


4. Pensare estremo, agire accorto: per Gianrico Ranaldi

Questo convegno s’è aperto, con emozione corale vibrante, nel ricordo di Gianrico Ranaldi: a lui, alla generosità della sua acutezza, al calore del suo sorriso, questa giornata è dedicata. In uno dei suoi ultimi lavori, un saggio magnifico e ben noto in tema di prova informatica, Gianrico aveva concluso rimarcando che «diritto e giustizia vivono una fase di radicale trasformazione con ineludibili implicazioni a più livelli», sicché «la relativa narrazione è in via di graduale consolidamento»; «il più», chiariva Gianrico, «è ancora da scrivere anche se già si colgono i prodromi di un cambiamento che si scorge radicale». In un simile contesto, scriveva, «la strada da percorrere non deve essere minata da resistenze preconcette o da aperture acritiche»: essa, piuttosto, «deve essere attraversata da una visione interdisciplinare, che si dimostrerà affidabile solo se garantirà adeguatamente il percorso segnato dalle garanzie definite a livello costituzionale ed europeo»; sicché – concludeva – bisognerà «pensare estremo, ma agire accorto» (G. Ranaldi, Processo penale e prova informatica: profili introduttivi, in Dir. pubb. eur., 2020, 2, p. 24).

Risuona, in queste parole, la consapevolezza del segno dell’oltre, vi si scorgono impronte su piste di sabbia che conducono lontano, al di là della soglia; sembra risuonarvi l’eco dell’avventura di Ulisse, della capacità coraggiosa di varcare senza timore le colonne d’Ercole, l’eco del viaggio, di Itaca, dell’e­sortazione a “seguir virtute e canoscenza” custodita nei versi senza tempo del XXVI canto dell’Inferno. Appaiono parole che irradiano un auspicio universale, che coinvolgono il tema di questa giornata di studio, che parlano a noi e di noi, con tutta la sapienza e l’empatia delle modulazioni della voce di Gianrico: lui è e rimane con noi, in un legame profondo di affetto che nulla potrà spezzare.


5. Un campo immenso: sguardi, sfide. Per incontrarci

Sovviene, quasi a folate, nell’ascoltare la ricchezza generosa delle analisi finissime che ci sono state donate lungo l’arco dei lavori del convegno, la potenza evocativa di Napoli velata di Ferzan Özpetek: le dimensioni di oscura rarefatta penombra, i raccordi carsici tra mondi, gli snodi incomprensibili, le delusioni della ragione, la necessità di lasciare ogni tanto la ragione delusa, secondo lunghezze d’onda che zampillano da altre sorgenti (E. Rebulla, Carte celesti, Palermo, Sellerio, 1990, p. 35). E sovviene, nel contempo, lo splendore abbagliante di questa città, la brezza del Golfo incorniciato dalle linee del Vesuvio e dalla sagoma di Capri all’orizzonte, il volo dei gabbiani, i magnificenti teatri di luce che solo questa città magica sa regalare: emozioni che si fanno, a loro modo, metafora dei temi che abbiamo esplorato.

Rumi, poeta mistico persiano del XIII secolo, aveva scritto: “Là fuori, oltre a ciò che è giusto e a ciò che è sbagliato, / esiste un campo immenso. / Ci incontreremo lì”. È questa la sfida, ci è chiesto di saperla cogliere: lucidamente, criticamente, senza sconti e senza approssimazioni; e, insieme, con mente aperta, capace di guardare l’orizzonte cogliendone il respiro che cambia, disposta, senza timori e senza preconcetti, a mettersi in gioco.